10 luglio 2013

PROVINCE, LA RISCOSSA DEI GATTOPARDI


La recente sentenza della Corte Costituzionale che ha “salvato” la Province ha avuto l’effetto di ringalluzzirne il Presidente Podestà che da quando ha scoperto che il suo nome non gli servirà a succedere al fascista Piero Parini, ultimo podestà con p. minuscola regnante sull’area milanese, sta disperatamente cercando di far passare il concetto che basta cambiare il nome della Provincia in Area e il gioco è fatto, presidenza compresa ovviamente.

Tutti discutono della “governance”, come anche alcuni amici che hanno dato vita a un Comitato per il referendum per l’elezione diretta degli organi dell’Area, finendo per allungare le liste di coloro i quali da più di venti anni si sono piazzati come Becket in una stazione della metropolitana ad aspettare l’istituzione – Godot.

Partire dall’elezione del sindaco e del sistema di governo è garanzia di fallimento dopo che cinque parlamenti diversi non sono riusciti a modificare nulla della propria composizione perché tutti considerano il proprio mandato, quale esso sia, un diritto acquisito della persona e non un servizio reso al Paese. Pensare poi che un’assemblea di sindaci, di cui almeno tre o quattro credono di poter ambire al soglio metropolitano, magari contando sugli eccessivi impegni correnti del sindaco di Milano, possa dare vita in breve tempo a una istituzione funzionante mi pare piuttosto improbabile.

Le nuove istituzioni nasceranno se c’è qualcuno che ne ha una visione precisa e vuole e riesce a dare vita a una azione politica non ristretta agli incontri delle “vecchie” istituzioni ma che poggi sulla volontà e le spalle dei cittadini che ci credono perché vedono e comprendono obiettivi e vantaggi.

L’area metropolitana di Milano esiste e se ne conoscono tutte le caratteristiche, gli studi di Guido Martinotti hanno dato il via a una messa imponente di analisi, studi e valutazioni che, con gli studi PIM, ISAP e Università milanesi costituiscono retroterra culturale e scientifico che nessun Comune, area metropolitana o perfino Stato-regione ha mai avuto prima di esistere formalmente.

Sono altrettanto note le principali funzioni che devono andare al Comune metropolitano: urbanistica, trasporti, welfare, reti, infrastrutture e servizi collegati alle utenze (rifiuti, energia). È ormai acclarato che all’erogazione di questi servizi deve corrispondere una fonte di finanziamento, la tassazione municipale, che non può certo essere di “secondo grado”, aggiungendo un ulteriore passaggio al circuito imposte – Stato – Regione – Comune – erogazione del servizio.

Ed è o dovrebbe essere chiaro che la Città Metropolitana deve dotarsi di un patrimonio adeguato per affrontare le proprie esigenze: per esempio il fatto che circa i quattro quinti del patrimonio Aler insista sul territorio della Città Metropolitana spiega come sia del tutto priva di senso la competenza regionale sulla materia.

Gli strumenti moderni e indispensabili per la gestione del territorio, che sono – checché ne pensi l’Istituto Bruno Leoni – le società municipalizzate sono senza ombra di dubbio quelli sviluppati dal Comune di Milano: ATM, AMSA, MM. le reti gas ed energia A2A (ahi! Albertini – Varo, dove sono le mie legioni-aziende!), sono tutti strumenti che, con una precisa e attenta direzione lavori, nel giro di meno di due anni sono in grado di garantire una gestione del territorio che poche altre città metropolitane al mondo possono vantare.

L’economista Nassim Taleb e il nostro Piero Bassetti hanno dimostrato senza errori in tabelle excel che la concorrenza fra economia e Stati ha come condizione indispensabile il disporre di almeno una area metropolitana organizzata e consapevole. Sono infatti le città il luogo dell’innovazione e della ricerca, dove comunità planetarie collegate con la rete si incontrano e scambiano informazioni e sviluppano progetti, come una sorta di gigantesco bar di Silicon Valley, dove Jobs,Gates e altre centinaia di ragazzi si incontravano, chi dopo aver letto l’ultimo libro di un famoso semiologo chi dopo aver fatto un viaggio in Oriente.

Avere la Grande Milano funzionante e governata, in grado di programmare e capire le esigenze della sua mobile popolazione di milioni di persone è una necessità, non una scelta: non è possibile pensare che si vada avanti altri venti mesi dopo gli ultimi venti anni a capire pesi e contrappesi, a gestire con il bilancino i rapporti tra i sindaci di comunoni e comunelli, a tranquillizzare quelli che dicono che “l’Area Metropolitana non significa che Milano si mangia gli altri Comuni” sperando che siano gli altri Comuni a mangiarsi Milano, a risolvere le crisi di identità dei membri della Giunta Regionale della Lombardia che non sanno mai se unirsi alla rivolta antimetropolitana che ha segnato la vita della Regione Lombardia fin dalla sua nascita o se cercare di essere assessori-ombra della città di Milano.

Nessuna città metropolitana del mondo, sia essa New York, Parigi, Londra o Berlino, per non parlare della città-Stato come Amburgo, hanno più di un livello istituzionale tra la comunità locale e il vertice statale. La Città Metropolitana deve avere un rapporto diretto con Governo e Parlamento, senza passare per una (inutile) mediazione regionale.

Milano Città-Stato non è una provocazione è l’unica possibilità di avere un fattore di traino dello sviluppo.

 

Franco D’Alfonso



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