12 marzo 2013

SINISTRA STORICA E GRILLISMO RAMPANTE: SENILITÀ E ADOLESCENZA


Per comprendere quel che si muove, sotto il pelo della superficie, per intenderci, che sembra risucchiare, nonostante gli intenti, la maggior parte dei commenti in circolazione sull’obiettiva novità costituita dal movimento di Grillo, occorre uno sguardo più sottile e al tempo stesso più largo. Uno sguardo e una sensibilità che sappiano discernere i moventi invisibili e sotterranei e al contempo che sappiano abbracciare l’insieme, la totalità della situazione che viviamo.

Ciò che da troppo tempo risulta insopportabile ai più non è tanto il comportamento corrotto della casta, il suo distacco, la sua autoreferenzialità in quanto tali. A mio giudizio ciò che risulta insostenibile è la sua prevedibilità, la sua struttura invariabile, il suo moto circolare e immodificabile.

Soprattutto a sinistra, occorre dirlo. Se quello che oggi conta è una politica dei gesti e delle pressioni (il peso oggettivo che tali gesti hanno sulla realtà sociale e sul suo immaginario), come sostiene Yves Citton, allora sono ad esempio la gestualità, il linguaggio e la retorica delle sinistre a essere del tutto insostenibili. Anzitutto l’economicismo. Ben inteso, non è un problema solo loro, perché per esempio un tale genere di spaventosa monodiscorsività è patrimonio anche dei probi viri delle organizzazioni aziendali e sindacali, degli economisti e dei giornalisti economici, che hanno monopolizzato il dibattito politico negli ultimi anni. La prosa dell’economia è insopportabile, il suo cinismo quantitativo, la sua algida e compunta razionalità calcolante. Ma la sinistra è stata totalmente imprigionata dentro questa retorica. E non per caso, quanto per vocazione.

In larga misura la cultura della sinistra è una cultura economicista, specie la cultura marxista, che nonostante tutto ha sempre mantenuto subalterne le venature più liberatorie e visionarie che pure hanno abitato l’universo dei movimenti emancipatori degli ultimi secoli. L’economia è fondamentale ma senza la visione piena di un’altra società diventa del tutto inagibile. L’acquiescenza definitiva della sinistra ai principi del capitalismo, al mercato, alla crescita, alla meritocrazia, alla concorrenza ecc. hanno dissolto qualsiasi sporgenza alternativa di questo universo di proposta politica. Sono anni che non sentiamo parole di sinistra, ma neppure stilemi. Solo Vendola si è in parte sottratto a tutto ciò, e fintanto che lo ha fatto ha conseguito ottimi risultati. Salvo, all’ultimo, ricadere nella stessa spirale e rimanere contagiato dalla stessa malattia.

Quello che nessuno sente da troppo tempo, nei discorsi della sinistra, non è certo il piglio anglosassone, arrogante e tecnocratico di Renzi, la forma che il discorso di sinistra ha di più vicino al neoliberalismo sociale contemporaneo. Quello che non sente e che non vede da troppo tempo è la novità di una visione. Una visione altra, alternativa, radicale. L’idea di un altro mondo, della quale moltissimi, dai movimenti di Seattle fino agli indignados continuano a reclamare la giusta necessità. E di un altro linguaggio, di altri stilemi, di altre figure. Il successo del Movimento 5 Stelle va assolutamente proiettato su questo scenario. Essi, più di altri, hanno saputo formulare un’idea di mondo alternativo, evitando di avallare l’idea che anzitutto fosse necessario salvare e rimettere in moto questo mondo distruttivo e ingiusto.

Ma come si può desiderare rimettere in moto un sistema industriale che produce devastazione, povertà diffusa nel mondo, e una progressiva distanza tra le classi sociali? Come si può difendere sic et simpliciter lo slogan della crescita, quando non c’è assolutamente più materia intorno a cui costruire un autentico futuro di crescita che non sia puramente suicida? Come non operare una radicale critica del lavoro e della necessità di una sua nuova ripartizione, che vada nella direzione della sua diminuzione e della sua condivisione sociale più equa? E la retorica sull’impresa, da quando è appannaggio della cultura di sinistra? Così come la totale dimenticanza del problema delle diseguaglianze, che non ha neppure permesso di ospitare nel programma di governo una pur modesta patrimoniale? E ancora, come lasciare totalmente da parte l’universo della natura, della sua salvaguardia, quello della cultura, quello dell’estetica?

