19 febbraio 2013

PRECARI E POVERI PERCHÉ IGNORANTI. ADESSO BASTA


Negli ultimi anni in Lombardia aumentano gli iscritti agli istituti tecnici e professionali, ma contemporaneamente questi due ordini di scuola non riescono ad assolvere ai loro compiti: formazione specialistica intermedia e preparazione alla formazione post-diploma. D’altro canto gli studenti frequentano di più gli indirizzi liceizzati, ma poi non si iscrivono all’università e dove possono andare, al lavoro che non c’è? Se non si ricostruisce la scuola il Paese non parte.

Secondo quanto attestano le più importanti ricerche internazionali, è ormai riconosciuto che disinvestire nell’istruzione, dall’educazione prescolare a quella scolare, ha enormi conseguenze sia dal punto di vista dei costi sociali che di quelli economici. Dare priorità a educazione e formazione è, innanzitutto, una questione di giustizia: il diritto allo studio, infatti, combatte le discriminazioni socio-culturali degli studenti promuovendo la mobilità sociale e le pari opportunità. Non solo: proprio perché combatte l’emarginazione sociale, la scuola è un’importante arma contro la povertà. A offrire numerose argomentazioni di carattere economico a favore dei più piccoli è stato il premio Nobel per l’economia James Heckman: ciò che l’ente pubblico spende oggi per promuovere l’educazione dei futuri cittadini consente un notevole risparmio nei decenni successivi grazie alla minor spesa in sussidi assistenziali e alla riduzione della criminalità.

Accanto alla scuola, un altro volano di crescita sociale ed economica è rappresentato dalla formazione permanente per gli studenti degli istituti secondari, i giovani precari e i disoccupati: Klaus F. Zimmermann, uno dei più autorevoli economisti tedeschi, in un suo recente editoriale ha affermato che l’apprendistato – ovvero quel sistema di formazione professionale duale che collega la scuola e l’apprendimento tecnico-professionale in azienda – è una delle principali forze dell’economia tedesca ed è un importante strumento di lotta contro la disoccupazione giovanile.

Investire nella scuola e nella formazione è, pertanto, un fatto di sostenibilità al tempo stesso sociale ed economica e significa parlare di futuro, rendendo il sistema più equo e portando almeno il 90% degli studenti ad avere una qualifica professionale contrastando la crescente dispersione scolastica che vede 21.500 lombardi tra i 14 e i 17 anni fuori da tutti i percorsi di formazione (ISFOL 2011). È giunta l’ora di rimettere al centro delle politiche regionali l’istruzione, dai più piccoli fino ai lavoratori.

Ripartiamo, innanzitutto, dalla scuola: la Regione deve adottare una programmazione attenta e trasparente, monitorane gli esiti. La dote scuola deve servire a garantire il diritto allo studio di tutti, sostenendo chi ha difficoltà economiche ma merita di essere supportato. Inoltre la giunta Formigoni ha adottato il “buono scuola”, strumento che viene distribuito in modo indiscriminato anziché allargare la platea: i destinatari infatti sono studenti iscritti a scuole “paritarie e statali che applicano una retta d’iscrizione”, come se le scuole pubbliche potessero applicare una retta di iscrizione. Il buono scuola andrebbe innanzitutto assegnato in base al reddito (non solo l’imponibile come attualmente) e trasformato in “buono educazione”, inserendo criteri che consentano di utilizzare le risorse per attività formative, culturali, sportive e per materiale scolastico, dando la possibilità reale di usufruirne a chi ne ha bisogno, senza privilegi.

Quanto alla formazione, investire su di essa significa come abbiamo visto investire in politiche di occupazione, sia per i giovani che per chi ha perso il lavoro. Gli strumenti legislativi già esistono: l’apprendistato è stato introdotto dalla nuova riforma del lavoro, ma la Regione deve mettere a punto degli strumenti per renderlo più efficace ed adatto alle esigenze del territorio. L’ente pubblico deve realizzare un sistema realmente integrato e monitorato tra scuola, imprese ed enti che consenta un effettivo raccordo tra richieste del mercato e formazione attivando progetti di orientamento nelle scuole e adeguando i criteri per l’accreditamento sulla base della valutazione dei risultati effettivi.

Si devono creare sportelli di informazione in tutte le scuole superiori e nei Comuni, formare personale qualificato, creare un servizio, a carico della Regione, per coinvolgere le imprese nell’apprendistato che comprenda l’accompagnamento nella compilazione del progetto scuola-azienda e la formazione dei tutor. La strada per ritornare a una scuola di eccellenza in grado di dialogare efficacemente con le esigenze del mercato del lavoro e gettando le basi di una società più giusta ed equa è davanti a noi: non perdiamola di vista.

 

Diana De Marchi



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