26 giugno 2013

IL BILANCIO COMUNALE: NASCONDERE IL FUTURO


Lunedì scorso sul Corriere della Sera il consigliere radicale Marco Cappato ha criticato la Giunta milanese per il rinvio della discussione sul Bilancio. Nel suo intervento ha detto molte cose e senz’altro alcune largamente condivisibili ma, come spesso accade ai Radicali, mescolate ad altre assolutamente non condivisibili. Tra le condivisibili ne vorrei citare una, eccola: “Non è un caso se dall’attuale dibattito sui conti milanesi sono rimosse le partite caratteristiche per il futuro della città”.

Cappato non credo le abbia elencate tutte ma per parte mia vorrei aggiungere qualcosa: non si tiene mai conto nel bilancio degli oneri successivi derivanti dagli investimenti fatti. Cito l’esempio di un’opera pubblica di recente salita agli onori della cronaca: il tunnel di Gattamelata. La vicenda per così dire “urbanistica” è delle più folli: un’opera prevista a servizio di una funzione – la Fiera – che poi viene trasferita; doveva arrivare a CityLife soprattutto in funzione degli edifici a terziario che forse non si faranno mai ma questo è un altro film. Oggi non so quanto costerà mantenere il tunnel così com’è ma certo un bel po’ di euro l’anno, buttati. Se lo si fosse finito ne servirebbero ancora di più, tra illuminazione, manutenzione dei manti stradali, pulizia e così via ma sarebbe servito a qualcosa, comunque a poco.
Paradossalmente se lo si fosse integrato nel progetto, a suo tempo naufragato, del cosiddetto tunnel di Linate – il collegamento Linate-Malpensa -facendone un tunnel a pedaggio forse avrebbe potuto essere un’operazione addirittura fruttuosa per il Comune.
Marsiglia e Oslo col pedaggio dei tunnel urbani rimpinguano le casse comunali. Altri Paesi, altre amministrazioni. Fortunatamente l’introduzione del Patto di stabilità (2009) bloccò tutto, facendo naufragare un progetto che premiava la mobilità su gomma e con problemi d’inquinamento rilevantissimi. Ambientalisti e Verdi trovarono nel Patto di stabilità un alleato insperato. Per di più il tunnel sembrava dovesse nascere con il meccanismo della finanza di progetto (project financing), che notoriamente in Italia è la declinazione del vecchio proverbio che gli utili sono privati e le perdite pubbliche. Perdite molto spesso certe ma oneri pubblici certissimi. Come MM4 e MM5.
Anche in questo caso siamo lontanissimi dalla finanza di progetto classica perché negli accordi sottoscritti compaiono ad esempio dei contributi a vettura /chilometro che graveranno sul bilancio comunale ma non si è fatta alcuna previsione al riguardo.
Qualcuno oggi, nonostante la pompata euforia per l’Expo, comincia a domandarsi se tutte queste infrastrutture previste, utilissime e direi necessarie, non peseranno però in maniera drammatica sui futuri conti del Comune. Quanto peseranno i cosiddetti “lasciti” di Expo?
Quanto peserà il “rigagnolo”, chiamato canale, tra Expo e Naviglio? Le aree che oggi sono impegnate per l’esposizione come graveranno sulle casse comunali? Nel dibattito sulla crisi economica che ci attanaglia e dalla quale non stiamo per nulla uscendo si sente continuamente dire che “abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità”, ora siamo alla resa dei conti.
Chi lo dice sembra rivolgersi soprattutto ai cittadini spensierati e spendaccioni, troppo amanti del lusso, del cibo, delle vacanze: chi ha fatto investimenti pubblici, di là dalle ruberie e delle cattedrali nel deserto, si è mai domandato se saremmo stati in grado di mantenere tutte queste opere? Quando si dice che le opere pubbliche servono a rilanciare l’economia bisogna fare dei conti difficili ma non impossibili: a parità di pressione fiscale l’aumento del reddito delle famiglie che dovrebbe seguirne consentirà di gestire, mantenere e ammortizzare queste opere?  Qual è il “criterio di prudenza” di un bilancio pubblico al riguardo? Forse qualche domanda i pubblici amministratori dovrebbero porsela.

Luca Beltrami Gadola

 

 



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