19 giugno 2013

VERITÀ, TRASPARENZA, CORAGGIO: AMMINISTRARE MILANO


Il modello istituzionale locale basato sulla ripartizione della fiscalità generale è diventato strutturalmente impossibile da gestire per via dei tagli ai trasferimenti contemporanei alla sostanziale eliminazione dell’autonomia fiscale attraverso il prelievo da parte dello Stato di oltre il 40% di Imu e Tares e la fissazione di norme e procedure che consegnano al Ragioniere Generale le poche scelte possibili residue. L’azione del Governo Monti, dominato dai grandi burocrati di Stato, ha riportato le autonomie locali al livello ante 1985, basando tutto il presunto “riordino” dei conti dello Stato essenzialmente se non totalmente sui tagli ai trasferimenti ai Comuni: la prova è data dal fatto che nel 2012 la spesa corrente dei Comuni è scesa di 15 miliardi di euro, quasi un punto di Pil, mentre il totale spesa pubblica al netto degli interessi è salito di 21 miliardi!

È per questo che la Giunta e il sindaco di Milano hanno assunto un mese fa la decisione politica di non chiudere il bilancio preventivo in assenza di certezze e di chiedere di avere a disposizione l’intera fiscalità solo nominalmente municipale, sia come importo che come possibilità di modulazione, così come quella di avere un quadro normativo e regolamentare che permetta il decollo vero e non sulla carta della città metropolitana e della stessa Expo 2015. Qualche parziale risultato è stato ottenuto, a dimostrazione della non irragionevolezza della linea intrapresa, ma la questione è ancora tutta lì nella sua urgenza e importanza.

Lungi dall’attendere le pur indispensabili risposte, l’Amministrazione di Milano sta lavorando sulla parte nominalmente discrezionale della propria spesa (poco più di 700 milioni di euro su 2,7 miliardi di totale), avendo operato oltre 200 milioni di tagli e congelamenti e iniziando una generale revisione delle entrate. Si è avviata la procedura per garantire l’equilibrio di bilancio attraverso l’incremento dell’Imu prima casa e dell’addizionale Irpef comunale, ben sapendo che nel mese di settembre, quando si tratterà di decidere effettivamente le misure, la manovra stessa potrà e dovrà essere modificata in funzione dell’esito del “negoziato” con il Governo: basterebbe che l’intero gettito delle imposte comunali restasse alla comunità locale per non dover mettere mano ad alcun aumento e anzi per avere la possibilità di effettuare quelle modulazioni che la legge nazionale ha impedito fino a oggi (sgravi per prima casa per redditi bassi o per immobili commerciali affittati, a fronte di incrementi sul patrimonio inutilizzato).

Ma si sta parlando naturalmente di una revisione dell’intero sistema tariffario comunale, da quello dei trasporti alla scuola ai servizi civici allo sport, che a Milano è ai livelli più bassi d’Italia e sconta il mancato recupero dell’Istat tra il 2001 e il 2010, non effettuato dalle amministrazioni di centro destra in nome della retorica del “non mettere le mani in tasca ai cittadini”, con il bel risultato di dovere oggi procedere per legge a tale adeguamento tutto in una sola volta dopo aver consumato le entrate straordinarie anche per coprire questi mancati introiti, caricando così sulle spalle di tutta la comunità il costo di un servizio utilizzato al di sotto del … sottocosto solo da alcuni cittadini senza alcuna valutazione sulla capacità reddituale.

Proprio per recuperare l’equità dispersa si sta lavorando per adeguare le tariffe, che resteranno comunque in tutti i casi al di sotto di quelle di tutte le principali città italiane, introducendo invece esenzioni e modulazioni legate al reddito familiare. E proprio nella revisione del sistema di esenzioni, con l’introduzione di un unico sistema Isee (attualmente sono almeno diciotto diversi per altrettanti servizi) e soprattutto di controllo di queste dichiarazioni nonché delle morosità e delle vere e proprie evasioni in essere, sta una possibilità di recupero di efficienza del sistema di almeno sessanta milioni di euro. I primi controlli effettuati dalla nuova amministrazione hanno rivelato una situazione realmente inaccettabile: per fare solo alcuni esempi, su un campione di 100 dichiarazioni Isee per asili nidi o mense scolastiche, quasi il 70% è risultata falsa o mendace; l’evasione sui canoni Cosap (occupazione suolo) raggiungeva punte del 60%; la morosità sulle mense scolastiche è di diversi milioni di euro, generalmente confermando l’assunto dell’economista Yunus, secondo il quale i meno abbienti e i disagiati sono quelli che hanno il minor tasso di insoluto sia per i debiti che per le tasse

