3 luglio 2013

libri – MANDAMI TANTA VITA


PAOLO DI PAOLO

MANDAMI TANTA VITA

Feltrinelli 2013

160 pp., euro 13

Due vite parallele, due giovani 23enni, Moraldo e Piero, speculari tra loro: il doppio, lo scambio, il viaggio, le coincidenze da “sliding doors“, nella Torino del 1926, quel tempo in bilico e incombente alle soglie del fascismo, evocato con tratti veloci ma non meno incisivi. Un tempo destinato a sfociare nella allucinazione collettiva, fieramente combattuta da Piero, intellettuale attivista, strenuo e coraggioso difensore della libertà, contrario a ogni forma di violenza, editore, politologo, filosofo, critico teatrale, fondatore di riviste, punta di diamante di quell’antifascismo militante che lo porterà a una morte precoce, per le percosse subite da facinorosi squadristi l’anno prima, sotto casa.

Di tutto questo parla il nuovo romanzo dello scrittore trentenne Paolo di Paolo, già saldamente emerso nel panorama editoriale italiano, per i suoi scritti e interviste ad autori famosi, apprezzato da Tabucchi, con il quale condivide l’ansia del tempo che passa, finalista ora allo Strega, che verrà assegnato il 4 luglio, fra due giorni, al Ninfeo di Villa Giulia. E mentre nel suo libro precedente, “Dove eravate tutti” egli evocava il declino civile del nostro Paese e il grigiore del tempo presente, dove un imprenditore televisivo la fa da padrone, in questo nuovo romanzo si rivolge al passato, per trarne linfa, energia vitale e fulgido esempio.

Ma il tema del libro non è già la biografia di Piero, che solo alla fine verrà identificato nel gigante Piero Gobetti, ma è il rischio della giovinezza e il male del vivere, con le sue incertezze, paure, ribellioni. I caratteri opposti dei due protagonisti sono funzionali, per evidenziare la grandezza del secondo rispetto al primo, con stili di vita contrapposti. Moraldo è infatti uno studente inetto, con vaghe aspirazioni letterarie, affascinato da quel Piero che osa apostrofare aspramente, all’Università, un professore prono all’ideologia del tempo. Egli cerca vanamente di mettersi in contatto con lui, tramite due lettere, che non riceveranno mai risposta, non già per disprezzo, come pensa lo studente, ma perchè Piero ha dovuto riparare a Parigi, dopo la distruzione della tipografia, che pubblicava la sua rivista.

E a Parigi si reca, per destino incrociato, anche Moraldo, al vano inseguimento di quella inafferrabile fotografa Carlotta, proprietaria della valigia scambiata per errore alla stazione, che gli farà perdere la testa, in un gorgo di sensazioni nuove e delusioni, che segneranno la fine della sua prima giovinezza per entrare nell’età adulta.

Speculare a Carlotta è Ada, l’amata moglie di Piero, che per amore struggente lascia partire il marito per Parigi alla ricerca di nuovi contatti con gli esuli, nonostante il figlio in fasce. Vita era per Piero la sua Ada, che esorta perciò a scrivergli spesso, dicendole “Mandami tanta vita” come recita il titolo musicale del libro. La cui copertina rossa evoca la passione, filo conduttore di tutto lo scritto. La passione di Piero per le cose ultime della politica, all’insegna di una legge morale severa, contrapposta alla passione vana dello studente per una donna-meteora.

Lottare sempre per l’affermazione delle proprie idee, che sopravvivono alla morte, è il messaggio di Piero e tema di tutto il libro, secondo anche all’exergo di D. Thomas “I advance as long as forever is“. E per un attimo la magia si compie e Moraldo avrà un contatto fugace con il suo idolo a Parigi, ma nella sua indeterminatezza non saprà cogliere la mirabile opportunità. Cercherà invano di recuperare l’attimo fuggente, la mancata occasione. Fino al tragico epilogo, una sorta di “coup de théâtre” e la disperazione per avere perso la possibilità di un consiglio di vita dal suo Maestro.

Paolo di Paolo per anni ha coltivato l’idea di scrivere un libro su Gobetti, finché ha scelto questo modo indiretto e raffinato di proporlo, dopo lunga e accurata documentazione. Guida splendente è stato per lui l’epistolario tra Ada e Piero, nonché tutti i suoi scritti. E grazie a questi ha potuto ricostruire l’atmosfera di quel tempo del ‘900, foriero di tante sciagure, con scrittura garbata e incisiva, a volte elegiaca, nella descrizione delle città citate, ad esempio, o nel delicato rapporto amoroso tra i due coniugi. E tra le righe vi è anche un breve peana all’importanza delle lettere in sé, come mezzo di comunicazione, ora in disuso, parole scritte a seguito di profonda meditazione, destinate a essere lette in un tempo successivo, dopo lungo viaggio, come quelle dell’Autore, illuminanti per interpretare, attraverso il passato, l’oggi.

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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