24 maggio 2009

IL CASO DELLA TARSU A MILANO: LA BUROCRAZIA CHE TI STROZZA


La Banca Mondiale elabora, nel suo rapporto “Doing Business”, una classifica dei paesi più o meno favorevoli all’attività d’impresa (“business friendly”). Mentre altri divengono più competitivi, l’Italia continua a scendere nella classifica, dal 59esimo al 65esimo posto (su 181). Pesano la rigidità dei rapporti di lavoro e la pressione fiscale elevata, ma il singolo aspetto che ci penalizza di più è il tempo richiesto per pagare le imposte. Il nostro “legislatore” evidentemente ignora i “dead weight costs”: spesso i costi amministrativi e di tempo superano addirittura il gettito di singole imposte. Siamo un paese autolesionista.

Un buon esempio della farraginosità del nostro sistema, anche se non riguarda le imprese, è la gestione della tassa per la raccolta dei rifiuti (TARSU).

Sino al 2006 a Milano la tassa veniva pagata dal condominio: un unico accertamento e pagamento che gli amministratori di condominio non avevano alcun interesse ad evadere. Dal 2007, adeguandosi (forse troppo rapidamente) alla normativa nazionale, il Comune ha deciso che la tassa venga invece accertata in capo ai singoli occupanti di unità immobiliari. Una prima conseguenza è che il lavoro amministrativo degli uffici comunali (ed il relativo costo) si è moltiplicato per 20-40-80 volte, a seconda della dimensione del condominio. Controllare l’evasione è divenuto assai più difficile e costoso. Gli inquilini, che prima pagavano senza alcun fastidio, hanno dovuto procurarsi, interpretare, compilare e spedire una dichiarazione che gli uffici comunali devono poi registrare. Chi poi si sposti da un condominio ad un altro deve ora inviare una dichiarazione di cessazione ed un’altra d’inizio di occupazione, con nuovo lavoro per gli uffici, conteggio del pro rata tempo, richieste di rimborso all’esattoria etc. Pura follia, visto che la TARSU è commisurata ai mq dell’appartamento, ed è del tutto indifferente per il Comune chi lo occupi.

Fatta la dichiarazione, per il pagamento ora si aspetta di ricevere la cartella dall’esattoria. Per ogni pratica gli uffici comunali devono avere prima il nulla osta del Consiglio Nazionale dei Concessionari, e poi passare le carte alla concessionaria per la riscossione. Il “legislatore” si è mai chiesto quale sia il costo amministrativo di tutti questi passaggi? Possono passare anche anni, e si accumula quindi un arretrato che grava sulla finanza del Comune: su un residuo accertato a fine 2006 di 197 milioni, solo il 38% è stato incassato nel 2007. Il gettito è sceso da 242 milioni nel 2004 a 229 nel 2007. Siamo al paradosso: una riforma che addossa nuovi oneri sui contribuenti, accresce di molto i costi amministrativi e riduce anche il gettito!

E’ poi inevitabile che questa gran massa di dichiarazioni generi errori di classificazione e quindi richieste di revisioni da parte dei contribuenti. Arrivano spesso cartelle esattoriali illeggibili, senza indicazione dell’unità immobiliare di riferimento. Forse perché travolto da queste richieste il Comune ha deciso di chiudere l’unico sportello (in Via San Tommaso) dove i singoli potevano recarsi per chiedere revisioni. Non è più possibile parlare con alcuno negli uffici. Si può solo inviare comunicazioni per posta o per fax, o chiedere di essere richiamati al telefono, sperando di non incorrere in penali per ritardo di versamento. Ogni revisione richiede un enorme dispendio di tempo. L’ente pubblico diventa così un nemico, non tanto per i soldi che chiede quanto per il modo con cui li chiede. Così si stimola anche l’evasione: puro autolesionismo.

Questo della TARSU è solo un piccolo esempio di una generale malattia del paese: norme e leggi vengono fatte senza tener in alcun conto i costi amministrativi e di tempo imposti ai contribuenti (e nemmeno quelli per l’amministrazione). Ovviamente Milano non può che adeguarsi alla legge nazionale, tuttavia molto potrebbe essere fatto per rendere il sistema più “consumer friendly”. Ad esempio, altri comuni stanno adottando un software che consente la riscossione diretta di tutte le imposte, evitando il passaggio per l’esattoria che accresce solo costi e difficoltà amministrative, visto che la concessionaria non è grado di effettuare revisioni e rinvia comunque agli uffici del Comune. Il rapporto diretto col comune renderebbe le procedure certamente più snelle ed efficienti.

Giorgio Ragazzi

 

 

 


 



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