19 giugno 2013

LA DEMOCRAZIA DOV’È? DOVE C’ È RENZI?


La democrazia parlamentare, in questo paese, è sempre più in crisi, o meglio è come se fosse svuotata. Non riesce a rappresentare la società nel suo complesso e appare assorta in dibattiti distanti dai reali bisogni dei cittadini. Ormai le leggi vengono interpretate attraverso regolamenti emanati dalle Authority.

Infatti, c’è Ivass cioè l’ex Isvap, che vigila sul settore assicurativo, Consob e Banca d’Italia per il sistema bancario, Antitrust per regolare quel poco di concorrenza che c’è nel nostro paese, il Garante della Privacy e L’Autorithy per l’energia, che attraverso l’interpretazione di norme, che spesso, anzi quasi sempre, sono il recepimento di direttive europee, possono condizionare il mercato e far scomparire o meno aziende e operatori. Nei prossimi anni ne avremo una sui trasporti e un’altra per le fondazioni bancarie.

Difatti intervengono prevalentemente sulle regole dei mercati finanziari e non sulla politica industriale, perché quella ormai è delocalizzata e, in casi particolari, c’è sempre la Magistratura per regolarla e indirizzarla. Le forme della democrazia rimangono pienamente in vigore, ma la politica e i governi cedono terreno a favore di elite. Sull’indipendenza di alcuni amministratori spesso sono stati avanzati dei dubbi, e, se non si è mai fatta una vera legge sul conflitto d’interessi, di tutti, non solo di Berlusconi, ci sarà pure una ragione.

L’espressione politica di queste dinamiche è che ormai destra e sinistra vengono spesso identificate con poteri forti assicurativi, bancari, della grande distribuzione, in cui liberismo o solidarismo sono solo attributi per una politica che sembra più uno scontro commerciale. “Gli esponenti delle aziende diventano consulenti del partito per determinati periodi, mentre i consulenti del partito trovano lavoro come lobbisti nelle aziende” (Colin Crouch, Postdemocrazia).

Queste dinamiche non sono solo italiane, caratterizzano tutto l’occidente. Ma in un paese come il nostro, caratterizzato da una società civile fragile, possono produrre delle grosse fratture sociali, non solo quella Nord-Sud, ma penso a quella tra vecchie e nuove generazioni, garantiti e non, ecc. Tutto il nostro paese è pronto a dividersi e frantumarsi.

La sinistra dovrebbe decidere di non rappresentare solo una parte del mondo bancario, assicurativo della grande distruzione, ma cercare di dar voce a quella parte di società che vuole un’opportunità, che vuole, se possibile, esercitare la democrazia.

I gruppi dirigenti della politica in generale, sono sempre più autoreferenziali, virtuali, e in certe aree anche in parte criminali. Anche la sinistra non sfugge a questa tendenza oligarchica. In questi anni, il dibattito all’interno del centrosinistra non ha mai affrontato, se non in modo formale e non reale, la crisi del Welfare state, la globalizzazione, i bisogni dell’individuo, il merito, per non mettere in discussione parte della sua rappresentanza come: lavoratori dipendenti pubblici e privati, pensionati e parte di quei poteri forti che citavo prima.

Un’esperienza interessante è stata quella arancione, solo tre anni fa sembrava si fosse riaperto il rapporto tra partiti e movimenti, tra la politica e il sociale. Però tali esperimenti si sono esauriti, sono rimasti momenti acefali senza una reale capacità di crescita e ormai sopravvivono solo come buona amministrazione. Poteva essere un’occasione ma ormai credo sia tardi.

Di possibilità per ridare speranza c’è rimasto solo Renzi o meglio il mondo dei Comitati Renzi, che, per come si sono caratterizzati possono essere l’opportunità per attuare una trasformazione radicale della partecipazione, allargando la base d’intervento del PD e di fatto aprendosi alla società, facendola crescere.

In questo modo avremo una sinistra che mette la persona libera e responsabile al centro delle politiche con una crescita virtuosa di tutto il paese. In alternativa, forse avremo lo stesso una sinistra vittoriosa, magari grazie a un porcellum “derogato”, ma con un parlamento che potrà discutere e dividersi su qualche diritto civile, certamente importante, ma la politica vera, quella che permette a tutti di crescere culturalmente ed economicamente con una reale mobilità sociale, sarà fatta da un’altra parte.

 

Massimo Cingolani

 



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