L’orientamento della Giunta non è quello di fermarsi a una valutazione contabile o al recupero della necessaria buona amministrazione, concetti calpestati per un decennio dalle amministrazioni precedenti come oggi troppo in fretta e troppo disinvoltamente ci si è dimenticati e non solo da parte degli ex amministratori. La Giunta nel suo insieme si sta infatti ponendo il problema di cambiare i modelli in essere cercando di adeguarli alle mutate condizioni non solo finanziarie, ma anche economiche e sociali. E quindi si ragiona di trasporto locale in una visione di Area metropolitana, dove ricondurre sia la programmazione sia l’esercizio, portando allo stesso livello decisionale – nella nostra ipotesi ovviamente la città metropolitana – la spesa di investimento e di esercizio ma anche le fonti di finanziamento e la decisione sulle entrate e le tariffe.

Ma si ragiona anche di welfare ponendo il tema della unificazione di tutti gli interventi e dei punti di erogazione, attualmente almeno cinque (Comune, Inps, Asl, Regione, altri organi di Stato), dalla cui razionalizzazione possono essere recuperate almeno il 20-25% delle risorse, limitando l’ambizione a quegli studi scientifici che indicano i livelli più bassi di recupero possibile: se si considera che il solo Comune di Milano ha una spesa per il welfare di quasi 200 milioni di euro si comprende immediatamente la rilevanza e l’importanza di una possibile riforma di sistema.

E così vale praticamente per tutti gli altri settori di attività del Comune, ovviamente per importi meno significativi, ma spesso con impatto sociale ed emotivo ancora maggiore, come per esempio per scuole e asili.

Si sta discutendo, insomma, di politica. Che la redazione dei bilanci fosse atto politico tra i più importanti per chi crede che la responsabilità di governo sia fare delle scelte e non quella di fare i “compiti a casa” assegnati da qualche cultore della sacralità e della neutralità dei numeri pensavo fosse dato acclarato a Milano almeno per i politici, destra o sinistra non importa, i commentatori, i cittadini attivi, in una parola per quel corpo civile che dedica almeno dieci minuti al giorno di attenzione alla propria città.

E proprio pensando a quei dieci minuti di attenzione mi sono permesso di sollevare in queste ultime settimane, in una forma che non ha oggettivamente riscontrato l’unanimità dei consensi, diverse questioni con lo scopo di sollevare un dibattito, convinto come ero e come sono che il momento che stiamo vivendo in particolare a Milano sia decisivo sotto molti punti di vista. La media delle risposte e delle reazioni che ho ricevuto mi sembrano improntate alla linea “qui si lavora, non si fa politica” e suggerirebbe di non insistere oltre.

Ma il rischio che si corre a fare “buona amministrazione” infischiandosene dell’esistenza stessa di un dibattito cittadino è troppo grande da correre anche in questa occasione: in fondo tutti pensano che Milano brontoli ma alla fine “ce la fa” e approvare un bilancio anche quest’anno, mentre la maggior parte dei Comuni non ce la faranno, potrebbe essere visto come una dimostrazione di questo, riuscendo così a spostare nell’anno del poi e nel mese del mai la discussione vera sul cambio radicale del modello di gestione della città

Ma Giuliano Pisapia e noi tutti con lui non siamo arrivati a Palazzo Marino per riordinare gli uffici, ma per cambiare il modo di amministrare, utilizzando innanzitutto lo strumento della verità, della trasparenza delle decisioni e del coraggio delle opinioni.

 

Franco D’Alfonso

 



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