12 febbraio 2013

ROBERTO LEYDI O LA POETICA DELL’INATTESO


Nel documentario “L’Altra Musica”, del quale è protagonista Roberto Leydi affermava: “Chi canta bene e suona bene non è mai uno stupido. Io non ho mai trovato un buon cantore o suonatore che non fosse anche una persona molto intelligente. Gli stupidi cantano male“. Parole pronunciate con il senso dello humour e il gusto dell’aneddoto tipico del suo carattere e che ben spiegano del suo atteggiamento rispetto al modo di fare ricerca sul campo. A Leydi piaceva svelare “la storia delle cose” e degli argomenti giocando sull’empatia e sul rapporto personale, confrontandosi direttamente con i suoi protagonisti.

Roberto Leydi – conosciuto come uno tra i massimi esperti in etnomusicologia europea e americana – è scomparso circa dieci anni, all’età di 75 anni, il 15 febbraio del 2003 e i segni del suo passaggio nella mondo della musica e più in generale della cultura restano indelebili. È stato uno dei più geniali “esploratori” delle nostre tradizioni e ci ha svelato un modo nuovo di guardare alla realtà, cercando di carpire il messaggio segreto nascosto in ogni angolo del mondo.

Leydi era un conversatore trascinante, capace di mescolare giudizio critico, leggerezza e teatralità. Ci ha insegnato a guardare il mondo che ci sta attorno come se non l’avessimo mai visto prima. Probabilmente, uno dei messaggi più forti che ci ha lasciato è che la musica è un’importantissima forma di riscatto sociale. Ci ha insegnato a guardare il mondo attraverso la logica dell’accogliere l’inatteso e a considerare ogni fenomeno come vivo e determinato da una fitta rete di relazioni. Di fatti il suo interesse per la tradizione si basava, innanzitutto, sulla visione globale della cultura popolare di cui la musica è espressione imprescindibile. Da qui il suo interesse per gli spettacoli di piazza, per pupi e marionette, per l’artigianato e i mestieri, per la lingua delle tradizioni, per i contastorie, insomma per i contesto sociale nel quale la musica ha origine.

Molti non lo sanno, ma quando cantano sulla chitarra antiche canzoni operaie o contadine, e altri reperti di un mondo ormai scomparso, lo debbono a Leydi, che è andato con insaziabile curiosità e pazienza certosina a registrare quel patrimonio musicale dalla viva voce di testimoni anche vecchissimi. E poi ha fatto circolare le sue scoperte attraverso libri, dischi e scorribande teatrali per tutto il paese“, come ha giustamente rilevato il suo amico Umberto Eco (“Addio a Roberto Leydi”, L’Espresso, 06/03/2003).

Leydi cominciò a occuparsi di musica contemporanea negli anni ’50, collaborando con Luciano Berio e Bruno Madera alla nascita di uno studio di fonologia della Rai di Milano; insieme diedero vita alla prima sperimentazione di musica elettronica e concreta denominata “Ritratto di Città”. Da sempre appassionato di Jazz, è stato critico musicale per L’Avanti e per il Festival di Musica Contemporanea di Venezia. Come egli stesso racconta è stato proprio attraverso lo studio delle origini del Jazz che ho scoperto la musica popolare americana realizzando nel ’55 il libro “Ascoltami Mister Bilbo” (una raccolta di canti di protesta politico-sindacali del popolo americano). Da quel momento – come nessuno aveva mai fatto prima – avviò una minuziosa e organica ricerca sul canto sociale e popolare in Italia, mettendo in luce, tra le tante cose, scoperte curiose come per esempio che il canto corale era prerogativa dominante nel Nord, mentre il canto del Sud era prevalentemente solistico.

Nel corso della sua lunga esperienza scientifica Leydi ha pubblicato un’impressionante mole di libri, di saggi e di articoli. Altrettanto rilevante è stata la partecipazione a numerosi convegni e gruppi di studio internazionali, nonché la sua opera di insegnamento che ha prodotto una vera scuola di specialisti nel campo dell’etnomusicologia. Chi volesse approfondire il suo vasto e variegato può visitare il Fondo Roberto Leydi – una collezione tra le più interessanti e complete d’Europa, risultato di cinquant’anni di ricerche compiute sul campo – che si trova presso il Centro di Dialettologia e di Etnografia di Bellinzona.

A Settimo Milanese si ricorderà la figura di Leydi nel corso di una serata intitolata “Roberto Leydi o la poetica dell’inatteso“. L’evento si terrà domenica 17 febbraio 2013 presso l’Auditorium comunale di via Grandi 10. Una occasione imperdibile per avvicinarsi al mondo di Leydi attraverso immagini, musica e conversazioni con ospiti d’eccezione come il filosofo e scrittore Umberto Eco, il fotografo Ferdinando Scianna, il drammaturgo Moni Ovadia e l’etnomusicologo Febo Guizzi, cari amici con i quali l’etnomusicologo ha condiviso momenti significativi della sua vicenda umana e professionale. La serata sarà impreziosita dal concerto del cantautore Marco Massa il quale, in compagnia di un trio di stampo jazzistico presenterà alcuni brani cari a Leydi come Addio Lugano Bella, Briganti se More, Gli Anarchici e così via. Non mancate!

 

Antonio Ribatti

 



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