17 aprile 2013

arte


 

ITINERARIO NON RAGIONATO DI UN FUORISALONE

Nella settimana appena terminata molte sono state le iniziative coinvolte nel celebre Fuorisalone milanese.

Per vedere/partecipare a tutte ci sarebbe voluto decisamente più che una settimana, soprattutto se nel frattempo si portava avanti una normale vita lavorativa, ed ecco perché fondamentale era scegliere. Un po’ per caso, un po’ per interesse, un po’ seguendo l’intuito.

Si inizia con via Tortona. Tappa obbligatissima e difficoltosa vista la presenza di un flusso costante di visitatori e vacanzieri che impedivano di vedere gli showroom e i cortili della via. Superati con grande forza di volontà le folle di turisti, i ragazzi armati di Reflex, le biciclette, le hostess e i loro gadget, si poteva infine arrivare a vedere il Temporary Museum for New Design, situato al Superstudio Più, con prodotti e prototipi di varie marche, dagli immancabili svedesi ai giapponesi, per la futura casa del domani; ci si poteva fermare all’Opificio 31, luogo dedicato ad attività artigianali, per Design in Progress: 10 brand giovani, un mix di stili e prodotti che spazia dall’artigianato colto alla piccola produzione industriale di arredi, lampade, gioielli, accessori. Passando per innumerevoli spazi e negozi ecco che, sfiniti dalla fatica, poteva capitare di avventurarsi anche in Food Experience Mondadori, con assaggini, showcooking con rinomati chef e finalmente un posto per sedersi.

Neanche lontanamente esaurita la zona di via Tortona, ecco che quest’anno un polo interessante si è rivelato Brera, con Brera Design District. 90 eventi tra mostre, party e installazioni site specific
nella zona forse più deputata all’arte di tutta la città, con anche due percorsi che hanno voluto puntare sulle eccellenze del quartiere: Food tour tra i ristoranti dell’area, e un viaggio tra le
Botteghe Artigianali di Brera, realizzato col supporto dell’Unione Artigiani. Brera si gusta meglio verso il tardo pomeriggio, pedalando tra gli edifici storici e con un occhio vigile ai mille passanti che passano da un bar, a una galleria a uno spazio illuminato all’altro.

L’altro luogo istituzionale, e denso di significati è sempre l’Università degli Studi, che come ogni anno ospita una selezione interessante di design, arte e architettura. Il tema di quest’anno era Hybrid, architecture& design, dedicato al metissage, ovvero l’incontro tra diverse culture e tecnologie, capaci di risolvere i problemi contemporanei in forme nuove. Influenze reciproche di oggetti e architetture, a volte un po’ enigmatiche, che dovrebbero facilitarci, o renderci più bella, la vita. Nel Cortile d’onore le installazioni maggiori, con vasche di marmo, pergolati in legno, scale luminose, padiglioni cubici e vetrate che danno sull’edifico del Filarete.

Nel loggiato al primo piano invece 40 prototipi creati da designer under 35, realizzati da aziende lombarde espongono arredi urbani, per distretti pubblici e commerciali. Nel Cortile del 700 i mastodontici blocchi di marmo di Steven Holl dialogano sorprendentemente con il cortile rinascimentale, mentre in quella della Farmacia, suggestivo, dopo aver varcato due soglie fatte come tunnel di rossetti vuoti, si arriva all’House of senses, installazione visiva e sonora di grande impatto firmata Studio Azzurro.

Una volta arrivati in Duomo si poteva poi approfittare dell’ingresso gratuito ai Museo Civici, tra cui quello del 900. Oltre alla bella mostra delle stampe di Warhol, all’interno del Museo, tra una stanza e l’altra, ci si poteva sedere su Sit-in, una serie di sedute di design messe lì appositamente per dialogare con le opere di arte contemporanea del quarto piano. Nella sala della Pittura analitica c’era Le Corbousier, in collaborazione con Cassina, con degli sgabelli assomiglianti a cassette di legno; c’erano i famigerati gnomi di Philippe Stark nella sala Pop, e tra gli altri, di una inaspettata comodità, erano le sedute Soft Bench di Daniele Lago.

