8 maggio 2013

ECONOMIA: C’È TRIPPA PER TUTTI MA NON È GRATIS


“Domenica, 13 settembre 1992. Il presidente del Consiglio, Giuliano Amato, annuncia in tv la svalutazione della lira. Dopo un’intera estate di tensioni e dopo una estenuante, costosa battaglia per difendere il cambio, la moneta italiana perde il 7 per cento del suo valore, frutto di una svalutazione del 3,5 per cento e di una rivalutazione di egual misura di tutte le altre monete europee. La roccaforte della lira si frantuma sotto i colpi della speculazione. Perde il 7% del suo valore ma negozia con i partners, fino a strappare ai tedeschi la promessa di un ribasso dei tassi. L’indomani la Bundesbank agisce. Ma sui mercati le tensioni non si placano.” Elena Polidori, La Repubblica.

“E Amato manovra la ghigliottina. Tasse per 32 mila miliardi (con addizionale IRPEF e minimum tax), spesa bloccata ai livelli 1992. Oggi il consiglio dei ministri, proposte una patrimoniale sulle imprese, blocco della pensione, stop alla assistenza sanitaria gratuita.” Corriere della Sera, 17 settembre 1992.

“Di certo la mossa di Cipro non è nuova: l’11 luglio 1992 il governo tecnico guidato da Giuliano Amato varò un pacchetto di riforme da 30mila miliardi di lire (poco più di 15 miliardi di euro) che comprendeva anche un prelievo forzoso dai conti correnti pari al 6 per mille: lo Stato incassò 5 miliardi (poco più dell’Imu sulla prima casa), ma non bastarono a evitare la svalutazione della lira a settembre di quell’anno e l’uscita dal sistema monetario europeo.” Finanza con Bloomberg, 18 marzo 2013.

Che le cose all’Italia, nonostante l’impasse politica, stiano andando in maniera non negativa si vede dai numeri. Basti pensare che proprio nella settimana che si è appena chiusa, una delle più critiche per l’Italia dalle elezioni del 24 febbraio scorso, il Ftse Mib è stato tra gli indici migliori d’Europa. Anche se si guarda all’andamento da gennaio le cose stanno progressivamente migliorando. Lo stesso spread tra titoli italiani e quelli spagnoli sulla scadenza a 10 anni è sceso progressivamente fino a 11 punti base l’11 marzo scorso per poi risalire alla più tranquillizzante quota di 40 punti base vista venerdì. I motivi di supporto per i mercati sono noti. La rete di salvataggio delle OMT varata dalla Bce (sempre pronta a scattare) è una garanzia difficile da dimenticare.” Luca Davi, Il Sole 24 Ore, 21 aprile 2013.

La garanzia della Bce è il nostro ombrello protettivo. È la differenza più significativa rispetto a vent’anni fa, quando praticammo il prelievo forzoso, sia pure in misura meno sanguinaria rispetto a Cipro. L’Europa garantisce per noi. È un modo semplice e diretto per capire l’importanza della Unione Europea, al netto dei suoi molti e gravi errori, dovuti soprattutto alla mancanza di un governo, in luogo del comitato di premier nazionali attenti soprattutto alla propria rielezione. La Bce è un’istituzione tecnica, ma è effettivamente europea, ed è questo che conta.

In Europa si crea anche lavoro. “Gli azionariati familiari ancora dominanti nella economia tedesca hanno preferito attenuare lo choc accettando una temporanea riduzione dei loro margini e dividendi. In contropartita, la lealtà e la produttività del personale sono aumentate. Sintomatico il caso del produttore di macchine utensili Alfred Schütte di Colonia, che nel 2009, all’apice della recessione, con oltre 700 dipendenti registrò una caduta degli ordinativi di quasi il 90%. Invece di licenziare un personale altamente qualificato, Carl Wecker, imprenditore erede del fondatore, ha preferito rompere un tabù e chiedere, per la prima volta in oltre centotrenta anni di storia aziendale, un prestito bancario. Meno di due anni dopo il volume d’affari è raddoppiato, il prestito rimborsato e il personale fidelizzato al massimo. Sono le centinaia di imprese come la Schütte la forza della industria tedesca e che assicurano il pieno impiego quando il resto d’Europa cammina sull’orlo del baratro.” [Daniel Pinto, Le Choc des capitalismes, Odile Jacob, Paris 2013, pp. 54-5].

