17 aprile 2013

sipario


 

GIORNI FELICI

di Samuel Beckett traduzione di Carlo Fruttero

Regia Lorenzo Loris

Con Elena Callegari

Scena Daniela Gardinazzi Costumi Nicoletta Ceccolini Luci Luca Siola

 

“Contro la veduta del mondo in quanto opera riuscita di un essere onnisciente, infinitamente buono e per di più onnipotente, grida da un lato troppo forte la miseria di cui il mondo è pieno, e dall’altro l’evidente imperfezione, anzi buffonesca deformità, della più perfetta delle sue apparenze, quella umana”, scrive Schopenhauer in un passo di Parerga e Paralipomena presente nella biblioteca di Samuel Beckett e sottolineato dall’autore. Lo stesso Beckett afferma che “la speranza è lo stato d’animo infernale per eccellenza”. In Winnie, la protagonista di Giorni Felici, emerge tutta la buffonesca deformità della speranza umana.

Se Nell in Finale di partita, dall’interno del cassonetto dell’immondizia da cui non esce mai, afferma “non c’è niente di più comico dell’infelicità”, Winnie – all’opposto – incarna la tragedia del naturale desiderio di tendere alla felicità. La donna è sola col marito Willie in un deserto, bloccata in un cumulo di sabbia dalla vita in giù, impossibilitata a dormire e con pochissimi movimenti da compiere, ma nonostante tutto insiste nel cercare gioie nelle piccole attività che compie: si mette e si toglie gli occhiali, si spazzola i capelli, cerca qualche oggetto nella sua borsa, parla col marito che la maggior parte delle volte non le risponde, parla da sola, pensa al passato, poi di nuovo si mette e si toglie gli occhiali, quasi in loop, in attesa che arrivi il momento di cantare la “sua canzone”, attività che corrisponderà (in una situazione temporale in cui il sole non cala mai) con la fine della sua giornata. La felicità di Winnie risulta comica come l’infelicità di Nell, in quanto è paradossale rispetto al contesto che addirittura, nel secondo atto, peggiora, visto che Winnie si trova immersa nella sabbia dal collo in giù; ma anche qui, nonostante abbia perso l’uso delle braccia (e quindi si trovi costretta a rinunciare a gran parte di quelle che erano state le sue attività fino a quel momento) e non riesca più a muovere la testa, la donna continua ad affermare che “questo sarà un giorno felice”.

Lorenzo Loris torna a mettere in scena Beckett, dopo Finale di partita e Aspettando Godot, e lo fa affidando il ruolo di protagonista a Elena Callegari, collaboratrice storica del regista e già vista nelle ultime due stagioni all’Out Off nei panni della Gilda del Mac Mahon e dell’Adalgisa, che affronta il personaggio di Winnie lavorando molto sulla voce, sullo sguardo e sulla gestualità, e affidando alla forma il compito di trasmettere la tremenda sofferenza del voler essere felici.

Nella scena il cumulo di sabbia è sostituito da un disco di metallo che (oltre a diventare lo schermo delle immancabili proiezioni video di Loris) rende l’ambientazione più post-industriale; ricorda Aspettando Godot, in quello che sembra essere un interessante tentativo di ri-ambientare il deserto a-storico di Beckett in un possibile deserto contemporaneo in cui il metallo, il cemento e le rovine hanno occupato il posto degli alberi e della sabbia.

Aspettiamo L’ultimo nastro di Krapp, per chiudere la quadrilogia dei testi più noti di Beckett messi in scena da Loris.

Teatro Out Off dal 3 al 14 aprile

Emanuele Aldrovandi

 

In scena

Al Piccolo Teatro Strehler fino al 24 aprile Odyssey di Simon Armitage, regia di Bob Wilson.

Al Teatro Elfo Puccini fino al 21 aprile Nel buio dell’america – dissonanze, di Joyce Carol Oates, regia di Francesco Frongia.

Al Teatro Menotti fino al 21 aprile Otello di William Shakespeare, regia di Massimo Navone.

 

 

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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