22 maggio 2013

ENRICO LETTA, IL TACCHINO FREDDO


Negli ormai lontani anni ottanta quelli della Milano da bere, c’erano ancora degli artisti della racchetta da tennis in attività. Ci ricordavamo dei Nastase, Panatta, Newcombe, Gerulaitis, Connors freschi pensionandi, e apparve tra gli epigoni di Borg nel corso della swedish invasion, Stefan Edberg, il tacchino freddo come lo chiamava Giampiero “bisteccone” Galeazzi…: “divenne l’ultimo rappresentante in ordine di tempo del puro ed elegante gioco d’attacco, che aveva stabilito gli standard estetici del tennis per tutto il dopoguerra e fino all’avvento dei regolaristi degli anni ’70” (1).

Oggi, dopo tanti patimenti abbiamo un governo, brutto, difforme, un piccolo Frankenstein ma è comunque un governo, nei pieni poteri e capace di prendere decisioni. Cosa che a gran voce ci chiedevano i Merkati e Bruxelles. E ce lo teniamo caro caro finché dura e produce. A capo di questo governo è andato un giovane politico (per gli standard italiani) di lungo corso che ben conosce la macchina di palazzo Chigi, ha strette relazioni con l’alta burocrazia europea, fa vita di società nel bel mondo dei Signori del potere mondiale frequentando Aspen Institute e gruppo Bildberg.

Letta è una persona degnissima di ricoprire il ruolo assegnatogli, ben preparato, selezionato da Beniamino Andreatta tanti anni fa. Proviene da una famiglia della borghesia intellettuale italiana. Ho conosciuto personalmente il Presidente Letta in alcune riunioni politiche avendo dei trascorsi nel partito democratico e in specifico nell’area cosiddetta lettiana di ambito milanese negli anni scorsi.

La persona è affabile, dotata di fluente eloquio, ben conscia dell’incarico che ricopre, tanto è vero che nella conferenza stampa di incipit ha dichiarato: “È una responsabilità che sento forte sulle mie spalle. E se posso permettermi, la sento più forte e pesante della mia capacità di reggerla”. Con queste parole Enrico Letta ha comunicato di aver accettato con riserva l’incarico di formare un nuovo governo ricevuto da Giorgio Napolitano. “Ma mi metto con grande determinazione al lavoro perché penso che il paese abbia bisogno di risposte. Gli italiani non ne possono più di giochi e giochetti della politica, vogliono risposte, io mi metto davanti a loro con grande umiltà e senso dei miei limiti con una responsabilità che mi onora”.

Ha parlato di responsabilità, capacità, determinazione, lavoro umiltà e senso dei limiti onore. Tutte parole alte, degne, che testimoniano uno spessore umano da menzionare.Andando sul sito dell’associazione da lui fondata si trovano interessanti e significativi progetti: da Donne al volante, Fratelli d’Italia, Azioni Legali, Salute a tutti, Pensaci Adesso. Insomma uno che ha tutti i numeri a posto per poter far durare questo governo un arco di tempo ragionevole e dedicare le sue migliori energie alla formulazione di leggi come quella elettorale, che possano far uscire il paese dall’enorme impasse nel quale ci troviamo. Forse politicamente farà la parte dell’eroe che muore nei film d’avventura, speriamo di no per lui.

Una persona perbene che fa con metodo il mestiere di Politico. Cosa che soprattutto oggi, vissuti venti anni di Lega Nord e visti in azione gli appartenenti al Movimento 5 stelle, viene da dire ridatemi la Dc, che ho tanto avversato negli anni di gioventù, quella Dc tanto ben descritta da Sciascia in Todo Modo.

È chiaro che in un contesto politico tipo “Frankenstein” Letta non può esprimersi in maniera compiuta, declinare la sua idea di paese in leggi e quindi azioni di governo. È il vicesegretario di una cosa che si chiama PD nel cui ventre ho vissuto per qualche anno. Meglio crescere in una casa chiusa … almeno lì c’erano delle regole chiare e c’erano le tariffe esposte. È anche e soprattutto capo di un governo il cui secondo pilastro è il PDL il cui leader è famoso per le repentine inversioni a U a seconda dei sondaggi.

Davanti a questo scenario è prevalsa l’anima democristiana di Letta e in specifico la natura dorotea (come mi ha insegnato un vecchio arnese della prima repubblica descrivendomi Letta: “questo è doroteo”, SIC !). Ricordo che Dorotei furono gli avversari di Fanfani che si riunirono nel convento di Santa Dorotea a Roma nel 1959 dando appunto luogo alla corrente ed erano: Mariano Rumor, Emilio Colombo, Filippo Maria Pandolfi, Flaminio Piccoli, Antonio Gava, Antonio Segni, Paolo Emilio Taviani. La storia si ripete e Letta ha portato il suo governo in abbazia a Spineto per fare squadra, allora aveva proprio ragione il mio amico, “questo è doroteo”.

Appassiona il metodo e la tenacia con cui cerca di guidare il suo Frankenstein, quello che viceversa non va proprio giù è la sua scarsa emotività, il suo non riuscire a scaldare i cuori, trascinare le folle, stimolare l’azione degli individui. Ce ne si andava dalle riunioni di Letta con la solitudine e il freddo addosso. Magari per gestire questo governo hot va bene così.

Riccardo Lo Schiavo

(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Stefan_Edberg



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