13 marzo 2013

CINQUE STELLE: QUO VADIS?


1. Il Movimento Cinque Stelle si è affermato veicolando tre messaggi diversi. Il primo sta in un rifiuto globale della classe politica italiana, senza distinzioni di partito né di persone: tutti uguali, tutti “da mandare a casa”, in attesa del camposanto. Il secondo contiene una serie di forti rivendicazioni di contenuto, sui costi della politica, sull’ambiente, sul disagio sociale, sulla finanza e su molti altri punti. Il terzo messaggio è più generale: la democrazia rappresentativa deve adeguarsi all’era del web, fondarsi sulla rete e non sui partiti, in sostanza trasformarsi in una struttura di democrazia diretta.

2. Il primo messaggio spiega il fatto che Grillo abbia raccolto tante adesioni di cittadini che da anni sono convinti che i politici “sono tutti eguali”, anzi tutti ladri (con l’eccezione, per chi lo vota, di Berlusconi, che “non ha bisogno di rubare” perché non avrebbe, dicono, bisogno della politica: quasi che l’ascesa al potere politico non sia stata una componente essenziale del suo successo di imprenditore televisivo e della sua conseguente ricchezza personale). È un messaggio che racchiude certo una parte di verità, perché è pur vero che su molti fronti gli interessi della politica e la resistenza al cambiamento sono bipartisan, frutto di radicate incrostazioni di interessi e di collaudate spinte di lobbies trasversali. Ma nella sua assolutezza e generalità questo messaggio è falso, perché forti differenze tra i partiti certamente ci sono; e perché la distinzione tra onesti e disonesti va fatta caso per caso, persona per persona, sempre.

3. Il secondo messaggio, quello sulle politiche da adottare e sui contenuti delle riforme, è a sua volta una chiave fondamentale del successo del movimento di Grillo, in una fase di crisi acuta, drammatica del benessere collettivo e individuale, quale non si conosceva da mezzo secolo. Il ceto politico non ha saputo comprendere le cause di questa crisi, che solo in parte minore sono cause italiane, non ha saputo porre rimedio alla fondamentale e ormai radicata stagnazione dell’economia italiana, non ha saputo intervenire in modo appropriato nel segno dell’equità e dell’efficacia, cogliendo anche le opportunità che la crisi stessa offriva e offre per riformare in meglio la società: tagliando gli sprechi che ci sono, favorendo chi ha più bisogno, riformando la giustizia, riducendo le disuguaglianze eccessive, incentivando le imprese sane, risanando il paese dalle mafie, combattendo con determinazione l’evasione fiscale, investendo nella ricerca e nella tutela del paesaggio, non solo in Italia ma anche in Europa, dove urge operare con efficacia per una svolta verso un assetto federale dell’Eurozona.

Neppure il governo Monti, che comunque ha il merito indubbio di aver recuperato una dignità nazionale e una credibilità perdute, ha potuto risalire la china. Le richieste di contenuto del programma di Grillo sono in buona misura condivisibili. Ma non certo tutte: sull’Europa l’ambiguità è massima, con punte distruttive molto pericolose, perché è evidente che l’Italia non si salva se non in Europa; sull’immigrazione le pulsioni discriminanti ci sono state e sono inaccettabili; e altro ancora. Ovviamente la protesta su tanti fronti seduce e somma i consensi: ma poi bisogna decidere, quando si arriva al potere, se le diagnosi urlate sulle piazze e le promesse fatte sono giuste o sbagliate, sono o non sono contraddittorie tra loro. E di incongruenze e contraddizioni anche gravi nel programma grillino ce ne sono, eccome.

4. Il terzo messaggio di Grillo (e del misterioso Casaleggio) è in parte sottotraccia ed è forse il più importante, ma anche il più problematico e inquietante. Che le democrazie rappresentative siano in crisi è evidente. Non certo solo in Italia. Il potere dei media, intrecciato col potere del denaro, svia l’informazione dell’opinione pubblica e quindi distorce la formazione corretta della volontà popolare, dunque mina alle basi la stessa sovranità che risiede nel popolo. La necessità di ricreare un rapporto diretto tra la classe politica e il cittadino “comune” è evidente. E certamente il web può e deve esserne uno strumento fondamentale: in questo Grillo ha visto giusto e ha dimostrato di saperci fare. È una via maestra per il futuro delle democrazie. Ma ciò non significa che la rete informatica, il web globale, quale oggi si sta costituendo, garantisca di per sé una compiuta partecipazione, una migliore democrazia. Non solo la maggioranza della popolazione ancora non vi attinge. Ma anche quando, tra non pochi anni, ciò sarà avvenuto, se non ci saranno garanzie di trasparenza assoluta, se non si impediranno le forzature operate da chi gestisce il traffico sul web, se non si assicureranno le condizioni per un accesso pienamente libero e per un’informazione imparziale e corretta, se e fino a quando tutto questo non ci sarà, la “democrazia diretta” del web non sarà né diretta né democratica. I rischi di manipolazione (oltre che di controllo orwelliano) del web sono e saranno enormi. Ci vuole già oggi e ancor più ci vorrà in futuro una vera e propria “costituzionalizzazione” dell’informazione e della comunicazione, in tutti i suoi canali.

L’insieme di questi tre messaggi spiega, crediamo, il grande successo di Grillo, che in questa fase di crisi acuta ha coagulato il voto di un quarto degli elettori attivi del nostro Paese. Guai a non dare il peso dovuto a questo fortissimo segnale.

5. Ciò premesso, il negare a Bersani e al PD un via libera (anche indiretta) alla formazione di un governo che attui anche una parte importante delle riforme volute da Grillo sarebbe da parte sua, ma soprattutto da parte dei suoi eletti, ingiustificato e contraddittorio. Invece da parte di Grillo il favorire di fatto la nascita di un nuovo governo poggiante sul sostegno congiunto di PD e PdL (cioè di Berlusconi, dentro o fuori dal governo che sia) vuol dire volere il tanto peggio tanto meglio. Vuol dire lasciarsi aperta la strada per continuare a dire che i politici “sono tutti eguali” e in questo modo conquistare altri consensi nelle prossime elezioni senza far nulla per migliorare il Paese. Quanto poi all’affermare, come Grillo ha fatto – forse solo per scherzo: ma su queste cose non si può scherzare – che si vuole il 100% dei consensi, ebbene questo fa venire i brividi.

6. Gli eletti e il popolo dei Cinque Stelle, da quanto si è potuto vedere sin qui, sono persone in buona fede, di tutte le età, sinceramente desiderose di un’Italia migliore, orgogliose di partecipare attivamente al miglioramento della vita collettiva. Di qui nasce la legittima speranza che possano prevalere le spinte sane e le grandi potenzialità positive che indubbiamente negli neo-eletti di Cinque Stelle ci sono. L’auspicio è che tali spinte prevalgano ora, non in un futuro che potrebbe anche non favorirle più, neppure elettoralmente. L’occasione di sostegno, diretto o indiretto, a un governo fortemente riformatore si è aperta in virtù del risultato del voto. Nell’Italia di oggi – che ha problemi gravi, scelte urgenti e non rinviabili – l’esito elettorale conferma che un tale governo non può essere se non quello che ha il suo centro nel PD, con il sostegno dei Grillini. Non certo un governo PD – PdL.

Di qui nasce la speranza che i parlamentari di Cinque stelle non si lascino sfuggire un’opportunità storica eccezionale, che potrebbe non ripresentarsi più nel futuro.

 

Antonio Padoa-Schioppa

 



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