Un’ultima grande tappa è mancata nel mio itinerario di questa settimana: la modernissima, e un po’ fuori mano, zona di Ventura Lambrate. Eventi, mostre, loft, capannoni, esposizioni di nicchia per giovani designer. C’era tutto questo. L’anno prossimo prenderò anch’io una settimana di ferie.

Hybrid, archtecture&design-Università degli Studi – Dal 15 al 21 aprile, tutti i giorni dalle 8 alle 21. Ingresso libero.

 

 

LA LIBERTÀ DAL DOPOGUERRA A OGGI

Che cosa significa libertà oggi? Com’è cambiato questo vocabolo dall’Illuminismo alle tragedie socio-politiche che hanno accompagnato la seconda metà del Novecento? C’è ancora posto per una libertà artistica che sia azione concreta? Che cosa potrebbe significare oggi questa parola letta da artisti europei diversi tra loro per età, percorso, Paese e storia politica?

Queste risposte prova a darle Desire for freedom. Arte in Europa dal 1945, mostra collettiva che affronta l’idea di libertà in Europa dal dopoguerra in avanti, attraverso 200 opere d’arte che esprimono il pensiero e le creazioni di 94 artisti contemporanei provenienti da 27 diversi Paesi europei. Realizzato su iniziativa del Consiglio d’Europa e con il sostegno finanziario della Commissione europea, il progetto è frutto della collaborazione internazionale di 36 Paesi membri del Consiglio stesso, che hanno coinvolto artisti, studiosi, curatori, musei, gallerie e importanti collezionisti privati.

Il progetto nasce con l’obiettivo di superare la visione di un’Europa del dopoguerra come teatro dell’ostilità tra due blocchi di potere contrapposti, assumendo invece come punto di partenza l’idea che entrambe le parti affondino le radici comuni nell’Illuminismo e nei suoi valori: ragione, libertà, giustizia, uguaglianza. Il percorso non ha un senso cronologico o geografico, ma si apre invece con un percorso circolare (reso ancora più arduo dalle labirintiche sale e corridoi di Palazzo Reale), che si sviluppa in 12 sezioni, ognuna dedicata a un tema.

Si inizia con il Tribunale della Ragione, in nome della quale spesso sono state commesse le peggiori violazioni dei diritti dell’uomo e sul cui ruolo gli artisti si interrogano; si prosegue con le utopie in La rivoluzione siamo noi, ispirata all’opera omonima di Joseph Beuys del 1972; la terza tappa è il Viaggio nel paese delle meraviglie, che racconta la capacità dell’arte di riscrivere la narrazione e la storia, ridefinendo anche la nostra coscienza storica collettiva.

In Terrore e tenebre l’arte mette il visitatore di fronte al regime del terrore e alla violenza delle torture che arrivano a privare la società dei principi di fratellanza e solidarietà. Con Realismo della Politica l’arte misura il ruolo dell’azione politica nel bilanciare gli interessi della società civile e la sua capacità (o incapacità) di risolvere i conflitti pacificamente; mentre la Libertà sotto assedio, dimostra la fragilità di questa parola, colpita ieri come oggi da orrori e violazioni dei diritti umani.

In 99 Cent gli artisti si confrontano con il difficile rapporto tra la vita incentrata su valori immateriali e la spinta verso il consumismo che pervade la nostra società, a discapito di tutto, come raccontano le grandi fotografie di Andreas Gursky. Con Cent’anni gli artisti fanno riferimento all’eternità per ridimensionare il presente e sottolineare l’importanza della cura dell’ambiente e delle risorse che ci circondano, legandosi alla sezione precedente.

Il rapporto dell’arte con il concetto dell’abitazione, fonte di sicurezza e riparo ma anche canale di comunicazione con l’esterno, è invece il nucleo di Mondi di vita; così come L’altro Luogo, al contrario, analizza i mondi creati dall’arte come vie di fuga, nuovi orizzonti possibili in opposizione a ciò che ci circonda. Esperienza di sé e del limite entra nel merito della conoscenza dei propri limiti e dei confini tra sé e l’altro, cercando di definire cosa ci rende umani e come vorremmo essere nel prossimo futuro. Con Il mondo nella testa la mostra chiude il cerchio testimoniando come la fonte delle nostre idee, Ragione compresa, e della conoscenza della realtà è e rimane anche per l’artista la nostra mente.

