8 maggio 2013

EXPO ULTIMA CHIAMATA


C’è qualcosa di rivelatore nelle parole dei politici, qualcosa che mostra l’intimo sottaciuto pensiero. L’ultimo giro di valzer della politica a proposito di Expo l’abbiamo visto lunedì a Milano con l’arrivo del primo ministro accompagnato dal ministro per le infrastrutture. Hanno garantito il massimo impegno del Governo. Ossia? Nomine, tavoli di concertazione, incontri, impegni a fare in fretta. Creder loro? Mai. Si sarebbe sperato nell’arrivo dei Magi, non tanto per l’incenso, di più per la mirra ma soprattutto per l’oro. Se prima di congedarsi avessero lasciato un assegno sul tavolo staremmo più tranquilli.

Parole da un lato e il rinvio dell’IMU dall’altra: così Milano avrà meno denari per presentarsi decorosamente vestita alla festa del 2 giugno 2015. Ci arriverà con le pezze al culo. Ma veniamo al “sottaciuto”. Il coro Cl (leggasi anche Compagnia delle Opere) l’ha intonato il neosenatore Formigoni – sbarcato da Expo – lamentandosi che nel nuovo assetto della governance di Expo non ci fossero posti per il Pdl. Noi, disse, avevamo condiviso.

Il ministro Lupi, intervistato dal Corriere della Sera non si è lamentato così platealmente e ha detto: è vero non ci siamo direttamente, il Pdl è presente con due ministri in posizioni strategiche. Il Pdl insomma non c’è e si duole per non poter partecipare alla gestione culturale dell’evento? Si duole di non poter imprimere un’impronta di tipo ideologico? Nemmeno per sogno. Si duole probabilmente per non poter partecipare alla gestione dei denari, adesso che è arrivato il vero momento buono. La verità è che questo intento spartitorio sta alla base delle traversie di Expo: non altro.

Riavvolgiamo la cassetta? Correva l’anno 2006. Il Governo Berlusconi decide di presentare la candidatura dell’Italia all’Expo e nel 2008 presenta una proposta di candidatura con un masterplan da far accapponare la pelle. Si rimedia più avanti dando a Stefano Boeri l’incarico di guidare un team di architetti di fama internazionale (Joan Busquets, Richard Burdett, Jacques Herzog, William McDonough) per disegnare un nuovo masterplan ma soprattutto per riempire di contenuti il tema Nutrire il pianeta. Energia per la vita.l’Orto planetario.
Intanto ci sono Stati Generali dell’Expo con messaggio beneaugurante del Presidente Napolitano, presentazioni e il 26 aprile 2010 al Piccolo Teatro ci sono tutti per far festa: Stanca, la Moratti, Formigoni, il ministro Castelli e il parterre delle grandi occasioni. Glisenti nel 2009 si era dimesso e arriva Stanca che dura poco. Ce lo ricordiamo il balletto delle aree? Questioni ideologiche? Culturali? Nel frattempo inizia lo smontaggio del progetto e dell’intera filosofia che lo sosteneva. Brutalmente si passa dall’assillante problema della fame nel modo alla meno ideologica mostra di cucina e ai piatti tipici. La botta finale la da il segretario del Bie Loscertales, quando dice che nessuno verrà a vedere qualcuno che coltiva le melanzane.
Del vecchio masterplan si perdono le tracce e con lui, ma non solo per questo, esce dalla comune Stefano Boeri. Le buone idee camminano sulle gambe degli uomini, le cattive sul denaro, che va più in fretta. Oggi a difendere il difendibile resta solo Claudia Sorlini la preside di Agraria a Milano.
Della vicenda del cosiddetto “Fuori expo” che aveva tanto animato il dibattito in città, cosa resta? Cosa sappiamo di quel che accade tra le mura degli uffici di Expo 2015? Arrivano nuovi Paesi per dirci cosa? Cosa abbiamo chiesto loro? Le ultime vicende riguardano il già discusso concorso di progettazione per il padiglione Italia. Ne parliamo anche noi.
Per finire l’altro ieri arrivano i nostri, che ci invitano e s’invitano a cullare un folle sogno. Dobbiamo seguirli? Ma se sono sempre quelli che ci hanno portati dove siamo! Sono ancora loro il carro di Tespi. L’unico che non ne faceva parte è il sindaco Giuliano Pisapia. È arrivato giusto in tempo per prendersi in mano la patata bollente. Certo che dobbiamo aiutarlo perché non si scotti ma, caro sindaco, tu di lorsignori ti fidi? E noi con te? Forse sì, perché adesso una cosa è certa: manca il tempo per le spartizioni. Almeno quello.

Luca Beltrami Gadola



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