Sinistra irriconoscibile e giornalismo totalmente schierato su posizioni neoliberali, che hanno con sufficienza snobbato i movimenti di Seattle e di Genova, le ribellioni degli studenti, gli indignados, fino ai grillini, hanno totalmente reso impossibile un’adesione che non sia tinta di mera rassegnazione alle scarse idee che esso propugna. Non c’è visione, non c’è mondo rimesso sui suoi cardini, non c’è giustizia e non c’è neppure la dose necessaria di calore e di coinvolgimento appassionato che una sana ribellione a tutto questo dovrebbe assolutamente suscitare, una volta ritrovate le idee che puntino a sovvertire lo stato delle cose (sbagliato) così com’è.

D’altra parte la decrepitezza di una cultura politica come quella dei grandi partiti della sinistra ma non solo, sta nell’infima capacità di leggere il ruolo del web e di adottare una radicale trasformazione al suo proposito. La democrazia diretta è già in atto e chi ha occhio lungo sa che essa è già ora in grado di agire con un potenziale immenso in tempo reale. Ben presto anche qui in Italia, dove certo non si è stati molto rapidi né brillanti su questo fronte, chi vorrà fare qualcosa che non piace ai propri cittadini dovrà farci seriamente i conti. Tutto questo, e molto altro naturalmente, fa la fortuna del Movimento 5 Stelle. Oggi la via della democrazia diretta non è una via possibile tra altre. È quello che sta accadendo.

E chi l’ha capito, non può far altro che tenerne conto e intervenire al suo interno. Ben sapendo che sarà la forza, la veridicità, l’affidabilità di ciò che intraprende lì a fare la sua fortuna. E non certo i giochi di potere al riparo delle segrete stanze del potere. Il web sta rendendo tutti coloro che lo frequentano molto più consapevoli, trasparenti, informati e in grado di intervenire su ciò che per troppo tempo è stato tenuto al chiuso di stanze inagibili e impenetrabili. Quest’epoca sta finendo ed era ora. Al controllo del grande fratello si sostituirà il controllo delle collettività consapevoli e organizzate. Si sostituiranno ciò che già da molti anni sono state classificate come tattiche del quotidiano, politiche della pressione, massa critica, mobilitazioni istantanee, intelligenza collettiva, attacchi informatici, hackeraggio. Chi non capisce questo e continua a maneggiare retoriche decrepite e inservibili è destinato a essere sommerso e a scomparire.

Occorre perseguire, con tutti i mezzi di un’epoca in cui il fare deve essere sempre coniugato alla visibilità e dove occorre organizzare “ipergesti” di grande impatto collettivo, una prospettiva di cambiamento bilanciato del mondo, per renderlo più vivibile e accettabile, attraverso una radicale redistribuzione delle ricchezze e un ridimensionamento decisivo delle produzioni tossiche, sotto ogni profilo economico, etico e culturale da sostituire con politiche che pongano al centro l’affermazione vitale, il piacere e il tempo liberato.

E ancora una breve annotazione sulla totale e paradossale insufficienza nel considerare il tema giovanile, tanto sbandierato a destra quanto a sinistra. Gli unici che abbiano saputo incarnare il fisiologico bisogno di rivolta che da sempre caratterizza i giovani, la loro voglia di sperimentare una società diversa, paritaria e solidale, sono stati i grillini. I giovani si muovono grazie alla spinta di eros, del desiderio, del possibile ma soprattutto dell’impossibile. Il magro e squallido pragmatismo e realismo delle sinistre tanto oneste quanto deprimenti, non hanno alcuna possibilità, se rimangono tali, di mobilitare e di resuscitare il coinvolgimento giovanile, unico e autentico motore di ogni serio cambiamento. Ed è su questo che i grillini restano, al momento, imbattibili.

 

Paolo Mottana

 



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