Le opere in mostra serviranno quindi a mostrare la visione di ciascun artista sul tema e a rispondere agli interrogativi connessi al tema della libertà individuale e collettiva, che è poi un invito più ampio a riflettere sul senso stesso dell’arte in un’epoca così travagliata. I nomi sono quelli di alcuni grandi protagonisti degli ultimi decenni, come Gerhard Richter, Mario Merz, Christo, Richard Hamilton, Niki de Saint Phalle, Alberto Giacometti, Damien Hirst, Arman, Jannis Kounellis, Yves Klein, Emilio Vedova e molti altri.

Desire for freedom. Arte in Europa dal 1945 – Palazzo Reale, fino al 2 giugno. Orari: Lun: 14-30-19.30, Mar-Dom: 9.30-19.30, Giov e Sab: 9.30-22.30. Biglietti: € 9,50/ 6,50 comprensivi di audioguida

 

 

I TRE CROCIFISSI DI FOPPA

Dal 19 marzo il Museo Diocesano ospita un dipinto prezioso, proveniente dall’Accademia Carrara di Bergamo, e ben adatto alla imminente Pasqua: I Tre Crocifissi di Vincenzo Foppa. L’opera, data generalmente dalla critica al 1456, è stata invece attualmente riletta al 1450, come sembrerebbe essere scritto sui parapetti marmorei che circondano la scena, e farebbe dunque diventare questa tavola, fatta per la devozione privata, un importante anticipo sull’evoluzione del gusto artistico in Lombardia.

Vincenzo Foppa, bresciano, artista innovativo che ha lavorato anche per gli Sforza tra Milano e Pavia, in questa tavola, il cui committente ci rimane ignoto, ha creato una scena sacra che va oltre le abituali visioni del fatto, e anzi aggiunge un clima di reale sospensione, rendendolo quasi una scena quotidiana e umana.

Affidandosi ai Vangeli sinottici, lascia il Cristo abbandonato a se stesso, senza le pie donne o san Giovanni, generalmente rappresentati, ma solo circondato dai terribili due ladroni. Composto quello di sinistra, colui che alla fine credette, con una posa ritorta e disperata quello di destra, tormentato nel fisico e nell’espressione, pressato da un demonio sopra la sua croce.

Quello che colpisce davvero è la tridimensionalità dei corpi, che riprendono sfacciatamente le novità padovane di Donatello, costruiti con un gioco di chiaroscuri decisamente in anticipo sui tempi. E in effetti la cultura figurativa di Foppa sembra essere davvero di ascendenza veneta: c’è memoria non solo dello Squarcione, maestro di Andrea Mantegna, ma anche e soprattutto di Jacopo Bellini e dei suoi disegni, nel monumentale arco che inquadra la scena e nelle teste di antichi imperatori romani.

Altra interessante notazione è sull’uso della prospettiva. Una prospettiva che fa emergere i corpi, in particolare quello del Cristo, che sembra quasi arrivare a toccare la cima dell’arco, e che si impone subito agli occhi dello spettatore. Una prospettiva però ritenuta per alcuni anni anche “sbagliata”, come può sembrare se si osserva il paesaggio sullo sfondo, ancora bidimensionale e favolistico, di gusto ancora tardogotico, e per il quale si è proposto un confronto con il nome di Gentile da Fabriano. In realtà la tavola si avvale di una doppia prospettiva, che oltre a creare le diagonali delle croci, ha anche un punto di fuga rialzato, pensato per una visione dal basso da parte del fedele, che avrebbe dovuto meditare, inginocchiato, davanti ai Sacri Misteri.

