19 febbraio 2013

LE PROMESSE ELETTORALI E I MORTI CHE CAMMINANO


Le promesse elettorali non risparmiano nessuno dei punti di crisi del nostro Paese, dunque nemmeno la casa e l’industria automobilistica: due morti che camminano. Le vicende del “mattone”, la sineddoche dell’edilizia ma per antonomasia la casa e l’automobile si intrecciano da quando la Ford nel 1928 lanciò il modello T, la prima utilitaria, l’auto per tutti. Auto e mattone sono in profonda crisi ma alla crisi reagiscono in modo diverso; l’auto, che è un prodotto industriale, anzi il simbolo dell’industria (mentre la casa non lo è), affronta la crisi nel modo tradizionale: concentrazione dei produttori, modelli nuovi, politica dei prezzi.

Si salverà? Non ne sono sicuro, certo non è destinata a crescere se non nei Paesi in via di sviluppo che si sono avviati a mutuare, non solo con l’auto, il modello di consumo euro-americano con la sua forse ingovernabile follia.

Per la casa il discorso è diverso. Spesso si sente parlare di industria delle costruzioni per indicare qualcosa che in generale industria non è, e meno che mai nel settore della casa dove incorpora la rendita di posizione. Nel prezzo di mercato della casa la rendita di posizione molto spesso ne rappresenta ben oltre la metà e dunque una politica di prezzo passa proprio attraverso una compressione della rendita ma a una sua riduzione i detentori, immobiliaristi e imprese, non sono disposti a rinunciare. Per essere più precisi: se rinunciassero alla parte di rendita necessaria, ma non sufficiente, a contenere i prezzi per incontrare il mercato, probabilmente dovrebbero portare i libri in tribunale e forse con loro pure qualche banca incauta. La rendita non si arrende facilmente anche se la resistenza porta vicino al punto di non ritorno: il fallimento.

La dimostrazione organizzata venerdì scorso dal mondo dell’edilizia davanti al palazzo della Borsa milanese quanto alla casa ha solo gridato che le banche hanno stretto i freni, non concedono mutui, non finanziano le imprese e quindi strozzano sia l’offerta sia la domanda. Le banche si sono svegliate troppo tardi e rischiano di dover portare a perdita molti crediti erogati al sistema delle costruzioni ma soprattutto per loro il rischio edilizia è nei grandi operatori, capaci di travolgerle e per rimediare sono costrette a stringere la cravatta ai piccoli.

Che il mercato andasse restringendosi si è detto anche a Milano, ed io allora ne scrissi proprio all’assessore Carlo Masseroli quando cominciò a parlare del “suo” PGT: inutilmente generoso per una domanda asfittica. Per la casa non ci sono molte prospettive, forse la via da trovare è quella di inventare strumenti per allargare il mercato troppo esiguo dell’affitto sia per sistemare l’invenduto sia per dare respiro ai produttori. Ci vorrebbe dunque una mano coordinatrice tra operatori, banche e pubblici poteri ma temo sia solo un sogno.

Ma perché parlare insieme di casa e automobile? Quando Henry Ford lanciò il modello T, disse che con quell’automobile avrebbe dato la libertà di movimento agli americani. Da allora l’automobile di questa libertà è diventata il simbolo in tutto il mondo. Oggi è anche il simbolo della crisi di un modello di sviluppo delle nostre città: l’automobile le ha plasmate, l’automobile le sta uccidendo. Ma non basta. L’automobile, con la sua libertà di movimento ha permesso, in particolare in Lombardia, la disseminazione dell’edilizia residenziale avvenuta senza alcun serio disegno urbanistico: l’orrore della Brianza e insieme la castrazione del trasporto su ferro.

Auto e casa, con queste due figure della realtà e del nostro immaginario dobbiamo fare i conti: non pensare alla casa senza pensare all’automobile, e viceversa. Una volta si sarebbe detto un problema di programmazione. Oggi come si chiama? Ma soprattutto a chi compete? Oggi parlare di casa vuol solo dire parlare di IMU e parlare di auto vuol dire Fiat e problemi di occupazione. Nel primo caso si perpetua un’ingiustizia fiscale e ci si rassegna all’incapacità tecnica ma soprattutto politica di rivedere gli estimi catastali trascurando rendita e politica dell’abitare, nel secondo caso non si vuole prendere atto che l’avvenire del trasporto singolo è tutto da inventare per tecnologia e per comportamenti.

Luca Beltrami Gadola



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