26 febbraio 2013

E ORA POVERO GRILLO?


Si può morire di troppo successo? Cosa accade a un affabulatore di genio che si vede consegnare, malgrè luì, il destino di una nazione? Certo, ora vive il momento dell’euforia, ma, non domani, ma ancora più presto, diciamo pure oggi pomeriggio, assaggerà l’amaro retrogusto del reale che incombe.

Come potrà fare fronte alla parola d’ordine del “non si pagano i (vostri) debiti”? Pur mutuato dal blasonato movimento d’oltreoceano, lo slogan assume nella vicenda odierna del nostro Paese un connotato di orrenda attualità, l’attualità di un Paese che non è stigmatizzato da una tripla A e da cui già da tempo gli investitori esteri si ritirano. Se più della metà del debito dello Stato italiano non è finanziato dalle banche e dalle famiglie italiane, quale effetto potrà avere una parola d’ordine che diviene, nelle nostre condizioni concrete, minaccia, pericolo grave e urgente, di non avere di ritorno i denari prestati?

Come potrà fare fronte Grillo alla bancarotta pubblica, alla conseguente paralisi dello stato, al mancato pagamento di stipendi e pensioni, alle prestazioni del welfare verso la totalità dei cittadini, quegli stessi che l’hanno votato per averli quei servizi? Grillo non potrà mantenere la sua parola d’ordine, per la semplice considerazione che gli effetti colpirebbero proprio i suoi elettori.

E come potrà anche solo pensare di uscire dall’euro? Come potrà effettivamente farsi carico della tempesta finanziaria distruttiva innescata anche solo dal pericolo concreto che questo accada? Di nuovo, non potrà dare seguito a una parola d’ordine tanto demagogica quanto irrealizzabile, e non perché poteri forti, che pure ci sono e operano, vi si oppongano, ma perché le conseguenze che ne deriverebbero sarebbero devastanti prima di tutto per i suoi elettori, i quali dopo averlo votato lo metterebbero immediatamente in croce, per non doversi loro inchiodare in prima persona.

E come potrà effettivamente distribuire il reddito di cittadinanza, concetto anche nobile e molto interessante in sé, ma che presuppone la radicale trasformazione della società, dei suoi caratteri culturali e dei suoi equilibri economici e di distribuzione del reddito. Se oggi, a fronte di un pur modesto prelievo come quello dell’IMU è montato un sordo e trasversale risentimento, in che modo, con quale faccia, Grillo potrà mettere le mani nelle tasche degli italiani per trarne, come tassazione aggiuntiva e assai più pesante, il denaro necessario per consegnarlo ai cittadini beneficiari, i quali nello stesso momento diventeranno per i suoi sostenitori parassiti e ladri? Davvero Grillo può pensare anche solo un momento di fare tutto questo? Non potrà farlo, per la semplice ragione che i primi a cacciarlo sarebbero i suoi stessi elettori.

E davvero si opporrà alla cittadinanza per i giovani italiani di origine straniera, e davvero insisterà con la mafia che non esiste? E così via discorrendo, la sua proposta politica, messa finalmente alla prova dal suo successo elettorale, non potrà che mostrarsi per quella che è: un insieme di “vaffa”, di proposizioni contraddittorie, finora legate da un unico collante, l’odio che la cosiddetta società civile ha maturato verso i ladri della società politica, un odio che intanto è possibile nella misura in cui da tempo questa nostra società civile non si guarda più allo specchio.

Si può morire di successo elettorale? Lo vedremo presto, purtroppo. Purtroppo perché la lezione sarà durissima e la pagheremo tutti, quelli che l’hanno votato per non pagare dazio e quelli che non l’hanno votato, accomunati nel destino di una nazione che non riesce proprio a divenire fino in fondo moderna. Povero Grillo, e poveri noi.

 

Giuseppe Ucciero

 



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