9 aprile 2013

Scrivono vari – 10.04.2013


Scrive Mario Saccone a Walter Marossi – Credo che l’articolo di Marossi imponga qualche precisazione. L’articolo è interessante. Individua esaurientemente le scuse standard della sinistra per le sue sconfitte e in particolare, finalmente, la madre di tutte le scuse e cioè, cito nella versione che lui giustamente definisce ruspante, il “sono tutti stronzi si meritano Berlusconi“. Questa versione in realtà si adatta a tutta la sinistra partitica e associazionista italiana da Giustizia e Libertà a SEL e al PD e ne dimostra l’intima natura reazionaria e conservatrice. Come bene faceva notare Perry Anderson qualche anno fa nel suo articolo sul PC “Una sinistra invertebrata” questa ha di fatto raccolto l’eredità della cultura (piccolo) borghese italiana, tutta parole e retorica e niente sostanza.

Ma l’apporto più importante di Marossi è l’aver rivelato, suo malgrado, la scusa n. 14, che è la sua tesi che cito letteralmente “il centrosinistra é una coalizione illuminista che crede ancora di essere avanguardia e di avere il compito di educare, che non ha ancora letto Le bon a più di un secolo dalla pubblicazione della Psicologia delle folle; che ha il mito dello scientifico e l’orrore dell’emotivo o irrazionale. (…) Forse se invece di guardare alla scientificità ci si fosse artigianalmente impegnati a trattenere il partito dei Pensionati che era nella coalizione nel 2010 e nel 2005 e che elegge un consigliere regionale dal 1990, e non si fossero respinti i Radicali incomprensibilmente tenuti fuori dalla coalizione quando solo con Pisapia a Milano avevano portato 1,7% qualche chance in più c’era.”

Se qualcuno riesce a capire dove siano l’illuminismo e la scientificità a cui avrebbe guardato il centrosinistra, sono disposto a pagargli una cena. Ma temo che Marossi esprima lui stesso in modo esemplare proprio l'”ignoranza” della sinistra. La sinistra non sa nulla di scienza, né di scienze esatte né di scienze umane, non sa nulla di economia, di statistica, di sociologia, di storia. Non ha mai pensato che per definire una linea economica non ci vuole un congresso, ma il lavoro di economisti, di sociologi che analizzino statistiche, raccolgano dati e facciano un po’ di conti per dare carne e sangue alle richieste di uguaglianza e di diritti dei cittadini. Crede da classe politica ignorante quale è, che basti fare una legge che sancisca i diritti, disinteressandosi degli effetti economici e sociali a media e lunga scadenza.

Nessuno di loro conosce, Meidner o Rehn, gli economisti che hanno messo su la struttura di welfare svedese. I loro economisti sono un Fassina che confonde la dottrina sociale della chiesa con un piano economico. Non è un caso che dopo oltre cinquanta anni di lotte sindacali i lavoratori italiani siano rimasti con il pugno di mosche della Cassa Integrazione, mentre i lavoratori svedesi e tedeschi hanno la garanzia di un welfare. Così ormai da venti anni la sinistra si presenta a un paese che aspetta di avere delle risposte concrete, delle riforme che rendano più facile vivere, lavorare creare, degli impegni, misurabili, con degli pseudo programmi che sono elenchi di diritti imprescindibili, da cui prescinde appena al governo.

Come la tredicesima scusa rivela l’intima natura conservatrice di questa sinistra, così la quattordicesima ne dimostra l’impossibile riforma. Questa sinistra, ignorante e conservatrice non può che sparire se si vogliono aprire delle possibilità per il paese.

Ci saranno pure in Italia qualche migliaio di persone perbene, mediamente intelligenti, mediamente esperte e con un Po di capitale sociale che si decideranno a intervenire per liberaci da questa casta di ignoranti. Professionisti, sindacalisti, piccoli imprenditori, operai, impiegati tecnici che si mettano all’opera per rimettere in piedi la baracca e far fuori le ideologie piccolo borghesi che ci soffocano. Come quella della politica professionale considerata come la più “alta” attività umana (vedi Gentile), o i diritti intesi come assoluti e scesi dal cielo, invece che obiettivi storicamente e socialmente elaborati per la cui attuazione servono le risorse che i cittadini creano. Si deve riportare la politica a essere una attività di servizio ai cittadini, misurabile con i risultati e rispettosa delle attività di lavoro, di creazione, di innovazione che sono il fondamento della società. Queste si attività veramente e profondamente umane, alte o basse che siano.

 

Scrive Felice Besostri a LBG – Ogni volta che si parla con buon senso ci si dimentica che l’Italia non è un paese normale e con buona pace della Lega Nord nemmeno la Padania: in un paese normale Maroni non avrebbe vinto, a prescindere dalle debolezze e dagli errori di Ambrosoli. In un paese normale il candidato dell’opposizione si costruisce negli anni che precedono le elezioni, non lo si inventa nel giro d qualche mese. La strada è segnata se si vuol fare una diversa politica. Si dia vita al Governo ombra con a capo il portavoce e due vice, nelle persone dei capigruppo, sopravvissuti allo tsunami che ha spazzato via la coalizione. Da lì dovrà uscire lo sfidante di Maroni. Sono scettico perché le tensioni nelle Liste Civiche per Ambrosoli è alta.

Presentare il modello Pisapia come vincente rispetto a un Ambrosoli perdente non ha senso, perché Pisapia è stato uno dei king maker di Ambrosoli e la risposta se oggi Pisapia sarebbe vincente non la conosce nessuno: dipenderebbe dai 5Stelle al secondo turno. Quindi parliamo rapidamente di strutture e di programmi, e di capacità decisionale. Su una vicenda istituzionale di non poca importanza, cioè contestare le elezioni, a dieci giorni dalla proclamazione degli eletti non si hanno notizie. Un terzo del tempo è sfumato. Non è un buon segno quale che sia la decisione.

 

Scrive Tiziana Gatti a Massimo Cingolani – Ho letto l’articolo sul network degli assicuratori. Quello che dicono sull’importanza delle competenze per articolare l’iniziativa del PD, è notevole e sarebbe interessante estenderla ad altri settori e, sopratutto nelle realtà locali, dove il partito è sempre più autoreferenziale e i dati delle regionali lo evidenziano.

Credo però che non ci sia la volontà di innovare così a fondo, perché minerebbe il ruolo di aree e correnti che, come è giustamente rilevato dal comunicato, sono sempre di più comitati elettorali di parlamentari e consiglieri, e in Provincia la situazione è anche peggiore. Al congresso i delegati li eleggeranno circoli sempre più vuoti.



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