Ecco perché la datazione diventa fondamentale. Anticipando al 1450 l’opera, si può rendere meglio l’idea della precocità delle invenzioni foppesche, facendolo rientrare nel clima artistico padovano e non ancora in quello mantegnesco. Foppa fu un grande maestro del Rinascimento lombardo, cosa che si può vedere anche grazie agli affreschi della Cappella Portinari (1464 – 1468), presso la chiesa di Sant’Eustorgio, attigua al complesso del Museo Diocesano.

Vincenzo Foppa. I tre crocifissi, Museo Diocesano, corso di Porta Ticinese 95, fino al 2 giugno, orari: mar-dom: 10.00-18.00. La biglietteria chiude alle ore 17.30 Biglietti: martedì: € 4.00, intero: € 8.00 ; ridotto: € 5.00

 

 

UNA APP PER LA MILANO DI COSTANTINO

Il Museo Diocesano, ideatore della mostra Costantino 313 d.C., insieme a Midapp, col contributo di Regione Lombardia, ha da poco presentato una APP davvero interessante relativa a Costantino e alla Milano del tempo. Basta cercare negli app store di Android o IPhone la dicitura “la Milano di Costantino” per avere gratuitamente una app ricca di informazioni e contenuti, che permetterà un viaggio nel tempo, nel IV sec d.C., per conoscere meglio i luoghi della Milano romana.

Milano fu la città dell’Editto di tolleranza, sede imperiale dal 286 d.C. e crocevia di traffici, imperatori ed eserciti. L’app “La Milano di Costantino” permette di rivivere, area per area, i luoghi più significativi della città antica. Si inizia con una mappa interattiva di Milano, che sovrappone la cartografia attuale (basata su dati Open Street Map) alla pianta delle aree archeologiche del tempo, con la segnalazione di numerosi luoghi d’interesse.

Tre sono gli itinerari che si possono percorrere e che permettono di scoprire venticinque luoghi d’interesse, corredati da schede ricche di informazioni, orari di apertura, contatti e approfondimenti. Il primo, dal titolo Milano al tempo di Costantino fa conoscere, attraverso resti archeologici, la Mediolanum romana: il Foro, il teatro, il circo, le terme, il mausoleo imperiale ecc.

Con il secondo itinerario, Le basiliche cristiane, si scoprono i primi edifici di culto cristiano eretti dopo l’Editto di Milano per volere di Costantino, dei suoi successori e di Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, come San Nazaro, san Simpliciano, il complesso episcopale e altre. Il terzo, Costantino ed Elena nella memoria di Milano, propone un percorso insolito sulle tracce di monumenti e dediche voluti dai cittadini milanesi in ricordo dell’imperatore e della sua storia.

I contenuti dell’app sono visibili anche off line, senza accesso a internet. Con il GPS invece, camminando per la città si potranno facilmente localizzare i luoghi d’interesse intorno a sé con l’indicazione della direzione e della distanza. Un’utile aiuto per conoscere Milano antica e integrare meglio i luoghi e i reperti presentati alla mostra di Palazzo Reale, prolungata fino al 24 marzo.

 

 

LEONARDO E LE MACCHINE RICOSTRUITE

Come faceva Leonardo Da Vinci a progettare le sue macchine volanti? Potevano davvero volare? Che cos’era il famoso Leone Meccanico? Perché non venne mai portato a termine il colossale monumento equestre di Francesco Sforza? Queste sono solo alcune delle domande che potranno avere risposta grazie all’innovativa – e unica nel suo genere – mostra che si è appena aperta in una location d’eccezione: gli Appartamenti del Re nella Galleria Vittorio Emanuele.

Tutto nasce dall’idea di tre studiosi ed esperti, Mario Taddei, Edoardo Zanon e Massimilano Lisa, che hanno saputo mettere insieme e creare un centro studi e ricerca dedicato a Leonardo, alle sue invenzioni e alla sua attività, con risultati sorprendenti sia sul fronte delle esposizioni, sia su quello della divulgazione.

