22 maggio 2013

LA CRISI DEL PD. MORIRE RIFLETTENDO


La causa di fondo della crisi catastrofica del Pd? È rimasto indietro di un passo rispetto all’evoluzione culturale della sinistra europea. Un po’ di storia aiuta a capire. La sinistra è nata in Inghilterra, all’epoca di Oliver Cromwell, con i Dibattiti di Putney, fine ottobre 1647. È una sinistra liberale, che rappresenta con i suoi principi di partecipazione democratica universale – limitata dal censo – le nuove classi emergenti dalla società aristocratica. I Girondini e Giacobini della Rivoluzione francese codificano e dispongono in ordine gerarchico tre principi: liberté, égalité, fraternité.

Nel 1848 il Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx propone un altro ordine: égalité, fraternité, liberté. Per realizzare il quale, il proletariato deve conquistare lo Stato con la violenza rivoluzionaria. La dittatura del proletariato taglia alle radici le cause della disuguaglianza, abolendo la proprietà privata dei mezzi di produzione e affidando allo Stato la produzione e l’economia. Così nasce “la società eguale”. Su quella prospettiva viene fondata la Prima internazionale a Londra nel 1864. Nei decenni successivi i movimenti operai si divisero: una parte, minoritaria, continuò a proporre la conquista violenta dello Stato come la “via sacra”; i socialdemocratici tedeschi e i laburisti inglesi avanzarono, invece, la teoria e la pratica della conquista parlamentare dello Stato.

Dopo la vittoria della Rivoluzione d’ottobre del 1917, Lenin fonda, nel marzo del 1919, l’Internazionale comunista e rilancia la via violenta al potere. Nel 1921 nascono in tutta Europa i partiti comunisti, in Italia il PCd’I, poi PCI. Tuttavia, nonostante le divisioni feroci, comunisti e socialisti condividono il punto essenziale: la centralità dello Stato quale soggetto produttivo ed economico e quale falce che pareggia egualitariamente le erbe del prato. Per comunisti e socialisti la centralità dell’eguaglianza e dello Stato dura fino agli anni ’70 del ‘900.

Essa viene intaccata dalla crisi fiscale, dal costo insopportabile del Welfare state – “dalla culla alla tomba”-, dall’incipiente globalizzazione, dall’indebolimento degli stati nazionali, dall’emergere dell’individualismo di massa e del protagonismo della società civile. Margaret Thatcher nel 1979 e Ronald Reagan nel 1980 sono il motore ideologico della svolta antistatalista, declinata secondo moduli neo-liberali di durezza ottocentesca.

Nella sinistra questo cambio di paradigma culturale e antropologico provocò effetti diversi. I laburisti inglesi, i socialdemocratici tedeschi e scandinavi avviarono una revisione in direzione del primato della libertà e della Welfare society, mentre il sistema degli stati comunisti cadde in frantumi. Nel frattempo il PCI, che pure aveva accettato la via pacifica socialdemocratica alla conquista dello Stato, continuò a mantenere l’idea dello Stato come redistributore della ricchezza e come agente principale di eguaglianza sociale.

L’attuale PD da comunista è diventato vetero – socialdemocratico. Lo Stato è la sua base elettorale: pubblica amministrazione, dipendenti pubblici, pensionati. La confluenza nel PD della sinistra democristiana non ha modificato questo indirizzo, provenendo essa dallo statalismo cattolico fanfaniano – dossettiano. Così, nonostante il precedente vorticoso cambio di sigle – PCI, PCI-PDS, PDS, DS – il PD è bloccato sugli anni ’70. Perciò continua a soccombere persino di fronte al neo-liberalismo sgangherato di Berlusconi. Rimettere la persona libera e responsabile al centro delle politiche – la libertà eguale! – sarebbe il socialismo liberale all’europea. Ma il PD è ancora fermo al vecchio bivio libertà/eguaglianza come l’asino di Buridano. E, proprio come il suddetto asino, è morto.

Giovanni Cominelli

 

 



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