27 febbraio 2013

ELEZIONI A MILANO. SCUOLE CHIUSE. MA IL CONTO CHI LO PAGA?


Abbiamo preso la nostra tessera elettorale e siamo andati a votare. Proprio lì dove siamo sempre andati: nella scuola di quartiere più vicina a noi. Nel Comune di Milano gli edifici sede di seggio elettorale sono 211: escludendo gli ospedali e le case di riposo contiamo 185 scuole, 125 le elementari. Scuole chiuse vuol dire bimbi a casa: chi paga il conto?

Chiuse da venerdì pomeriggio fino a giovedì mattina: tutto il tempo necessario a prenderne possesso, assegnare il materiale elettorale, allestire i seggi, insediare le commissioni elettorali, votare, scrutinare, scrutinare ancora grazie all’election day ci sono anche le regionali, smontare, pulire, e finalmente riconsegnare la scuola ai suoi abitanti di diritto.

Nello stesso tempo le famiglie milanesi si sono ritrovate i bambini a casa senza il pranzo del venerdì, e tre lunghi giorni da organizzare. Pochi quelli che hanno pensato di raddoppiare la settimana bianca (le scuole erano chiuse anche per i giorni del carnevale), alcuni si sono salvati con i nonni o avranno allestito reti di “mutuo soccorso”, altre avranno preso ferie, altre ancora avranno cercato una baby sitter. Le famose mamme acrobate milanesi.

Perché tocca ancora a loro pagare il conto? È un conto salato: consideriamo il caso di una famiglia i cui figli frequentino una scuola elementare a tempo pieno. Le ore da coprire con i bambini a casa sono state 28, il costo medio all’ora per una baby sitter è di 8 euro, totale 224 euro. Ipotizziamo una scuola di piccole dimensioni con tre sezioni, le classi sono 15, ciascuna con 25 alunni: 375 alunni.  Se anche solo un terzo delle famiglie avesse dovuto pagare le baby sitter il conto complessivo sarebbe 28.000 euro. In tutta la città le elementari coinvolte sono 125: il totale 3.500.000 milioni. Stima al ribasso?

Calcoliamo anche questi nei costi elettorali, o li aggiungiamo alle gabelle comunali? La valutazione cinica è che si vota ogni cinque anni, e quindi che le famiglie sopportano una tantum? Varrebbe la pena considerare soluzioni alternative, la più banale sarebbe quelle di utilizzare le scuole medie o i licei, a quell’età per esempio non c’è più bisogno di accudimento.

Eppure ci deve essere una qualche logica nascosta (ordine pubblico?), a parte l’ovvia distribuzione territoriale degli edifici: non sono pochi i casi in cui i plessi ospitano scuole di diverso ordine e grado, ma si sceglie comunque di insistere sulle elementari quando se ne potrebbe fare a meno, come in zona 1 le scuole di via Commenda, via Olona, via Giusti, e via Sant’Orsola / piazza Massaia, in zona 3 le scuole di via Sacchini e di via Pisacane, in zona 5 quelle di via Saponaro, in zona 6 in via Scrosati e in zona 8 via Monviso e via Moscati.

In questi casi perché non accorpare le sezioni elettorali? Vengono chiuse scuole intere per utilizzare solamente quattro / cinque classi, la distanza per i votanti da casa non varia, ma la qualità delle vita delle famiglie si. Spero che l’assessora Bisconti, che ce l’ha proprio per delega, voglia considerare anche questo aspetto nel suo mandato, e insista perché l’Ufficio Elettorale del Comune possa intraprendere strade diverse dalle consuete.

Trovare nuove sedi e comunicarle ai votanti non può essere valutato un costo insormontabile, a fronte di quello neanche tanto occulto che si chiede alle famiglie di sostenere. Il voto per posta, già concesso ai residenti all’estero, non potrebbe diventare una prassi? Negli Stati Uniti è la norma e anche nella vicina Svizzera è abitudine consolidata.

Milano Smart City non potrebbe cominciare a ragionare sul voto telematico? Con primi ambiti di applicazione le petizioni popolari e i referendum cittadini? La Commissione consiliare “Referendum Approvati – Iniziativa Popolare – Digitalizzazione – Trasparenza – Agenda Digitale” presieduta da Marco Cappato sembra fatta apposta…

Giulia Mattace Raso



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