Leonardo3 (L3) è parte di un progetto più ampio, di un innovativo centro di ricerca la cui missione è quella di studiare, interpretare e rendere fruibili al grande pubblico i beni culturali, impiegando metodologie e tecnologie all’avanguardia. Sia i laboratori di ricerca sia tutte le produzioni L3 (modelli fisici e tridimensionali, libri, supporti multimediali, documentari, mostre e musei) sono dedicati all’opera di Leonardo da Vinci. E i risultati sono stati straordinari: L3 ha realizzato il primo prototipo funzionante al mondo dell’Automobile di Leonardo, hanno ricostruito il Grande Nibbio e la Clavi-Viola, il primo modello fisico della Bombarda Multipla, il primo vero modello del Pipistrello Meccanico, il Leone Meccanico e il Cavaliere Robot, oltre a interpretazioni virtuali e fisiche inedite di innumerevoli altre macchine del genio vinciano.

Non solo macchine però. Fondamentali per la riscoperta e la creazione dei prototipi sono stati i tanti codici leonardeschi, tra cui il famoso Codice Atlantico interamente digitalizzato, così come il Codice del Volo, presentato in Alta Definizione, in cui ogni singolo elemento è interattivo. E queste tecnologie diventeranno, in futuro, sempre più utili per studiare manoscritti antichi e fragilissimi, come i diversi Codici e taccuini, già molto rovinati dall’usura e dal passare dei secoli.

Una mostra che divertirà grandi e bambini, che potranno toccare con mano le macchine e i modellini ricostruiti, testarsi sui touch screen per comporre, sezionare o vedere nel dettaglio, tramite le ricostruzioni 3D, i vari pezzi delle macchine di Leonardo, far suonare la Clavi-Viola e costruire, davvero, un mini ponte autoportante.

Una delle ultime sezioni è poi dedicata ai dipinti di Leonardo, su tutti la famosa Ultima Cena. Una ricostruzione digitale e una prospettica permettono di ricostruirne strutture e ambienti, di capirne perché Leonardo “sbagliò” di proposito la prospettiva e di approfondire alcuni dettagli. I modelli sono stati costruiti rispettando rigidamente il progetto originale di Leonardo contenuto nei manoscritti composti da migliaia di pagine, appunti e disegni. Il visitatore avrà anche la possibilità di leggere i testi di Leonardo “invertendo” la sua tipica modalità di scrittura inversa (da destra a sinistra).

L3 si è già fatto conoscere nel mondo, le mostre sono state visitate da centinaia di migliaia di persone in città e Paesi come Torino, Livorno, Vigevano, Tokyo, Chicago, New York, Philadelphia, Qatar, Arabia Saudita e Brasile. Occasione imperdibile.

Leonardo3 – Il Mondo di Leonardo -piazza della Scala, ingresso Galleria Vittorio Emanuele II, fino al 31 luglio, orari: tutti i giorni dalle ore 10:00 alle ore 23:00, biglietti: € 12 intero, € 11 studenti e riduzioni, € 10 gruppi, € 9 bambini e ragazzi, € 6 gruppi scolastici.

 

 

MODIGLIANI, SOUTINE E LA COLLEZIONE NETTER

Di Modigliani si è detto e scritto di tutto. A iniziare dal suo soprannome, Modì, gioco di parole tra il suo cognome e l’espressione peintre maudit, il pittore folle. Si sa della sua dipendenza cronica da alcol e droghe, si sa del suo grande amore, l’eterea Jeanne, si sa della loro tragica fine.

Esponente di rilievo della cosiddetta Scuola di Parigi, Modigliani ha davvero segnato un’epoca, pur nella sua breve esistenza, influenzando artisti e generazioni future. Un artista incompreso, come molti altri all’inizio della carriera, e che potè sopravvivere soprattutto grazie all’aiuto di generosi e lungimiranti mecenati. Dopo Paul Alexandre e Paul Guillaume, entra in gioco un collezionista atipico, schivo e riservato, che aiuterà Modì nei suoi anni più cruciali: Jonas Netter.

