30 gennaio 2013

URBANISTICA: LETTERA APERTA AI CANDIDATI ALLA REGIONE LOMBARDIA


Caro direttore, partecipammo insieme a Milano, nella sala dello splendido Museo Diocesano all’assegnazione a “eddyburg” * del premio Silvia dell’Orso. Proprio lì, dopo la tavola rotonda, abbiamo ragionato con alcuni vecchi e nuovi amici della sordità dei “politici” d’oggi all’ascolto e alla riflessione. Partivamo da una valutazione positiva dall’impegno e la franchezza con cui l’assessore Lucia De Cesaris aveva replicato alle nostre critiche per valutare con molta preoccupazione la generale sordità dei decisori nei confronti delle ragioni dell’urbanistica (mi verrebbe da dire, delle ragioni della ragione).

Come fare per stimolare l’attenzione dei “politici” alla realtà dei fatti. Ecco allora che a qualcuno degli amici con cui discorrevamo (Gianni Beltrame, Cristina Gibelli, Michele Monti, Donato Belloni) viene in mente di lanciare un appello. A poco sono servite fino adesso le battaglia che alcuni di noi hanno condotto, anche utilizzando strumenti che spesso sono stati utili per informare, denunciare e proporre, trovando riscontri ampi nel mondo dei preoccupati e degli indignati, ma non in quello dei decisori, o aspiranti tali.

Qualcuno propose dunque di redigere e lanciare un appello, una lettera aperta nella quale esporre sinteticamente a chi si sarebbe candidato alle prossime elezioni (allora non sembravano tanto vicine) le nostre idee. Io lasciai cadere la proposta. Devo dire che ho molta poca fiducia sia su chi si agita oggi sul teatrino della politica sia nell’utilità dello strumento dell’appello: spesso sembrano promossi e lanciati più per dare visibilità a quel gruppo o gruppetto o per polemizzare col fratello o col cugino che per far diventare realtà un’idea, una proposta, una soluzione… Per fortuna altri, invece, ci lavorarono sopra e fecero bene: in primis Beltrame e Monti, poi Cristina Gibelli, poi Beppe Boatti.

Quando vidi il testo che avevano preparato mi sembrò che potesse essere utile, almeno per due ragioni, che ritrovavo nell’editoriale di eddyburg che avevo scritto dopo l’incontro di Milano: due ragioni che riguardavano da un lato la condizione nella quale erano finiti i membri del ceto politico italiano, non sempre per colpa, dall’altra per il ruolo che aveva svolto il gruppo professionale al quale apparteniamo: semplifichiamo, la corruzione ideale dei politici, il tradimento degli urbanisti.

In quell’eddytoriale denunciavo un’ombra pesante che si getta su tutta l’area della sinistra, ivi compresa quella che – almeno nelle intenzioni dichiarate – si propone di essere radicale (nel senso di mirare alle radici dei problemi) e meno compromessa con i poteri dominanti. Ponevo due domande. (1) Quali sono i poteri che governano oggi le città e i territori: quelli espressi dalle istituzioni democraticamente elette secondo le regole della democrazia rappresentativa, oppure quelli costituiti dai tre interessi, sempre più solidalmente legati tra loro, dalla grande proprietà immobiliare, del sistema finanziario, dei mass media? (2) Rispetto a questo sistema di potere, rispetto alla triade mattone, banche, grandi media, sono complici o succubi solo i soggetti politici facenti capo al vecchio sistema dei partiti, arricchito dai partiti dei tycoons e del razzismo padano, oppure anche quelli che vogliono esprimere un’alternativa? I casi che abbiamo sott’occhio obbligano – concludevo su questo punto – a dare risposte molto sconfortanti a entrambe le domande.

E sul versante nostro, quello degli intellettuali, in particolare degli urbanisti? Ho ripreso un vecchio titolo di Julian Benda, nato del clima del cedimento della cultura europea al fascismo: La trahison des clercs, il tradimento degli intellettuali. E ho espresso una critica a quegli intellettuali che, professando il sapere e praticando il mestiere dell’urbanistica, hanno accreditato, o addirittura inventato, gli strumenti che consentono ai portatori d’interessi privati di scardinare i principi dell’interesse pubblico. Mi riferivo a chi ha criticato la “urbanistica autoritativa”, a chi ha inventato i “diritti edificatori”, a chi ha dichiarato fuori moda gli “standard urbanistici” e ha gettato alle ortiche il metodo del rigoroso calcolo delle quantità di urbanizzazione necessarie per i fabbisogni sociali non soddisfabili nei volumi già edificati e sui suoli già laterizzati. Rinvio chi voglia comprendere meglio le mie affermazioni all’eddytoriale n. 155 di eddyburg.it. Concludo adesso dicendo che ho alla fine accettato di sottoscrivere l’appello e lavorare per la sua diffusione non solo per la mia piena adesione al suo contenuto, ma anche perché mi sembra rilevante aprire, proprio in Lombardia, la speranza de una nuova strategia per la città e il territorio che abbia la sua base in una politica liberata dalla soggezione alla Triade e in un’urbanistica finalizzata alla costruzione della città dei cittadini e non alla facilitazione del trionfo della “città della rendita”. Ti sarei molto grato se volessi ospitare su ArcipelagoMilano (uno spazio che considero bellissimo e utilissimo, in costante miglioramento), il nostro appello.

Edoardo Salzano

 * Blog a cura di Edoardo Salzano

PER LEGGERE L’APPELLO: CLICCA QUI



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