17 luglio 2013

CITTÀ METROPOLITANA, DEMOCRAZIA E TERRITORIO


Sono passate generazioni da quando l’idea di metropoli si evolveva, da forma ipertrofica di città a nuova dimensione dell’identità urbana. È successo ufficialmente a cavallo fra gli anni ’20 e ’30 quando il sociologo Roderick McKenzie, traeva scientifiche conclusioni dai primi vagiti dell’automobilismo di massa: il cittadino non apparteneva più solo al municipio, e in modo più vago alla patria nazionale. C’era una scala intermedia, un bacino di pendolarismo allargato, di percezione, di relazione. Erano più o meno gli stessi anni in cui anche a Milano il dibattito sul piano regolatore si allargava al “piano regionale”, concetto da convegno, accennato dallo zar dell’urbanistica Cesare Albertini, ma destinato a entrare poi nel disegno di legge nazionale.

Balzando bruscamente ai nostri giorni, salta all’occhio quanto la scala sovracomunale sia ancora la dimensione adeguata per la soluzione sostenibile di tantissimi problemi di efficienza ed equità, come hanno ben capito i sindaci dell’est milanese in una loro recentissima lettera aperta sul rilancio delle iniziative per la Città Metropolitana. E desta però qualche perplessità che da un lato ci sia oscurità totale sulla forma istituzionale che dovrà assumere il nuovo ente, dall’altro che l’assessora Daniela Benelli, delegata per il comune di Milano al tema, paia ufficialmente orientata all’ente di secondo grado, oltre a sostenere che quello istituzionale ed elettorale è l’ultimo dei problemi.

Va detto che, anche alla luce del fallimento dei Comprensori, faticosamente nati negli anni ’70, varrebbe la pena soffermarsi un po’ di più sul rapporto fra cittadini, istituzioni, governo del territorio, e che la forma elettiva c’entra parecchio con l’identità. L’istituzione rappresentativa di cui nei termini attuali si parla dagli anni Novanta, e dovrebbe vedere la luce il prossimo gennaio, è l’occasione, per risolvere problemi di governance incancreniti dalla frammentazione del quadro istituzione e delle competenze.

Nel territorio conosciuto come Adda – Martesana, il contesto politico / amministrativo rende ancor più strategico il tema del governo metropolitano se si vuole avviare una stagione di cooperazione intercomunale. Le pratiche di collaborazione qui vantano una storia ventennale, come col Piano d’area approvato nel 2006 da tutti i consigli, amministrazioni lungimiranti che, di fronte a delocalizzazioni, dismissioni di aree, grandi trasformazioni, mutamenti demografici, hanno reagito unitariamente. La cooperazione ha però scontato le debolezze di una stagione di localismi col sorgere di orientamenti politici vari ma accomunati da un approccio introverso e autoreferenziale.

La parzialità dei processi decisionali ha generato insediamenti disordinati e dispersi che rompono la continuità del sistema agricolo e ambientale; o indipendenti dal sistema infrastrutturale pubblico, facilitati anche da politiche urbanistiche regionali che fanno della deroga e della deregulation le proprie parole d’ordine.

In questo contesto si inserisce la lettera firmata pochi giorni fa da 23 primi cittadini dell’Adda – Martesana (Basiano e Masate, Bellinzago Lombardo, Bussero, Cambiago, Cassano d’Adda, Carugate, Cernusco sul Naviglio, Gorgonzola, Gessate, Grezzago, Inzago, Liscate, Melzo, Pessano con Bornago, Pioltello, Pozzo d’Adda, Pozzuolo Martesana, Rodano, Settala, Trezzano Rosa, Trezzo sull’Adda, Vignate e Vimodrone) che chiedono al Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, la convocazione urgente di una conferenza metropolitana focalizzata su pianificazione territoriale e infrastrutturale, coordinamento dei servizi, mobilità e sviluppo socio-economico.

Una buona sintesi dei problemi e delle potenzialità dell’area la si può leggere sull’asse
delle tre città lineari lungo il naviglio Martesana, la strada Padana Superiore, binari e stazioni della Linea Metropolitana 2: basta un colpo d’occhio allenato a cogliere l’altissimo valore urbano e ambientale del sistema, e le innumerevoli occasioni perse.

C’è il naviglio con relativo percorso ciclabile, ed è evidente il ruolo dell’unico ente che sinora ha svolto pur in modo parecchio lacunoso un ruolo di governo sovracomunale, la Provincia. Forse il più importante interessante e continuo trait-d’union est-ovest fra i territori, dove si attestano nuclei residenziali di quartieri, corridoi locali di comunicazione nord-sud, e una rete di verde pubblico che connette città centrale, fascia suburbana, esurbana e sfocia nella valle dell’Adda.

Per contrasto l’asse della Padana Superiore, oscilla fra una gestione dei flussi di traffico territoriale, quella di asse di arroccamento comunale. Nei punti di strozzatura dove attraversa gli abitati costituisce spesso una linea di cesura, anche se fra funzioni segregate. In altri tratti recupera il ruolo di scorrimento, ma su distanze talmente brevi da risultare del tutto superfluo. Inconsistente il rapporto con gli altri due assi della mobilità metropolitana nell’area.

Terzo elemento la linea della MM2 fino a Gessate. Qui appare evidente la frammentazione di strategie locali a dir poco differenziate: dall’integrazione discreta nel tessuto urbano, al classico terminale suburbano, poco più di una piattaforma circondata da parcheggi. Manca un rapporto chiaro tra stazioni e attività economiche, sino al caso limite di un grosso office park a pochi metri da una stazione, ma che per collocazione in altro comune ne è totalmente tagliato fuori.

Tutto solo per mettere in luce cosa significhi in pratica governo metropolitano della pianificazione territoriale e infrastrutturale, dei servizi, della mobilità, dello sviluppo economico e sociale. Sapranno le istituzioni, nazionali e locali, rispondere davvero alla sfida? Sapranno coinvolgere cittadini inseriti nel sistema della “patria metropolitana” oltre l’ambito localistico? Queste le urgenze espresse dai sindaci. Per non trovarsi di nuovo nella situazione degli anni ’70 – ’80 quando, varati i comprensori alla fine di un lunghissimo e contraddittorio processo di riforma istituzionale, la loro incerta situazione dal punto di vista delle competenze e della rappresentatività ne decretò il rapido accantonamento.

 

Fabrizio Bottini e Serena Righini,



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