30 gennaio 2013

“URNE” LOMBARDE


Le prossime elezioni rianimano in Lombardia i movimenti di pancia, con gli umori resi più acri da frustrazioni e fallimenti crescenti perché la pancia ragiona, se così si può dire, in modo dicotomico: ho fame, non ho più fame, ho ancora fame. Una pancia sempre piena è impossibile, soprattutto per i bulimici, non più affamati ma malati. La proposta di trattenere in Lombardia il 75% delle tasse non convince – e l’altro 25%? – e non è competitiva con quella di non pagarle proprio, prassi sempre più diffusa negli ultimi vent’anni, di fatto legalizzata. Ai piani alti ora il problema è che fare con gli amici elvetici, da un po’ di tempo in qua collusi con i governi europei per far pagare le tasse anche a chi si è sempre fidato della loro discrezione, che peraltro non viene meno. Ai piani bassi il problema è come tirare avanti, pur senza pagare le tasse, se chi che le paga spende sempre meno perché è tartassato dall’IMU, riedizione potenziata dell’ICI magicamente abolita sulla prima casa. L’ICI non c’è più, è stata sostituita dall’IMU. Sembra un giochino delle tre carte, come quello del candidato leader della alleanza tra Lega e Pdl.

È arrivato anche a me – le vie di quel signore sono traverse – un patto del parlamentare con cui i candidati (immaginate di chi) si impegnano a fare solo due legislature (a che scopo?), dimezzarsi lo stipendio (inclusi gli incerti extra legem?) e di numero (tirando a sorte?), azzerare il finanziamento pubblico ai partiti (rilanciando il privato?), non tradire il mandato degli elettori (quale mandato?) e fare la massima trasparenza sui propri redditi e attività (anche illegali, adesso subito?). Chi fa tali promesse ha una ben scarsa opinione di noi elettori italiani, condivisa purtroppo dagli europei e per lo stesso motivo: se agli italiani piace essere presi in giro, perché no?

Quando ne eravamo padroni, trent’anni fa, il nostro debito pubblico dava con l’inflazione interessi ben più alti degli attuali legati allo spread, in gran parte alla Lombardia, attratti allora come oggi dal magnetismo della ricchezza che si accumula. Anche allora pagavano i poveri, ma nel consolidato nazionale era tutta una grande famiglia, anche perché in buona misura gli interessi erano pagati con nuovo debito, sempre a beneficio degli italiani più ricchi, lombardi in testa anche per la centralità finanziaria lombarda nel cosiddetto sistema-paese. Quel sostanziale trasferimento di ricchezza dalle aree più povere alle più ricche, in continuità con le grandi migrazioni interne precedenti, portò la Lombardia oltre la soglia magica che trasforma il denaro non più in lavoro, ma in rendita, a carico dello Stato allora solvibile. La soglia magica è la politica e non a caso la Lombardia, fin allora nano politico, negli ultimi trent’anni ha prodotto miracoli non più economici, ma politici e autocertificati da profeti padani e messia tv. Più che di politica tuttavia si tratta di costume, alla Piero Chiara, e con l’anziana vedova di Nina Berberova (in Ronqueval) si può dire: «Mio marito sosteneva che solo chi è imbecille si rovina per avere molte donne. A me ne è bastata una sola ed era la mia legittima moglie … Che cosa non ha fatto per me». E ancora, con Luigi Santucci, si può notare la passione per la fisicità dei lombardi ossessionati dall’idea di arrivare incolumi alla morte, alle urne che come le altre non si sa che cosa significhino (Il velocifero).

Abbiamo dato di noi al mondo una immagine di simpatici cialtroni, nella migliore delle ipotesi dei perditempo da tenere alla larga quando ci sono problemi veri e gravi da risolvere. È già successo. Purtroppo non basta: nei giorni scorsi, su Euronews, il nostro campione ha informato il mondo che The Economist è nella rete europea dei giornali di sinistra regolarmente imbeccati da la Repubblica. The Economist è la voce della City londinese, a sua volta partner-guida della Borsa Italiana; ancora un piccolo sforzo, e la si dirà tutta e tonda: la Repubblica
e The Economist sono la voce dell’eterno demonio demoplutogiudaico.

È ora di tornare alla realtà e alla verità del senso della vita che ci è stato trasmesso: per tutti il pane quotidiano, la remissione reciproca dei debiti, la forza di affrontare le prove, la liberazione dal male. Sant’Ambrœus, dacci una mano.

 

Giuseppe Gario

 

 



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