29 maggio 2013

RITORNO ALLA NORMALITÀ ELETTORALE


Trovo ridicolo che utilizzando i risultati elettorali di ieri si traggano conclusioni pro o contro il governo, pro o contro le leadership dei partiti, ma certamente una prima considerazione si può fare: non c’è stato nessun terremoto anzi si è tornati a una relativa normalità.

Prima di argomentare dei risultati vorrei premettere alcuni fatti:

1) 680 candidati al consiglio comunale a Brescia con 25 liste, uno ogni 150 elettori del 2008; per 18.509 elettori potenziali di Sondrio l’offerta prevede 12 liste e 351 candidati, uno ogni 52 elettori potenziali (i posti in consiglio sono 32); i 147 votanti del 2008 di Gerola Alta per eleggere i 6 consiglieri (uno ogni 24 abitanti) hanno avuto purtroppo per loro a disposizione solo due liste, la terza essendo stata cassata dalla prefettura; 17 liste a Lodi con un candidato ogni 69 potenziali elettori; 7 candidati a sindaco, 11 liste e 160 candidati, uno ogni 50 elettori circa in quel di Bareggio; 7 candidati a sindaco e 41 al consiglio comunale in quel di Nicorvo 300 votanti. Insomma nonostante la percentuale dei votanti sia in continua riduzione, nonostante gli elettori spesso votino solo il candidato a sindaco, nonostante il ruolo dei consiglieri sia stato progressivamente ridotto dalle leggi, la voglia di candidarsi a qualsiasi costo, aumenta. Presumo quindi che il numero di estimatori di D’Alfonso che considera i consiglieri comunali tendenzialmente inutili sia destinato ad aumentare e mi pare difficile dargli torto; del resto è la silenziosa (nel senso che non la esternano sul web) convinzione di migliaia di assessori e sindaci del passato, del presente, del futuro. Il top si raggiunge in quel di Piazzolo, con quattro candidati a sindaco, uno in più dell’altra volta dove i votanti sono stati 63, dimenticavo i candidati al consiglio comunale sono stati 23. In controtendenza solo il comune di Barghe dove nel 2008 la lista civica ottenne il 100% dei voti e quest’anno ha bissato il risultato poiché si ripresentava un’altra volta senza competitori.

2) I nomi delle liste sono i più vari. Oltre ai partiti nazionali c’è qualche nostalgica ricomparsa di nomi dimenticati qualche new entry importata (i Pirati) ma sopratutto una straordinaria fioritura di creatività. Si va dagli specifici Ricucire Carate, Pianico nel cuore, agli ammiccanti Berlingo virtuosa (ma gli avversari non si sono chiamati Berlingo godereccia) ha vinto Borno con passione, Capergnanica amica, Volti nuovi assieme, Stare insieme, Gallo Cedrone (il film di Verdone, si concludeva con la presentazione di una lista civica che voleva cementare il Tevere), dai propositivi porte aperte e persone agli storici oltre i due campanili, ai programmatici: diamo forza al cambiamento, in movimento per le persone, vicino ai cittadini, liberi di vivere, tradizione futuro, impegno è servizio, una sola comunità, ai laudatori nel solco di Guerini (manco fosse prematuramente scomparso) agli etnici popolari retici; taluni nomi appaiono misteriosi ai foresti: “el@” (vincente a Villa d’Adda), movimento H2O. La mia preferita è la lista fai 13 vincente in quel di Agra (Varese non Uttar Pradesh), mi ricorda la schedina della Sisal.

3) Le alleanze si mantengono nel solco della tradizione: PD da una parte, di volta in volta alleato con diversi soggetti usuali nel centro sinistra e molte liste civiche (l’arancionismo non è scomparso) raramente da solo (Bareggio). PDL dall’altra con la Lega alleata più spesso che nel recente passato. L’UDC spessissimo assente come lista autonoma, i montiani totalmente assenti ma entrambi inglobati nelle varie liste civiche. Simpaticamente in qualche realtà compaiono partiti nazionalmente disciolti. I Grillini sono presenti in tutti i comuni sopra i 15.000 abitanti e in qualche comune minore (Cernobbio, Toscolano Maderno etc) coerentemente sempre da soli. Nei comuni superiori ai 15.000 abitanti il numero di liste civiche è pari a quello delle liste partitarie, mentre le liste del “sindaco” sono più numerose nel centro sinistra che nel centro destra ma in generale nelle coalizioni si tende a evitare che una lista s’identifichi con il candidato per evidenti ragioni di cannibalizzazione potenziale del voto. Nessuno ha fatto una lista “governativa” di unità nazionale.

