15 maggio 2013

posta dei lettori_15.05.2013


Scrive Ada Lucia De Cesaris (Assessora all’Urbanistica) a LBG – Gentile Direttore, ti prego di segnalare a Jacopo Gardella che ha dedicato tempo e commento a un progetto oggi completamente superato non più oggetto di lacuna ipotesi di attuazione, il disegno di quell’area è ancora tutto da pensare, intanto ci stiamo occupando di bonificare l’area da una contaminazione piuttosto seria. Un’area da tempo tolta all’uso della collettività. A volte vale la pena informarsi prima, soprattutto se si ha la presunzione di informare.

 

Scrivono Andrea Boitani e Marco Ponti ad ArcipelagoMilano – Atm, conti in ordine. Ma con quanti soldi pubblici. Un bell’articolo di Elisabetta Soglio sul Corriere Milano del 29/4/2013 illustra il bilancio Atm 2012. Da cui risulta che i “ricavi da trasporto pubblico locale” sono stati poco più di 737 milioni nel 2012 contro i 705 milioni del 2011. Già questi numeri fanno capire che il bilancio cui ci si riferisce è quello del “gruppo” Atm e comprendono, per esempio, anche i ricavi derivanti dalla gestione della metropolitana di Copenhagen. Quanto si è ricavato nel 2012 per i soli servizi di Milano e hinterland si saprà solo quando il bilancio sarà reso pubblico e si potrà conoscere il dettaglio. Quello che invece i cittadini milanesi e lombardi forse non sapranno mai è quanto Atm costi alla finanza pubblica, quanto cioè delle tasse da loro pagate entra nelle casse di Atm, indipendentemente dal fatto che quei cittadini usino o non usino i mezzi pubblici milanesi. Il contratto “gross cost” tra Comune di Milano e Atm e il fatto che il Comune non imponga una normale (e comprensibile) contabilità regolatoria permettono ad Atm di mettere insieme i ricavi derivanti da biglietti e abbonamenti e i corrispettivi pubblici in quella voce “ricavi da trasporto pubblico locale” che certo non brilla per trasparenza.

Guardando al bilancio 2011 (l’ultimo pubblicato sul sito dell’azienda) con riferimento a Milano e hinterland, Atm ha incassato 622,5 milioni sotto l’opaca voce detta sopra, 18,95 per servizi interurbani e 48,5 sotto la voce Contratto collettivo nazionale di lavoro (risorse dello Stato); totale 690 milioni. Se – come dicono alcune fonti di stampa – gli introiti da biglietti e abbonamenti sono stati circa 340 milioni, i soldi pubblici sono stati 350 milioni (quasi 1 al giorno). Rimane poi da vedere quanti dei 152 milioni di investimenti effettuati siano stati finanziati con soldi pubblici. Se ne conclude che nel 2011 Atm ha assorbito da un minimo di 350 a un massimo di 502 milioni di risorse pubbliche. E magari qualche posta ci è sfuggita.

Crediamo che non rendere disponibili alla cittadinanza queste cifre – sia da parte dell’azienda che da parte dell’azionista-finanziatore – non consenta un franco e acceso dibattito democratico sull’uso delle risorse pubbliche. Viene in mente il titolo italiano di una commedia inglese degli anni ’80: “Purché tutto resti in famiglia” (A small family business, di Alan Ayckbourn). Eppure, i cittadini milanesi hanno votato Pisapia anche perché prometteva trasparenza.

 

Scrive Roberto Ricci a Eugenio Comencini – Mi permetto di fare alcune considerazioni: Il prodotto interno lordo italiano si aggira sui 1600 miliardi di euro, il prelievo totale da parte dello stato tra imposte tasse accise ecc supera gli 800 miliardi di euro. Credo che sia stato superato il punto di rottura, cioè all’aumentare della percentuale della quota di imposta sul valore del bene, il gettito per lo stato non aumenta, anzi può tendere a diminuire, come già avvenuto sui carburanti e non solo, dove a fronte di un aumento di circa 15 centesimi al litro della benzina la raccolta di denaro da parte dello stato è diminuita, perchè il consumo è sceso in misura superiore. Lo stesso discorso può trasferirsi all’IVA come ad altre imposte che aumentano i costi delle merci e le rendono meno facilmente vendibili. Altro esempio la tassa inserita di 5 euro, a Roma e in altre città, per ogni notte in albergo ha provocato aumenti dei costi di pernottamento che, insieme agli aumenti della benzina e dell’IVA, hanno inciso con altri fattori negativamente sul turismo provocando una diminuzione del valore della raccolta delle tasse anziché un loro incremento. Purtroppo non siamo un paese ricco, come alcuni continuano a credere e non possiamo più permetterci di sostenere tutte le spese attuali, sia per i cittadini italiani che verso gli impegni internazionali. Per cui i nostri politici e amministratori devono finalmente diventare statisti: eliminare alcune spese e diminuire le imposte, se non vogliono veder fallire lo stato.

Concordo perfettamente con il sindaco di Cernusco che non è certo dall’IMU che è bene iniziare, ma dalla diminuzione dei costi della macchina statale, dalle missioni militari che non possiamo permetterci, dall’acquisto di aerei da guerra (discutibile anche per altri aspetti) ecc. Anche gli amministratori locali in questi anni si sono distinti spesso per spese assurde come viaggi per gemellaggi, uffici di rappresentanza all’estero assolutamente inutili, numero di dipendenti comunali, provinciali ecc. di gran lunga superiore al bisogno (parlo di alcuni comuni in provincia di Milano, in quanto ne sono a conoscenza). In conclusione, forse non è ancora chiaro che non c’è più margine per altre imposte, ma è ormai obbligo diminuire i costi, anche se ciò comporta una pesante razionalizzazione dei servizi, sino a quando non verrà superata questa fase economica. Superata questa fase recessiva, si dovrà tener presente in futuro l’insegnamento che troppe tasse fermano lo sviluppo e creano un meccanismo perverso di impoverimento generale, ormai sotto gli occhi di tutti.



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