11 maggio 2009

A PROPOSITO DI SICUREZZA. LA GESTIONE DEI CAMPI NOMADI


Faccio parte di un Comitato di quartiere che dal 1998 convive con il più grande insediamento di zingari della città: mi sono fatta una certa esperienza sul campo e ho potuto toccare con mano i guasti delle grida demagogiche e della fuga dalle responsabilità.

Il quartiere ha visto l’occupazione progressiva di un grande terreno di proprietà comunale, di fianco al Cimitero Maggiore – con roulotte, baracche, tende – da parte di ondate successive di Rom, macedoni, bosniaci e, infine, rumeni. Abbiamo assistito al degrado progressivo e veloce del territorio, delle condizioni igieniche e ambientali, ma soprattutto della situazione sociale di queste famiglie. Li abbiamo visti arrivare, dediti all’accattonaggio, al piccolo furto, ma anche disposti a impegnarsi in qualche lavoro, e trasformarsi velocemente in temibili organizzazioni criminali. Furto e riciclaggio di auto, deposito e ricettazione di merce rubata, deposito e spaccio di droga, prostituzione femminile e minorile, fino a diventare il terminale dell’importazione di minorenni dalla Romania, venduti all’asta nel campo per finire sui marciapiedi della città.

Un degrado così veloce e pericoloso nasce dalla combinazione perversa di condizioni ambientali subumane e di totale assenza di regole e controlli. Il territorio occupato si trasforma in una “enclave” extraterritoriale, dove vigono le leggi del clan più forte e gli obiettivi sono la sopravvivenza e il potere che viene dalla prepotenza e dall’arricchimento.

La Polizia è anche intervenuta: abbiamo assistito ad almeno sei sgomberi senza alcun risultato. Sono state spese centinaia di migliaia di euro in interventi spot, in aiuti a pioggia, come tende della Protezione civile, gabinetti chimici, sacchi a pelo, immediatamente rivenduti alla Fiera di Sinigallia. Tutto inutilmente, perché ogni volta, finita la faccia feroce o compassionevole dell’Amministrazione, la situazione tornava come prima., in totale assenza di un chiaro progetto che non fosse l’intervento emergenziale.

La vergogna di Triboniano/Barzaghi ha avuto fine quando l’Assessore Moioli ha deciso di abbandonare l’alternativa “fingo di non vedere/sgombero”, con la creazione di un campo, certamente non bello, ma almeno civile, con fogne, acqua e luce, servizi igienici sufficienti e soprattutto regole di gestione forti, affidate a gestori esperti come don Colmegna e i suoi della Casa della Carità. Gestori che hanno anche un progetto a lungo termine: scolarizzazione obbligatoria dei bambini, avviamento al lavoro per gli adulti e accompagnamento per uscire dal campo e inserirsi in normali case d’abitazione. Questo è il senso del cosiddetto “Patto di socialità e legalità”, firmato dai Rom del campo e criticato da una certa sinistra: abbandonare la politica spot, la demagogia dell’emergenza e intraprendere una strada, magari lunga e difficile, di vera integrazione.

Il tutto non è stato indolore: almeno due milioni di euro per le infrastrutture e un impatto ancora molto pesante sul territorio, perché non si è avuto il coraggio di ridurre le dimensioni del campo, creandone un altro fuori dal quartiere.

Purtroppo, l’Amministrazione Moratti, dopo questo atto di coraggio, ha chiuso l’argomento, abbandonando tutti gli altri campi zingari comunali al loro solito destino.

Il Prefetto, nominato Commissario straordinario dal Governo, si è ben guardato dal fare qualcosa. Ora, sotto la spinta di Penati, si ritorna a parlare del problema zingari, e finalmente (ma durerà?) con la giusta prospettiva: eliminazione progressiva dei campi, incivili, ghettizzanti e criminogeni e realizzazione di una efficace strategia di integrazione.

Il Governo ha promesso dieci milioni di euro da investire sui campi. Se arriveranno davvero, dovremo sorvegliare attentamente che vengano spesi bene e non dispersi a pioggia per i soliti interventi “d’emergenza”.



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