Ovviamente trarre indicazioni politiche da questa cotognata di nomi e liste è piuttosto difficile per non dire impossibile. Vale la pena limitarsi ad alcune generiche affermazioni, considerando solo i comuni superiori ai 15.000 e premettendo che stiamo parlando di elezioni “presidenziali” in cui l’elemento di gran lunga più importante è il candidato e che quello che conta sul serio è il ballottaggio:

1) I votanti sono in calo nonostante l’aumento delle liste e dei candidati. Il dato può essere interpretato in modi diversi a seconda delle convinzioni e della convenienza: non percezione delle differenze tra i candidati, generica soddisfazione della gestione della propria città, generica insoddisfazione nella gestione della propria città, convinzione che il comune può sempre meno, sfiducia nel sistema politico, sfiducia nella selezione dei candidati, litigiosità (va ricordato che circa nel 30% dei comuni si va al voto anticipatamente). Tuttavia i numeri non sono lontani da quelli delle regionali del 2010 e comunque superiori a quelli di altri paesi (legislative francesi 57%, spagnole 57,1% e non si può dire che Hollande e Rajoy siano meno affascinanti di Del Bono e Paroli). Prima di arrivare alle percentuali delle europee in Gran Bretagna 23% ci vorrà ancora del tempo. Probabilmente una parte della popolazione la pensa come Bufalino: “Il sonno è di destra, il sogno di sinistra… Votate per una lucida insonnia. “.

2) Il centrosinistra nonostante le mille divisioni del recentissimo passato appare in buona forma, ovunque al ballottaggio, talvolta vincente al primo turno: come nella tradizione che vede i progressisti più forti alle elezioni locali che a quelle nazionali. Resta il dubbio che con un candidato diverso anche le regionali avrebbero potuto andare diversamente.

3) Il PD resta di gran lunga egemone nel suo schieramento, capace di modulare le alleanze e non sembra soffrire più di tanto delle divisioni interne anche se qualche lista civica si potrebbero chiamare lista di corrente. Possono quindi cantare vittoria la minoranza renziana, quella civatiana, quella cattolica, quella cattolica moderata, gli ex Ds, i filo D’Alema, la minoranza che si richiama al cosiddetto apparato, la minoranza veltroniana. Insomma tutti, esclusa la maggioranza, per la semplice ragione che non c’è. Caso unico in Europa il PD lombardo è una coalizione di soggetti diversi ognuno dei quali si ritiene minoranza.

4) Il centrodestra palesa tutte le sue divisioni ma non tracolla, evidenzia una classe amministrativa locale personalistica e litigiosa. Sopratutto evidenzia come sempre l’assenza di sprint quando è assente il cavaliere. All’interno del centro destra il PDL come in altre occasioni si frammenta in più spezzoni e si crea concorrenza elettorale in casa. La novità maggiore è la crisi della Lega, un tracollo rispetto alle comunali precedenti cui non serve per “tenere” neanche il governo regionale. Probabilmente siamo alla fine del mito di un partito che si diceva rozzo sul terreno nazionale ma fortemente radicato sul territorio grazie ai buoni amministratori: le percentuali di un tempo sembrano ormai irraggiungibili mentre resta un significativo zoccolo duro.

5) L’estrema sinistra risulta quasi insignificante prosciugata in parte dal voto utile, in parte dai grillini, in parte dall’astensione. Non credo sia una questione di mancanza di un potenziale bacino elettorale quanto la mancanza di leadership credibili.

6) Il Movimento 5 stelle che ovviamente guadagna ovunque rispetto alle elezioni comunali precedenti e perde ovunque rispetto alle elezioni politiche e regionali confermandosi però come terzo partito raggiunge percentuali significative ma che sono comunque state raggiunte in passato da altre liste. La ragione principale di questa “sconfitta” sta nella natura stessa del movimento che è un movimento civico per auto definizione e che quindi vede migrare molti suoi elettori delle politiche verso altre liste civiche. Un’altra ragione è la presenza di una miriade di candidati che sopratutto grazie al meccanismo delle preferenze recuperano voti personali. La terza ragione, oltre al buffo comportamento dei parlamentari, è che i temi utilizzati alle politiche servono poco quando si discute di cassonetti, posteggi, varianti di piano etc.

7) I centristi si sciolgono nelle liste civiche e nessuno ne sente la mancanza.

Walter Marossi



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