5 febbraio 2013

TASSE E MORTE: UNA CERTEZZA


“Di sicuro ci sono solo le tasse e la morte”, questa celebre affermazione di Benjamin Franklin, spiega bene un tema al centro della competizione elettorale, che, anche dopo il voto, preoccuperà tutte le forze politiche, sia che governino sia che facciano l’opposizione.

Le tasse nascono insieme alla civiltà, forse potremmo dire, parafrasando Marx, che la storia non è storia di lotte di classi, ma piuttosto storia di lotta alle tasse. Già nella Bibbia, la sofferenza del popolo ebraico è una lotta continua contro le imposte ingiuste. La tassazione sugli ebrei finisce con le tasse di confisca di Hitler, che precedono i campi di sterminio.

I Greci introdussero un sistema fiscale progressivo, cioè i cittadini più ricchi pagano in proporzione di più. Così sappiamo che non è una proposta comunista. La storia di Roma è caratterizzata da ogni tipo di imposta. Augusto introduce il “Dipartimento del Fisco”, infatti il censimento passato alla storia per la nascita di Gesù, non era altro che una stima dell’Impero per una riforma fiscale.

Per raccogliere i fondi pensione per le forze armate, Augusto istituì una tassa di successione pari al 5% dell’intero patrimonio ereditato, con una riduzione per il coniuge e i figli, proprio per evitare che i ricchi romani la “eludessero” lasciando le proprietà a figli adottivi e amici. Le moderne leggi sulle successioni derivano dal sistema di Augusto, anche se chi ne propone l’abrogazione, le fa risalire a tempi più moderni e rivoluzionari.

La patrimoniale è un’imposta antica, infatti anche Cicerone la raccomandava, solo se necessaria: “Quando le guerre incessanti facevano esaurire il tesoro di Roma, i nostri antenati spesso imponevano una tassa sulla proprietà. Bisogna fare ogni sforzo per impedire che ciò si ripeta… Ma se un qualsiasi governo si trovasse nella necessità di imporre una tassa sulla proprietà, bisogna chiarire bene alla popolazione che ciò è necessario semplicemente perché l’unica alternativa sarebbe un totale collasso della nazione”. Insomma, per il programma di governo possiamo guardare ai classici.

La decadenza dell’impero romano iniziò con i primi condoni di Marco Aurelio, ma questo lo possiamo intuire senza necessariamente studiare la storia. Poco dopo la fine dell’impero romano, nel mondo si diffuse una nuova religione, l’Islam che si sviluppò perché il primo grande califfo dichiarò: “tutti coloro che l’accetteranno verranno esonerati dal testatico”. I musulmani modificarono i testatici, cioè le imposte sulle persone, le teste venivano generalmente contate in chiesa durante la messa, riducendo le aliquote per i convertiti, questo probabilmente fu più influente del Corano.

Nella Magna Carta (1215), tra i capitoli più importanti c’è una clausola che istituiva la libertà di commercio in un periodo di dazi e pedaggi che si traducevano in tassazioni arbitrarie. Inoltre la dottrina costituzionale che ne derivò, fece affermare al giurista Enrico di Gand nel 1272, che il re non poteva imporre tasse se dopo aver dimostrato “l’evidente utilità, evidente bisogno ed estrema urgenza”. Sulla base di questo principio durante la guerra del Vietnam, molti americani scelsero l’obiezione fiscale, naturalmente furono arrestati come evasori fiscali.

Per arrivare in tempi più recenti, nei secoli passati furono inventate le imposte più impensabili da quelle su focolari e i camini a quelle sulle finestre. Voltaire, Rousseau, Montesquieu e Adam Smith dedicarono molti scritti alla tassazione eccessiva e alla classificazione del reato di evasione fiscale. Comunque la rivoluzione più legata alle questioni fiscali è quella americana. Ebbe inizio nel 1765 quando i rappresentanti delle colonie si incontrarono per protestare contro le imposte inglesi.

“No Taxation without Representation” fu utilizzato nel 1775 dai rivoluzionari americani per sancire l’illegittimità delle tasse nelle situazioni in cui era assente la rappresentanza parlamentare dei cittadini. Questo concetto dovrebbe essere ricordato sempre a chi vuole negare il diritto di voto agli immigrati che pagano le tasse. Anche la guerra civile americana iniziò con la secessione sudista contro le imposte elevate del Nord, poi arrivarono gli ideali.

Nel nostro Risorgimento le tasse ebbero un ruolo importante, basti pensare alla protesta milanese contro la tassa sul tabacco nel gennaio 1848, due mesi prime delle cinque giornate, per non parlare dei dazi e delle tasse portuali che spinsero verso l’unificazione. Il nuovo stato unitario, poi fu per anni associato alla tassa sul macinato, che colpiva indistintamente tutte le operazioni di molitura attraverso le quali si trasformava il chicco di frumento in farina, aveva praticamente una struttura simile all’attuale Irap, l’unica imposta a carico delle imprese che è proporzionale al fatturato e non è applicata all’utile di esercizio.

Questa breve “storia” della tassazione ci dimostra che le imposte sono un argomento difficilmente eludibile visto che sono il motore della società ed è bene non essere ambigui, ma anche cercare di essere più onesti intellettualmente e più giusti.

 

Massimo Cingolani

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti