3 luglio 2013

CHI VUOL ESSERE TRENTENNE A MILANO?


Chi non è espatriato, è logorato o nel migliore dei casi, scottato. Questo il trentenne-tipo nato nella provincia di Milano secondo la classificazione della XXI edizione del “Rapporto sulla Città – Milano 2013”, dedicato ai “Trentenni in cerca d’autore“, realizzato dalla Fondazione Culturale Ambrosianeum con la collaborazione della Fondazione Cariplo e edito da Franco Angeli, presentato a Milano il 24 giugno 2013.

Gli espatriati, pari al 20,9% del campione, sono soprattutto maschi, critici verso l’Italia, che hanno lasciato per lavoro, da cui guadagnano più di 1.500 euro al mese. I logorati, i più numerosi del campione (38,3%), sono precari di lunga data oppure disoccupati, ma comunque stanchi e demotivati. Spesso sono partite Iva non per scelta ma per costrizione: era l’unico modo per farsi rinnovare un contratto in scadenza. Gli scottati (il 20% del campione) sono soprattutto maschi, disoccupati e precari, che guadagnano al massimo 1.000 euro al mese. Sono scottati da problemi come crisi economica, gravidanza o malattia e lavorano senza tutele.

Altri due tipi di trentenni, meno numerosi, sono gli autoctoni, i ri-piegati e i resilienti, pari rispettivamente all’11,3, al 7,8 e all’1,7% del campione. I primi hanno cambiato città o regione e guadagnano tra i 1.250 e i 1.500 euro al mese; i secondi sono disposti a qualsiasi occupazione pur di lavorare, spesso sono troppo qualificati e sono soprattutto donne e lavoratori autonomi con contratti a progetto o a tempo determinato; guadagnano al massimo 1.000 euro al mese. I resilienti si sono inventati un lavoro, che gli permette di guadagnare bene.

Ancora sul fronte occupazionale, si certifica che i trentenni sono i primi a fare le spese della crisi: sono aumentati i disoccupati e gli inattivi, in particolare tra gli uomini: fra il 2008 e il 2012 il tasso di attività dei 25-34enni è calato del 5,2% e per i 35-44enni del 3,1%. Un dato molto interessante riguarda l’imprenditorialità degli immigrati, che costituiscono il 30% dei trentenni milanesi e un terzo degli imprenditori di Milano e provincia. Fenomeno che si accompagna a un “etnicizzazione” dei settori: egiziani, romeni, albanesi, pakistani e tunisini a capo delle imprese di costruzioni; bengalesi, ecuadoregni e brasiliani nel commercio al dettaglio; filippini e cingalesi nei servizi alle imprese. Un dato positivo su queste imprese: hanno vita più lunga delle altre.

Dove vivono i trentenni milanesi? Solo uno su quattro vive nella casa di proprietà, gli altri in affitto, afflitti da problemi quali canoni di locazione troppo elevati e contratti in nero. Due terzi dei milanesi vive in una casa grande al massimo 70 mq. Pochi sono soddisfatti della loro abitazione: il 41% vorrebbe cambiarla entro un anno. La maggior parte dei trentenni condivide il tetto con la famiglia che si è creato (45%), il 20% vive da solo e i restanti con la famiglia o amici.

Dato che conferma uno dei primati di Milano: essere la capitale dei single. A trent’anni le nubili sono il 64% e i celibi invece sono l’81%: entrambi i valori superiori sono superiori alla media nazionale. I figli arrivano spesso prima del matrimonio: a 34,9 anni per le cittadine italiane e a 30,8 per le straniere, portando i figli di coppie di fatto al 35,6% del totale e Milano a essere una delle città a minore natalità d’Italia.

Una generazione piuttosto insoddisfatta, quella dei trentenni della provincia di Milano, sia sotto il profilo lavorativo, che sociale. Di chi sono le colpe? Secondo il demografo Alessandro Rosina, tra gli autori del rapporto della Fondazione Culturale Ambrosianeum, le colpe non stanno da una sola parte. Una parte della responsabilità è della classe dirigente dove i 50-60enni continuano a farla da padrone. Un’altra parte è della scarsa rappresentazione in termini di voto dei trentenni. Ma anche dei trentenni stessi, che non hanno mai alzato la voce contro le scelte politiche a loro detrimento, come l’esplosione del debito pubblico, la precarietà e il blocco del ricambio generazionale. Il presidente della Fondazione culturale Ambrosianeum Marco Garzonio la butta sulla politica: la colpa è di Tangentopoli, che fece riprendere vigore a un male atavico dell’Italia, il trasformismo e suscitò una profonda delusione collettiva per le mazzette di allora e per la corruzione che non si è mai arrestata.

Quant’è bella giovinezza / che si fugge tuttavia! / Chi vuol esser lieto sia / di doman non c’è certezza. Così scriveva Lorenzo De’ Medici nel XIII secolo. Peccato che nel XX siano crollate tutte le certezze per i giovani: del doman, dell’oggi, di ieri e l’altro ieri. Le risposte stanno in politiche pubbliche rivolte ai giovani, senza restringere i destinatari a coloro di età inferiore ai 35 o 29 anni, che finisce per tagliar fuori molti potenziali beneficiari. E occorre anche meno passività da parte dei trentenni. Che solo così potranno trovare un autore.

 

Valentina Magri

 



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