19 giugno 2013

POVERA MILANO POVERA


Uno spettro si aggira per Milano: lo spettro della povertà. A dirlo non è un redivivo Karl Marx, ma i risultati di due indagini di quest’anno: una della Fondazione Zancan e una della Fondazione Rodolfo Debenedetti, dell’Università Bocconi e del Comune di Milano, presentati fra marzo e aprile 2013.

Lo studio della Fondazione Zancan, presentato il 6 marzo scorso nel corso del dibattito “In bilico tra povertà e benessere” organizzato dalla Cisl Lombardia, certifica che in Lombardia il 4,2% delle famiglie residenti versa in condizioni di povertà. A Milano, tra il 2008 e il 2011 il Comune ha stanziato circa 385 milioni per aiutare i suoi cittadini disagiati con: pensioni, assegni sociali, invalidità civili, fondo affitti, buoni famiglia a sostegno delle famiglie numerose (con almeno tre figli) o che pagano la retta di un familiare anziano o disabile. I ricercatori della Fondazione sono però convinti che queste cospicue risorse possano essere stanziate in modo più efficiente, ad esempio evitando sovrapposizioni fra diversi livelli istituzionali, riconsiderando i requisiti di accesso e integrando il denaro con altri servizi pubblici.

Vi sono povertà così gravi da non permettere più di dimorare nella propria casa. Restando così senza un tetto dove vivere. Secondo il censimento racCONTAMI, presentato il 17 aprile 2013 in Università Bocconi e condotto da Fondazione Rodolfo Debenedetti, Università Bocconi e Comune di Milano, i senzatetto di Milano sono 2.616: in aumento del 70% rispetto a una rilevazione simile del 2008, prima della Grande Recessione. Da segnalare che i senzatetto conteggiati non includono gli abitanti di case abusive, aree dismesse, campi Rom, vagoni e scali ferroviari. È anche per questo che il numero rilevato dall’indagine differisce da quello conteggiato da Istat, Caritas e Ministero dell’Interno nel 2011 (13.000). Un’altra spiegazione è il diverso metodo di conteggio: racCONTAMI è una point-in-time survey, per cui il censimento è avvenuto in un unico periodo (per la cronaca: la notte dell’11 marzo 2013); l’Istat invece ha distribuito questionari a un campione rappresentativo di 5.000 persone e poi ha effettuato delle proiezioni a livello nazionale.

Secondo racCONTAMI, il senzatetto-tipo è di sesso maschile (91%), ha un’età media di 41 anni e 2 mesi, è straniero (83%), ha un livello di istruzione simile al resto della popolazione italiana, eccetto che per il maggior numero di persone che non sono mai andate a scuola, è stato malato nell’ultimo mese (60%), vive in media con 150 euro al mese e oltre il 60% ha perso la casa dopo aver perso il lavoro o per colpa delle relazioni familiari andate male. Da tempo si parla infatti dei padri separati o divorziati costretti a chiedere un pasto alle mense dei poveri. Cala il numero di senzatetto che lavorano: fermo al 10,2% (contro il 30% del 2008), ma purtroppo il 70,4% di loro svolge un lavoro in nero.

Tre i dati positivi: tre quarti dei senzatetto cercano attivamente un impiego, la percentuale di coloro che abitano in strada è diminuita dal 26 al 20% e sono aumentati coloro che trovano posto nei dormitori (l’80% dei senzatetto, mentre nel 2008 erano il 76%). Il presidente della Casa della Carità Don Virginio Colmegna, che ha assistito alla presentazione dei dati, ha ammonito che: “l’emergenza deve far scattare la domanda di uscita dall’emergenza. Altrimenti, si rischia la cronicizzazione del fenomeno dei senzatetto. Per uscirne, ci vogliono oltre alle politiche passive (l’assistenza), quelle attive (di prevenzione)”.

Ma se i milanesi si stanno impoverendo, il Comune non se la passa certo meglio. Palazzo Marino sta deliberando infatti dei tagli per far quadrare il bilancio. Come quelli alla Casa della Carità di Don Colmegna, che paventa addirittura il rischio chiusura se la Curia e il Comune non riprenderanno a erogare fondi: almeno 8 euro per ogni ospite fisso, per un totale di circa 400mila euro l’anno. Altri tagli di Palazzo Marino riguardano il sostegno ai disabili, con una riduzione del buono sociale per il mantenimento a domicilio e gli interventi socio-educativi da 1.000 a 700 euro a bimestre. La scure dei tagli si abbatte anche sugli anziani: nel bimestre maggio-giugno sarà erogato solo metà dell’assegno per gli ultrasessantenni milanesi percettori di un reddito inferiore al “minimo vitale” di 495,43 euro e si prevedono anche tagli alle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali). Infatti, ogni anziano ricoverato costa circa 16mila euro l’anno e i dati demografici ci dicono che a Milano risiedono 94mila ultraottantenni, di cui circa 40mila non sono più autosufficienti. Per contenere i tagli, l’Assessore alle Politiche Sociali Pierfrancesco Majorino chiede a gran voce altri 40 milioni a Palazzo Marino e una riflessione comune con lo Stato e la Regione Lombardia per affrontare al più presto le questioni.

Pena: all’esplosione della crisi potrebbe affiancarsi anche quella della bomba (demografica) a orologeria milanese.

 

Valentina Magri

 



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