24 maggio 2009

LE ALTERNATIVE ALL’EXPO: COSA FARO’ DA PICCOLO


Iniziamo da alcuni dati incontrovertibili, dando per scontato tutto quello che, quasi fino alla nausea si è detto, nel bene, di Milano: storicamente fucina di idee, progetti, capitale economica e morale del paese e via discorrendo. Diciamo anche, e non è un segreto, che sebbene nel suo declino Milano è fatta anche da cittadini attivi, onesti, professionalmente capaci e intelligenti, indipendentemente dal loro credo politico e religioso. Aggiungiamo in fine che la città in questo momento della sua storia è governata da personaggi non in grado di capire quanto importante sia questo patrimonio culturale, scientifico e morale che la città da secoli rappresenta. La questione ha ovviamente delle ricadute in mille direzioni: dal non saper ascoltare il cuore di Milano, dall’averne una visione dannosa, miope, distorta e indifferente, fino a sfociare a volte nel ridicolo.

 

Ogni giorno siamo bombardati da nuove mirabolanti proposte: da un tunnel sotterraneo che in diagonale attraversa la città (copia vecchia e stanca delle proposte dell’antico Piano AR dell’immediato secondo dopoguerra), a un ristorante di lusso nel Castello Sforzesco che si affaccerebbe sul parco Sempione e via discorrendo sino a una fantomatica “cittadella della giustizia” che non si sa bene dove collocare. Sembra, per certi versi di essere tornati ai tempi di Craxi, quando venne pubblicato il testo “Milano, le decisioni prese: piani e progetti dal 1988 al 1990”. Se ne consiglia una rilettura per scoprire cosa abbia veramente visto la luce di quanto sia stato allora annunciato ai quatto venti.

 

Non è questo il punto: ci troviamo di fronte al baratro dell’Expo e la nostra classe dirigente ha già dato il meglio di sé. Il progetto, per quel poco che si è visto, è ingenuo, nato male, da qualcuno culturalmente e tecnicamente incapace di possedere una visione equilibrata e condivisibile di Milano e del suo arcipelago. Questa, forse, anche la causa degli enormi ritardi sino ad oggi accumulati, mentre ancora da Roma non è chiaro quanti soldini Milano la sgobbona abbia diritto ad avere per realizzare questo incubo collettivo.

 

La “società civile” digrigna i denti, così fanno gli ambientalisti, seguiti a ruota dalla sinistra locale e nazionale. Serpeggia tuttavia l’idea di proporre a Stanca e ai suoi delle ipotesi “expo alternativa”, perché ormai anche la Lega e il suo ministro prendono le distanze. Idea ottima: evitare la creazione di un ecomostro che si mangi quel poco di terra coltivabile che sopravvive a nord della metropoli e inventare un’esposizione diffusa nel territorio, utilizzando parti di città già disponibili completamente o in parte, anche per riempire il vuoto economico e finanziario che Roma sembra voler imporre. Questa idea del “recupero”, che si oppone a quella dell'”usa e getta”, rientrerebbe poi anche in uno dei temi che l’Expò stessa propone.

 

Rimane poi sempre un vincolo di tipo legale: sarà la BIE disposta ad accettare un progetto completamente stravolto da quello presentato in pompa magna ormai ben più di un anno fa che fece vincere la candidatura di Milano su Izmir? Lo vedremo nei prossimi giorni.

 

E qui veniamo al dunque: di fronte ad una classe dirigente che, tra le altre cose, ha l’incredibile incapacità di comprendere o persino ascoltare le ragioni equilibrate e civili dei propri cittadini, per una volta sarebbe il caso di far “vedere i muscoli”. Tre dovrebbero, credo, essere le linee guida: visibilità, identità e unità.

 

Già gli oppositori all’Expò immaginata dall’establishment si stanno muovendo ed è un bene ma, secondo una prassi consolidata, ciascuno per conto proprio, con idee e proposte differenti, alcune invece simili se non a volte contrastanti. E’ questo il momento in cui le forze vitali e civili di Milano si debbono aggregare in maniera seria, compatta e coerente, individuando allo stesso tempo persone note, quotate, capaci ma soprattutto autorevoli, che abbiano la voglia di opporsi in modo attivo a questa Expò “tradizionale”, fondando alleanze trasversali mirate tutte all’elaborazione di un progetto alternativo.

 

E’ indispensabile creare un contenitore che riunisca, armonizzandole, tutte le forme di opposizione a questo progetto insensato. Solo in questa maniera si diviene “interlocutori”, rispetto a chi ci governa. Ci si dovrebbe stringere attorno ad alcune idee di base condivisibili e condivise, farsi rappresentare da chi ne ha la statura: aprire un reale ed effettivo dialogo. E’ arrivato il momento di smettere di cullarsi nell’idea che il sindaco, noto tra l’altro più per le sue assenze che per le sue presenze, ascolti quattro sparuti gruppi di onesti ma ingenui cittadini, che portano sì proposte belle e intelligenti ma che poggiano su piedi di argilla.

 

Nella società dell’immagine, e noi su questo tema abbiamo degli ottimi maestri, fondamentale è anche la visibilità: farsi conoscere, far conoscere le idee e i progetti al grande pubblico, creare un consenso diffuso fuori dagli studi professionali o dalle università, condividere gli obiettivi, saper parlare ai cittadini con chiarezza sui rischi che l’Expò tradizionale apporterebbe al territorio e, per converso, quali risparmi economici e ambientali offrirebbe un’alternativa diffusa della manifestazione. Si tratta di un lavoro enorme, che prevede studi approfonditi e per i quali sono necessari, ovviamente risorse: studi viabilistici, ricettivi, e via discorrendo.

 

E’ di vitale importanza creare una sorta di “bandiera giuridica” sotto la quale possano essere tutti rappresentati e divenire massa critica. E’ necessario che emergano, come detto, persone capaci di interloquire con la classe politica più arrogante dal dopoguerra ad oggi.

 

I signori dell’Expò, non dimentichiamocelo, non sono bambini, sono individui scaltri, abituati a maneggiare milioni di Euro, cambiare la vita con un tratto di penna a migliaia di persone, a chiacchierare confidenzialmente con i capi di stato credono per questo di possedere le capacità di organizzare un evento di poco inferiore alle Olimpiadi.

 

E noi? Noi cittadini che questa expo così come si presenta proprio non la vogliamo, ci accontentiamo di stare a guardare? Illusi dalla promessa di alcune migliaia di posti di lavoro, quando nemmeno sappiamo con chiarezza quali sono le forse economiche e finanziarie reali messe in campo? È il momento di creare un “associazione di scopo” con un proprio statuto, capace di contrastare gli interessi in gioco, contrastare con determinazione, compattezza, e struttura quest’ambiziosa follia.

Filippo Beltrami Gadola



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