Industriale ebreo emigrato a Parigi, Netter negli anni riuscirà a mettere insieme una straordinaria collezione di opere d’arte, più di duemila, scegliendo gli artisti più promettenti e interessanti, affidandosi al suo gusto personale ma anche a quello di un uomo completamente diverso da lui per stile di vita e carattere, Leopold Zborowski. Polacco, arriva a Parigi nel 1914 insieme alla moglie, per tentare la carriera artistica. La ville lumière lo trasformerà invece, a suo dire, in poeta. E in un mercante. Grazie alle conoscenze e alle frequentazioni dei caffè e dei locali di Montparnasse, Zborowski conosce e frequenta gli studi degli artisti più talentuosi, e poveri, che stipendia e compra per Netter, con il quale aveva precisi rapporti commerciali. Un sodalizio lungo più di un decennio, interrotto in brusco modo nel 1929, e che condurrà Netter ad avere 50 dipinti di Modigliani, 86 Soutine e 100 Utrillo.

Ed è proprio Maurice Utrillo, figlio della ex modella e pittrice Suzanne Valadon, a essere stato il grande amore di Netter. In mostra molti paesaggi, declinati nei diversi periodi e momenti della sua vita. La precoce dipendenza di Utrillo dall’alcol non gli ha impedito di lavorare tantissimo, a scopo terapeutico, e di ispirarsi alla pittura impressionista, soprattutto di Pissarro. Netter amava i suoi artisti come dei figli, sostenendoli in ogni modo: pagava stipendi, studi e materiali, pagava anche alcol e cliniche di disintossicazione.

Ma in realtà la collezione è molto variegata. Oltre agli artisti maledetti per eccellenza, Modì e Soutine -con i suoi paesaggi espressionisti e i materici “quarti di bue”- presenta anche fauve come Derain con le fondamentali Grandi bagnanti del 1908, e de Vlaminck; molte opere di Suzanne Valadon, il neoplasticista Helion, Kisling, Kikoine, Kremegne e altri artisti dell’Est- e non solo- scappati da una vita di miseria per approdare a Parigi, città ricca di promesse, di collezionisti e simbolo, con Montmartre, Montparnasse e i loro caffè, di una vita bohemien e ribelle.

Certo non tutto è al livello delle opere di Modigliani, sono presenti anche pittori minori e nomi forse poco conosciuti. Ma d’altra parte la collezione è il frutto del gusto e dell’estetica personale di Netter, che ha saputo riunire tutti quegli artisti, diversi per storia, cultura e Paese, e che hanno segnato la storia dell’arte europea.

Dice il curatore, Marc Restellini: “Questi spiriti tormentati si esprimono in una pittura che si nutre di disperazione. In definitiva, la loro arte non è polacca, bulgara, russa, italiana o francese, ma assolutamente originale; semplicemente, è a Parigi che tutti hanno trovato i mezzi espressivi che meglio traducevano la visione, la sensualità e i sogni propri a ciascuno di loro. Quegli anni corrispondono a un periodo d’emancipazione e di fermento che ha pochi eguali nella storia dell’arte“.

Di Jonas Netter, uomo nell’ombra, oggi non rimane quasi niente, solo un suo ritratto fatto da Moise Kisling e qualche lettera. La sua eredità più grande sono senza dubbio le opere d’arte che oggi, dopo più di settanta anni, tornano a essere esposte insieme per ricreare una delle epoche d’oro della pittura europea.

Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti – Palazzo Reale, fino all’8 Settembre 2013 – Orari: Lunedì: 14-30 – 19.30. Dal martedì alla domenica: 9.30-19.30. Giovedì e sabato: 9.30-22.30 – Costo: Intero 9 euro, ridotto 7,50 euro.

 

 

LE MOSTRE DEL 2013. MILANO SI RISVEGLIA?

Nuovo anno, nuove mostre. Dopo il clamoroso successo della retrospettiva su Picasso, che è stata la mostra più visitata d’Italia e che ha regalato numeri da capogiro in termini di biglietti staccati, si pensa già alle nuove iniziative.

Ancora da vedere, fino a marzo, è la bella mostra di Costantino 313 d.C., sempre a Palazzo Reale, sede che ospiterà anche, a partire dal 21 febbraio, un altro gigante della pittura: Modigliani.

