6 marzo 2013

CYBERBULLISMO E SOLITUDINE


Il cyberbullismo è un fenomeno nato negli ultimi anni tra i ragazzi e viene messo in atto attraverso internet, telefoni cellulari o computer. Il bullo invia messaggi molesti alla vittima tramite sms, e-mail o in chat oppure la fotografa e filma in momenti in cui non desidera essere ripresa. Il cyberbullismo o bullismo elettronico comprende quindi tutte le forme di prevaricazione e prepotenze tra coetanei messe in atto attraverso e-mail, messaggini con i cellulari, chat, blog, siti internet, immagini o video diffusi sulla rete.

Il fenomeno è in crescita, anche perché attraverso il web o il telefono cellulare il bullo si può nascondere dietro l’anonimato e agire indisturbato. Non solo: il bullismo elettronico può essere maggiormente nascosto al mondo degli adulti poiché i ragazzi hanno in genere una competenza informatica maggiore rispetto ai genitori o agli insegnanti.

La maggior parte degli studiosi ritiene che sia una nuova manifestazione del bullismo tradizionale e, a conferma di questa ipotesi, ci sono alcune ricerche che sottolineano come chi mette in atto il bullismo tradizionale utilizzi con maggiore frequenza anche il cyberbullismo.

In Italia il primo episodio che ha aperto il dibattito sul cyberbullismo risale al 2006 e ha coinvolto un ragazzo disabile: i compagni di classe lo hanno picchiato e uno di loro ha ripreso tutto l’accaduto con il telefono cellulare. Il cyberbullismo è un fenomeno molto recente e, anche per questo motivo, non è facile da quantificare. Sono state tuttavia condotte alcune ricerche che fanno capire la dimensione del fenomeno.

Varie ricerche sono state condotte negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Olanda, in Svezia, in Australia, mentre in Italia i dati sono ancora limitati: secondo il decimo Rapporto nazionale sull’infanzia e l’adolescenza di Telefono Azzurro ed Eurispes il 3,2% degli adolescenti intervistati ha dichiarato di avere inviato o diffuso messaggi offensivi o minacciosi attraverso supporti tecnologici, il 4% ha utilizzato Internet o il telefonino cellulare per diffondere informazioni false sul conto di un compagno, mentre il 7,5% ha intenzionalmente escluso qualcuno da gruppi online.

Quali rimedi per prevenire il fenomeno? La Commissione europea ha fatto sottoscrivere a diciassette compagnie del web un accordo per introdurre dispositivi che rendano più sicura la partecipazione dei minorenni alle reti sociali online. Un’iniziativa necessaria sia per il numero crescente di utenti dei social network in Europa (41,7 milioni e 107,4 milioni stimati nel 2012) sia per l’alto numero di episodi di abuso che coinvolgono i minorenni. L’accordo prevede, in particolare, che le compagnie attivino il tasto “segnalazione di abusi”: gli utenti possono quindi cliccare sul bottone per segnalare contatti o comportamenti inappropriati di altri utenti. Non solo: il documento assicura che i profili online e gli elenchi dei contatti di utenti di siti Internet registrati come minorenni siano automaticamente classificati come “privati” e garantisce che non sia possibile compiere ricerche sui loro profili (su siti Internet o con i motori di ricerca).

Ma ritengo che la vera prevenzione sia di tipo educativo e sociale. L’unico consiglio che mi sento di dare è quello di promuovere davvero un percorso di dialogo in casa che non faccia sentire neppure il desiderio ai giovanissimi di trascorrere tutto il loro tempo libero su internet. È poi importante proporre momenti di vita comune anche fuori casa, introdurre alla passione per il cinema, per il teatro, per la musica, per lo sport: ciascun ragazzino, sperimentate le opportunità offerte, sceglierà liberamente l’hobby che più gli piace.

La vigilanza dei siti visionati o dei social network ritengo sia un antidoto che lascia il tempo che trova: infatti, i rischi sono insiti nel sistema e non sono facilmente prevedibili. Poi, sarà ovvia la ritrosia degli adolescenti ad acconsentire ai genitori di introdursi nella loro sfera di privacy e tale intrusione potrebbe avere effetti ancora più compromettenti da un punto di vista psicologico. Insomma, occorre parlare, parlare, parlare con i figli e spiegare che la “vita vera” è altrove rispetto al mondo web e che i “contatti veri” sono altrove rispetto ai social network, soprattutto in giovane età e con tutte le prospettive che la vita offre.

 

Ilaria Li Vigni

 



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