Che dire? Non resta che trarne profitto, nel nostro interesse personale e collettivo. Ma sembra che non sappiamo farlo e invece di investire le garanzie le monetizziamo o sprechiamo. Come mai?

È la frenesia del denaro facile, da noi anche ostentata eccitazione sessuale. I soldi resi disponibili ai paesi mediterranei – inclusa ad honorem l’Irlanda – dalla moneta unica con l’abbattimento dei tassi di interesse, ci sono stati subito sottratti con il cambio interno di 1 euro a 1000 lire invece che a 1936,27, da un governo Berlusconi che con Tremonti portò l’imposta di bollo da 1000 lire a 1 euro: fu il via al generalizzato raddoppio dei prezzi non soggetti a concorrenza, da noi quasi tutti, mentre in Francia ancora oggi sugli scontrini i prezzi sono in euro e in franchi. Invece di essere investiti in riforme di sistema, poi, sono finiti in condoni fiscali, eventi, emergenze, leggi ad hoc, Alitalia.

Se in Spagna e in Irlanda la bolla è stata immobiliare, da noi è stata più semplicemente una truffa sui prezzi di merci e servizi correnti, privati e pubblici. L’hanno fatto milioni di italiani, a danno di altri milioni; molti vorrebbero imitarli, altri si accontentano di ammirarli. Chi cerca i motivi della nostra profonda divisione sociale e politica, esplosa nelle ultime elezioni e successive vicende, non deve andare lontano. Mors tua vita mea, purtroppo non solo metaforicamente dati i crescenti suicidi registrati in questi tempi di crisi e a causa della crisi, a quanto si capisce.

È questione di soldi, ma anche di cultura, di saper fare. Il culto del denaro al governo ha lo stesso effetto del sacco di Roma ad opera dei lanzichenecchi. Da decenni tagliamo i fondi alla scuola, alla ricerca, ai beni culturali, alla cultura. È come scaldarsi bruciando quadri d’autore e biblioteche rare. Crolla Pompei, rovina il Colosseo, si progetta il ponte di Messina, ma il nuovo che avanza svanisce, come il ponte, insieme al vecchio.

Chi è fuori – un amico, moderato, giorni fa a Parigi – vede un’Italia profondamente, estesamente corrotta. Non è un giudizio, è una diagnosi non solo politica, e viene (francesi, ma anche inglesi e tedeschi) da paesi capaci di fare barriera politica alla malavita organizzata e, perciò, di pensare e agire insieme, mentre noi siamo avvitati su interessi e calcoli individuali, sempre più criminali. La corruzione non si limita a fare circolare soldi sporchi, agisce soprattutto con la violenza e il ricatto, molto meno costosi, molto più efficaci. Basata sul principio che nessuno si fida di nessuno, quando penetra in un sistema lo svuota, cercando di salvare la facciata. Ecco perché non esiste il sistema Italia. Ecco perché una società attenta e coesa può tenere a bada la corruzione e, se non lo fa, è perché non ne ha i mezzi culturali o non vuole, chi sa mai. Come Vespasiano, pensiamo che i soldi non puzzano ma dobbiamo convivere con corruzione, violenza, ricatti.

Prima o poi dovremo ricostruire un sistema di relazioni fiduciarie, corrette, legali, a partire magari dalla scelta di parlamentari che hanno la fiducia di chi li elegge perché li conosce e stima, non solo sul web. È un buon uso della garanzia europea, oltre a lavorare alla edificazione degli Stati Uniti di Europa. Primo fondamentale passo è pensare e progettare bene, come quando cuciniamo.

Intanto, per questa precaria Italia la buona notizia è che c’è ancora trippa per i gatti, poca. Quella cattiva è che non è più gratis, anzi. L’Europa può fornirla e deciderà per noi. Buon lavoro.

 

Giuseppe Gario

 

 



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