E infatti la mostra dal titolo “Modigliani e gli artisti di Montparnasse: la collezione Jonas Netter“, racconterà la vita, le opere, l’arte e le passioni di Modigliani, livornese ma parigino d’adozione, e dei tanti artisti che con lui hanno condiviso gli anni della Parigi, difficile, affascinante, vivissima, di inizio secolo.

Sempre a Palazzo Reale, in autunno, è prevista una mostra che non mancherà di affascinare e stupire: protagonista sarà August Rodin, l’artista del Pensatore, con una mostra monografica in cui verranno presentati, per la prima volta in Italia, sculture e opere per lo più in marmo.

Il programma espositivo dell’anno è molto ricco, con nomi, come si è visto, di grande richiamo. Continuiamo proprio con Palazzo Reale e le sue mostre più importanti.

A fine gennaio aprirà “Il vero e il falso“, mostra che propone un viaggio sul fenomeno della falsificazione nel mondo dell’arte, a cura della Guardia di Finanza, mentre in febbraio ci sarà invece una piacevole sorpresa per gli appassionati di Bob Dylan: verranno infatti esposti 22 dipinti creati dal musicista-artista, che da anni si diletta anche di pittura. A cura di Francesco Bonami è intitolata “The New Orleans Series“.

L’arte contemporanea prende ancora il sopravvento, con la mostra “The desire for freedom. Arte in Europa dal 1945“. Nata dalla collaborazione tra Milano e prestigiosi musei europei, l’esposizione racconta l’evoluzione dell’arte e dei suoi temi dal ’45 a oggi, attraverso oltre 100 lavori di grandi artisti contemporanei come Daniel Hirst, Richter e Merz.

A giugno entra in gioco la fotografia. Quasi 1000 fotografie provenienti dal prestigioso Moderna Museet di Stoccolma, racconteranno la storia della fotografia a partire dal 1840 fino ad oggi.

Da ottobre in poi la stagione riprenderà con grande vigore con due super mostre. La prima si intitolerà “Da Pollock alla Pop Art“, e proporrà ai visitatori niente meno che le prestigiose opere degli Espressionisti Astratti americani conservate presso il Whitney Museum di New York, concentrandosi sugli artisti più influenti e importanti, coprendo un arco di tempo che va dalla fine degli anni Quaranta ai primi anni Sessanta: da Jackson Pollock – protagonista indiscusso – a Willem de Kooning, Mark Rothko, Franz Kline e Barnett Newman.

Se questo non bastasse, ecco arrivare anche una retrospettiva sull’italiano Piero Manzoni, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa.

Per gli appassionati della pittura più tradizionale ci sarà invece la possibilità di visitare la mostra su Bernardino Luini, pittore lombardo leonardesco, a cui sarà dedicata una mostra “autoctona”, curata dal Comune di Milano e dalla Pinacoteca di Brera.

Anche il PAC farà la sua parte, con le mostre di Jeff Wall, artista canadese considerato uno dei più influenti fotografi contemporanei (a marzo), e di Adrian Paci (a ottobre), artista albanese di grande successo internazionale.

Non poteva mancare anche il Museo del 900, che ad aprile propone il nome di un artista intramontabile: Andy Warhol. Non pitture, film o fotografie, ma stampe, relative ai più celebri nuclei e soggetti dell’artista, protagonista della Pop art americana.

La GAM di via Palestro invece punta su artista “di casa”, Medardo Rosso. Un’occasione per presentare le nuove sale della galleria, aperte dal prossimo autunno, in cui verrà risistemato e riqualificato il più importante nucleo di opere al mondo di questo artista.

Ci fermiamo qui, ma il programma è in realtà molto più vasto e sviluppato su quasi tutte le sedi museali milanesi, dal Castello, al Museo del Fumetto, all’Archeologico, alla Rotonda della Besana.

Un programma vario e ricco, sintomo di una rinnovata attenzione verso l’arte e le sue manifestazioni.

 

 

 

questa rubrica è a cura di Virginia Colombo

rubriche@arcipelagomilano.org


 



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