30 gennaio 2013

MILANO: UNA BOMBA (DEMOGRAFICA) A OROLOGERIA


La riforma pensionistica del Ministro Fornero ha riportato alla ribalta il tema dell’equità tra generazioni: sacrifici per i pensionati di oggi per garantire la tenuta dell’intero sistema pensionistico, a fronte di un invecchiamento progressivo della popolazione e di un calo delle nascite a livello nazionale. E a Milano?

I dati del censimento ISTAT, rielaborati da tuttitalia.it, fanno luce su questi aspetti. In termini di andamento, la popolazione milanese è aumentata tra il 1951 e il 1971 (+14,2 e +9,5%), per poi subire un brusco calo dal 1981 al 2011 (tra il 7,3 e l’1,1%). Età media: circa 45 anni, praticamente stabile fra il 2002 e il 2011. Età mediana: molto simile; le proiezioni per il 2016 e il 2021 ne ipotizzano un innalzamento a 46 (Fonte: Indicatori Demografici 2011, Comune di Milano). Indice di natalità: intorno a 9,5 tra il 2003 e il 2011; indice di mortalità: calato di più di un punto (da 11,5 a 10,3). La piramide delle età del 2011 ci informa che quasi un terzo dei milanesi ha tra i 35 e i 54 anni, mentre i 15 – 24enni sono circa il 10%. Da notare l’incremento degli ultraottantenni che vivono soli (7,4%), destinati a raddoppiare nell’arco di un ventennio secondo le proiezioni del Comune di Milano.

Ma il dato più preoccupante è l’indice di carico sociale (rapporto tra non attivi e attivi sul mercato del lavoro), schizzato dal 50,7 del 2002 al 57,1 del 2011: significa che ci sono 57,5 individui a carico ogni 100 che lavorano. Due le possibili cause. Numeratore alto: ci sono troppi anziani (over 65) a Milano. Denominatore basso: la popolazione attiva milanese (15 – 64 anni) non è abbastanza numerosa.

Esaminiamo il numeratore: gli over 65 sono in aumento fra il 2002 e il 2011: dal 22,9% al 23,6%. Le proiezioni del Comune di Milano prevedono un aumento del numero degli anziani, che farà schizzare verso l’alto l’indice di vecchiaia dall’attuale 185,5 a 201,1 nel 2031. Disaggregando l’indice di carico sociale nelle sue due componenti (giovani e anziani), la questione demografica emerge in tutta la sua nettezza. La componente preponderante è l’indice di carico degli anziani (37,1 rispetto al 20 dei giovani), destinata a sfiorare il 67% dell’indice totale nel 2031.

Passiamo ora al denominatore: i milanesi attivi (dai 15 ai 64 anni) sono effettivamente diminuiti fra il 2002 e il 2011, passando dal 66,3 al 63,7%.

Cosa implicano questi indicatori, concretamente? Che ci troviamo tra le mani una bomba (demografica) a orologeria. E quando la bomba scoppierà, volenti o nolenti, le tensioni finanziarie su previdenza e sanità dovranno essere fronteggiate con nuovi tagli alla spesa pubblica e delle pensioni e un maggiore intervento dei privati.

La situazione potrebbe in parte essere temperata da un aumento dei giovani, o perlomeno di quelli che lavorano. Ma i numeri parlano chiaro: il tasso di occupazione dei milanesi tra i 15 e i 24 anni è calato di quasi 4 punti tra il 2004 e il 2011 (dal 24,4 al 20,7%; Fonte: dati.comune.milano.it). La performance negativa dell’indice è dovuta in larga misura al pessimo indice occupazionale delle giovani donne milanesi: da 25,4 a 18,4%.

Se consideriamo anche i giovani in cerca di lavoro oltre agli occupati al numeratore e manteniamo la popolazione tra i 15 e i 24 anni al denominatore, otteniamo un altro dato interessante: il tasso di attività giovanile. Anch’esso sconfortante: in calo tra il 2004 e il 2011 dal 32% al 26%, salvo un picco del 30,7% nel 2009, in corrispondenza di un boom della disoccupazione giovanile.

Manco a dirlo, anche in termini di attività le donne sono le più penalizzate: il loro tasso di attività ha subito un tracollo dal 34,6 al 22,3% nel giro di 7 anni. Perdita di capitale umano per oggi. E ripercussioni future: il replacement rate (rapporto tra pensione e stipendio percepito durante la vita lavorativa) è in netto calo: secondo le stime del 2010 della Fondazione Rodolfo Debenedetti, esso si aggira tra il 49% e il 79% (nell’ipotesi di crescita del PIL rispettivamente dell’1 e dell’1,5%) per i “lavoratori duali”. Questi ultimi seguono un percorso di carriera piuttosto comune: lavoratori temporanei tra i 25 e il 28 anni; disoccupati a 29, per poi passare a contratti a termine tra i 29 e 31, attraversare un nuovo periodo di disoccupazione a 32 anni, fino a un nuovo contratto a termine a 33 anni e infine approdare all’agognato “posto fisso” a 35.

Un rilancio dell’occupazione giovanile potrebbe riequilibrare in parte la situazione. A livello regionale, la “Dote Lavoro – Tirocini per i giovani” promuove con incentivi alle imprese gli stage per i giovani lombardi di età compresa fra i 18 e i 29 anni, neolaureati o neodiplomati e non occupati da almeno 6 mesi. Sono previsti bonus di 1.000 euro alle imprese che li assumono in stage e un bonus aggiuntivo di 8.000 euro in caso di successiva assunzione del giovane con contratto di lavoro subordinato full-time/part-time non inferiore a 12 mesi. Peccato che manchi ancora una prospettiva di stabilità lavorativa per il giovane.

 

Valentina Magri

 

 



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