3 luglio 2013

la posta dei lettori_ 03.07.2013


Scrive Giancarlo Rossi a proposito della video intervista a Claudio De Albertis – “Intervista lucida, analitica, argomentata senz’altro quella di De Albertis. Però mi sembra si eluda il nodo fondamentale: c’è stato a Milano, specialmente negli ultimi quindici anni, un eccesso di produzione a petto d’una domanda scarsa; s’è insomma costruito troppo (e male!), assecondando le pulsioni antiurbanistiche e l’affarismo finanziario di certa politica, e sostituendo la razionalità del mercato, inteso come equilibrio dinamico fra domanda e offerta, con l’ideologia del liberismo sfrenato (il primo che arriva, vince).

Pensiamo solo allo spreco delle aree industriali dimesse e recuperate: a differenza di quasi tutte le città Europee, che si sono rinnovate e arricchite, cogliendo un’occasione irripetibile, da noi mera saturazione di vuoti; nessuna infrastruttura di connessione; totale carenza di disegno urbano; campionario di stili architettonici banali e fra loro stridenti, specchio del manuale Cancelli degli incarichi, secondo il quale possono progettare e vedere i loro progetti approvati solo gli architetti graditi all’oligarchia partitica; occupazione militare del settore dei servizi annessi all’edilizia (esecutivisti, tecnici, subappalti ecc.) da parte d’esponenti di un presunto movimento ecclesiale “che non risponde del libero comportamento dei propri aderenti”, come recita la circolare inviata ai giornali, ogni volta che uno dei loro sia inquisito o arrestato.

Insomma da noi la crisi delle costruzioni nasce da cause politiche, più che economiche, da scarsa qualità e da offerta sproporzionata, come dimostra anche la cessazione della funzione anticiclica, che l’edilizia ha sempre esercitato nella dinamica dei settori produttivi. Se mai resta spazio agli operatori, è quello di rimediare agli errori di un lungo passato, demolendo, infrastrutturando, risanando periferie e territori, recuperando le reliquie storiche… tutte attività che appartengono ahimè all’iniziativa pubblica e non producono profitto se non in seconda istanza, sotto forma di appalti, di posti di lavoro e di benefici collettivi.

Che fare dunque, con un debito che non ammette investimenti? Non ho risposte ora, anche se di parziali nella mia attività professionale di architetto e di consulente di banche ne ho tentate, quando sin dagli inizi del millennio esprimevo il mio timore per la prevedibilissima stagnazione. Ma non fui ascoltato, anche perché il mio nome non figurava nel manuale Cencelli di cui sopra.

Scrive Gianfranco Pascazio a LBG – Singolare sintonia fra il tuo articolo di oggi (26/6) e l’intervento di Giuseppe Vita (Presidente Unicredit ed ex Presidente Allianz) in un confronto con Sergio Romano lunedì 24/6 all’ISPI, sul rapporto Italia – Germania. La grande differenza fra i due sistemi, ha detto Vita, sta nel fatto che in Germania a ogni livello privato e pubblico c’è una maniacale attenzione per la programmazione a medio e lungo periodo, con un occhio sempre rivolto ai rischi del “peggiore scenario possibile”, mentre noi siamo inchiodati, con indubbie capacità, alla sola gestione del presente.

Scrive Marco Ponti a LBG – Ottimo, è ancora peggio di così: Atm deve rinnovare treni metro e bus vetusti, ma non ci ha i soldi (non fa gli ammortamenti relativi da un secolo)… la multa Sea ha già fatto esplodere la situazione, con non approvazione del bilancio e conseguenti dimissioni di Bonomi, per dirne solo alcune.

Scrive Claudio Cristofani a Francesco Borella – Francesco Borella ha proposto una sintesi colma di domande retoriche. E a forza di fare domande retoriche delle quali, tutti noi che ci occupiamo di urbanistica, conosciamo perfettamente e da tempo ogni possibile risposta, prolunghiamo l’agonia di una città metropolitana che è un malato terminale sottoposto ad accanimento terapeutico. E invece questo malato terminale dovrebbe lasciare il posto a nuove giovani vite, che la cultura della qualità dell’ambiente e del diritto della natura (Cormac Cullinan, “Wild Law“, 2011) è in grado di far nascere in quanto diffusa ormai capillarmente nella maggioranza delle famiglie che pur vivono in città. Ne sono un concreto esempio tutti coloro che sono pronti a prendersi cura attivamente di un pezzetto di terra agricola periurbana e che affollano la lista di attesa degli Orti di via Chiodi a Milano (180 orti, 350 domande in attesa). Di loro ha bisogno la città ed è a loro che, diffondendo una buona pratica, dobbiamo affidare “coin de terre” in quantità sufficiente a punteggiare le periferie del capoluogo e dei comuni adiacenti, riempiendo interstizi ormai abbandonati anche dagli agricoltori professionali.

 

Scrive Mauro Fuolega a Paolo Viola – Mi è stato segnalato il suo articolo sul concerto “straordinario” della Verdi che condivido dalla prima all’ultima parola. Non ci sono stato a causa del caldo ma già presagivo quello che sarebbe stato. Con l’ironia che mi caratterizza, quando ho appreso del programma, mi sono limitato a osservare che eseguire, nella stessa serata, la Quarta di Brahms e la Quinta di Beethoven sarebbe stato come sedersi a tavola e mangiare la trippa di primo e la cassoeula di secondo. Essendo laVerdi una volonterosa e buona orchestra in senso lato, lontana anni luce dai livelli delle grandi orchestre europee e Axelroad solo un direttore che non fa danni, acerbo e privo di idee, il giudizio era lì, già scritto, mancava solo il suo articolo per ratificarlo. Se poi ci aggiungiamo che, in questa fine stagione, l’orchestra è stata in mano a due direttori che dovrebbero essere di casa dall’otorino per i decibel che sollevano, come Marshall e la signora Xian va da sé che il livello esecutivo tenda irrimediabilmente a scendere. Sono passati i tempi in cui abbiamo avuto la fortuna di ascoltare Manfred Honeck nella quarta… Certo, a onor del vero, Furtwangler dirigeva la pastorale e la quinta nella stessa serata… Ma era lui con i suoi Berliner. Altri tempi. Mi permetto prima di congedarmi di consigliarle un cd del M° Fischer proprio con la pastorale. La registrazione vale per il secondo movimento. Secondo me, nella chiusa, ha capito tutto. Nel resto, molto meno. Il temporale è risibile. Però, il dettaglio col canto dell’usignolo, della quaglia e del cuculo vale il disco.

Replica  Paolo ViolaLe sono molto grato per l’attenzione che ha riservato alla mia Rubrica. Le confesso di avere una considerazione più elevata della sua, relativamente alla maturità dell’orchestra Verdi che seguo fin dalla nascita, mentre concordo con l’opinione da lei espressa in merito alla direttrice stabile. La ringrazio anche per la segnalazione del CD con la Pastorale di Fischer. Cercherò di procurarmela, anche se non sono un grande ascoltatore di musica registrata

 

 



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