10 luglio 2013

IL PD TRA CONGRESSO E “FUORICONGRESSO”


Quando il “Salone del mobile” (importante fiera milanese/mondiale che si svolge ogni anno ad aprile) era diventato “un organo dalla canne otturate”, accessibile solo a pochi che facevano “blocco”, il mondo del design ha deciso di “aggirarlo” diffondendosi sul territorio urbano e inventando il “fuori salone”. Il “fuorisalone” è stato possibile ed è divenuto un evento importante quanto il Salone (per la città forse di più) perché il design è fatto di idee e di prototipi (entrambe cose poco costose …) e il mondo “dei creativi” è molto vasto.

Oggi i partiti rischiano un fenomeno analogo. Non solo il crollo di iscritti e le astensioni al voto ma anche il manifestarsi di forme nuove. E cos’è stato il successo elettorale del movimento “5 stelle” se non il venire a galla di una domanda e di una offerta politica che si era sviluppata in altri luoghi (“il popolo del web”) da quelli tradizionali della politica? Questo costruirsi e diffondersi dei “5 stelle” non è stato forse un grande “fuori congresso”?

Al problema della distanza tra i cittadini e i partiti il centrosinistra ha tentato di dare una risposta con il metodo delle primarie a cui tutti gli elettori che sottoscrivono una “carta di intenti” possono partecipare. Il PD ne ha fatto una caratteristica costitutiva, tant’è che i suoi statuti la prevedono per l’elezione del segretario nazionale, di quello regionale e persino il provinciale (se gli organi locali lo ritengano opportuno). Le primarie per la scelta del candidato sindaco hanno spesso espresso candidati non sostenuti dai partiti principali a conferma del loro carattere innovativo.

Ora però, dopo la sconfitta elettorale di febbraio, in vista del congresso, il PD torna a discutere se il segretario vada eletto dagli iscritti o dagli elettori … . Faccio notare una sola cosa: a Milano (ma non penso le differenze siano enormi nel resto d’Italia …) il rapporto tra iscritti ed elettori è 1 a 100, quello tra iscritti e votanti alle primarie varia ma è intorno a 1 a 40. Parafrasando il detto evangelico verrebbe da dire “Molti sono i democratici ma pochi gli iscritti”.

Se si vuole chiudere sempre più questa casa e contendersi il condominio litigioso tra “padroncini” di appartamento, temo che come abbiamo visto finire DC e PSI che avevano decenni di vita forse vedremo scomparire il PD che di anni ne ha solo sei. Se invece guardassimo all’oggi e al futuro sorretti dalla conoscenza della storia del movimento operaio e popolare, allora forse capiremmo che se lo statuto va cambiato è nel senso “delle origini”, ovvero di federare e riconoscere i diversi modi di esprimere una sensibilità di cambiamento, democratica e di sinistra.

Cooperative sociali, associazioni di volontariato, circoli culturali (anche virtuali), radio locali, giornali stampati o web, circoli Arci, circoli Acli, comitati sindacali, gruppi di quartiere, aggregazioni di interesse tematico, unioni per l’innovazione, comitati di tutela ambientale … l’arcipelago dei democratici è grande cento volte il singolo circolo. Tant’è che alle elezioni locali qui si guarda per cercare candidati e prendere i voti. La stessa “mobilitazione cognitiva” di cui parla Barca sarebbe poca cosa se ridotta nella stretta cerchia dei circoli (ex sezioni).

La costituzione del Partito Socialista non fu preceduta e per anni condizionata da società di mutuo soccorso, cooperative di consumo, università popolari, comitati sindacali, ecc.? Gli stessi eletti nei consigli comunali avevano autonomia rispetto al partito e designavano loro gli assessori. Certo si litigava aspramente sul modo di raggiungere il risultato (se per via parlamentare o attraverso “lo sciopero generale”….) ma l’obiettivo era comune, era il socialismo, era “cambiare lo stato di cose presente”.

E qui viene forse il problema vero del congresso del PD. Che società vuole oggi il PD? Siamo sicuri di volere tutti la stessa cosa e tutti di “cambiare lo stato di cose presente”? Al di là delle semplificazioni (liberismo versus statalismo), come si coniuga oggi la libertà con l’eguaglianza? Come si risponde alla crisi? Quale narrazione convincente e di speranza è in grado di sviluppare il PD?

Questo è il vero tema di un congresso che non può che essere aperto o altrimenti non è. E se ci sono leader in grado di dare risposte ben vengano perché la teoria del partito che non ha un sol uomo al comando non è sufficiente a risolvere il problema (la DC era un tal partito per antonomasia,ma quando non ha dato risposte al cambiamento sociale è stata spazzata via dalla storia).

 

Pier Vito Antoniazzi

 



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