5 febbraio 2013

CASA: LA GRANDE ASSENTE NEL DIBATTITO ELETTORALE


La casa sembra finora assente nella campagna per il governo della Lombardia. Eppure la Regione ha grandi compiti e responsabilità per lo sviluppo delle politiche abitative, da cui può dipendere non solo il destino delle diverse decine di migliaia di famiglie che sono in lista d’attesa per una casa popolare ma anche quello della generalità della popolazione dato che una corretta gestione di questo settore può avere influenza sull’intero mercato residenziale migliorando per tutti le condizioni per l’accesso all’abitazione.

Di più, le scioccanti circostanze che hanno portato all’uscita di scena dell’ultimo assessore alla partita conferiscono alla battaglia elettorale per la casa una valenza aggiuntiva, carica di significato rispetto alla moralizzazione del governo regionale.

Spiace quindi che il “progetto di governo” della lista Ambrosoli non sembri annettere al tema casa quella rilevanza che a mio avviso dovrebbe avere, in quanto non solo idoneo a denunciare le inadempienze della passata gestione ma anche per converso a mostrare le grandi potenzialità che avrebbe un diverso impegno nello sviluppo di politiche abitative forti ed efficaci oltre che improntate a equità e correttezza. Quel che si legge nel programma è certamente condivisibile ma appare poco incisivo e troppo incentrato sull’obiettivo, certo importante, di assicurare una migliore gestione del patrimonio pubblico esistente.

Ma si può pensare di rispondere alle decine di migliaia di domande Erp con gli 800/1000 nuovi alloggi all’anno che si rendono disponibili? Evidentemente no e il vero problema è quindi di aumentare di molto la disponibilità di alloggi, a canone sociale e moderato, per i settori sociali realmente bisognosi.

E per farlo, in una situazione di risorse pubbliche scarse, si deve da un lato migliorare l’efficienza dello stock esistente e, dall’altro, integrare le risorse pubbliche con quelle private. Inoltre, le poche risorse pubbliche disponibili, che comunque occorre cercare di aumentare, vanno spese bene, ad esempio evitando di disperderle in improbabili e marginali aiuti all’acquisto della prima casa, utili soltanto, forse, per propiziare voti elettorali.

Mettere assieme queste politiche significa non separare, come sembra fare anche il programma dedicandovi due paragrafi distinti, le nuove politiche di “housing sociale”, che sarebbero da destinare solo alla mitica fascia grigia e il “patrimonio pubblico Erp”, destinato invece alla domanda più debole. Questa separazione non fa bene a nessuno perché impedisce di perseguire quella mobilità abitativa (osmosi) fra i sottomercati che sola può condurre a un impiego più efficiente e pieno sia dello stock esistente sia di quello nuovo.

D’altra parte, coinvolgere soggetti del privato sociale anche nella realizzazione e gestione dell’Erp consente non solo di aumentare le opportunità di recupero del tanto sfitto pubblico ma anche di contribuire a sanare condizioni ghettizzate, privilegi consolidati e impieghi abusivi dello stock. E ciò diviene possibile grazie a una gestione socialmente attenta capace di prevenire conflitti, di generare coesione e integrazione, oltre che di contenere la morosità, come dimostra ad esempio l’intervento Quattro Corti al Quartiere Stadera di Milano da troppi anni celebrato come buona pratica, ma mai replicato.

Opportuni provvedimenti regionali potrebbero agevolare questi obiettivi: fra essi una revisione del regolamento assegnazioni regionale, troppo rigido e complicato, e qualche forma di salvaguardia per gli operatori del Terzo Settore Abitativo quale la costituzione di un fondo di garanzia contro le morosità che superino una determinata soglia.

A completamento di questa politica di rilancio dell’affitto a canone sopportabile e della mobilità fra i mercati dell’abitazione, dovrebbe aggiungersi anche un grosso sforzo per favorire la rimessa in circolo dell’enorme sfitto privato, attraverso lo sviluppo di Agenzie Sociali per la Casa. In particolare nelle città e nelle principali aree metropolitane della Regione (Milano, Brescia, Bergamo) il ‘vuoto’ pesa in modo significativo e ha a che fare in modo diretto con il tema del recupero edilizio e della riduzione del consumo di suolo in aree già fortemente utilizzate e dense.

Infine, l’auspicata revisione della legge urbanistica regionale dovrebbe chiarire definitivamente concetto e limiti della “casa sociale come servizio” (a mio avviso escludendone gli alloggi in vendita) e precisare l’obbligo per i comuni ad alta tensione abitativa di prevedere apposite aree nel Piano dei Servizi.

La buona notizia è che Lucia Castellano, che pure probabilmente avrebbe preferito poter restare a Milano per dare attuazione ai programmi di ripresa dell’edilizia pubblica predisposti, è capolista del Patto Civico di Ambrosoli e potrà essere in caso di vittoria un eccellente assessore alla Casa in Regione. Anche per sostenere questa prospettiva (vincere in Lombardia) mi parrebbe importante dare maggiore peso e incisività alla campagna sui temi dell’abitare e sui vantaggi che una gestione onesta, concreta e socialmente consapevole della materia potrebbe apportare al miglioramento della condizione abitativa in Regione.

E non voglio neppure pensare a ciò che potrebbe accadere nelle politiche abitative con una riconferma del centrodestra, questa volta con maggior peso della Lega, alla quale già si deve l’attuale regime discriminatorio per l’accesso all’ERP, riservato soltanto ai “residenti in Lombardia da più di cinque anni”.

 

Sergio D’Agostini



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