27 aprile 2009

BALLO/BALLO: UNA MOSTRA AL PAC CON UNA LEZIONE DI STILE


Il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, meglio noto come PAC, tra il 1979 e il 1989 aveva goduto di una stagione culturale di primo piano tanto che i giovani affollavano le inaugurazioni e non solo, per cogliere quei pensieri sull’arte contemporanea, sull’architettura, sul design e sulla fotografia che nessun’altra istituzione milanese poteva garantire con tanto impegno, coerenza e continuità. Quando le magie s’interrompono vi è sempre un motivo che non lenisce il rimpianto e il desiderio d’essere informati con metodo sulle strade dell’arte fuori dai canali commerciali, pure necessari, comunque non affidabili quanto lo possono essere le istituzioni che si avvalgono di critici, studiosi e appassionati ricercatori.

La mostra fotografica dedicata ad Aldo e Marirosa Ballo Toscani sembra riprendere una tradizione interrotta ed anche non fosse così vale la pena segnalare al pubblico il lavoro straordinario che non è fatto solo d’immagini ma anche di valori morali che contano assai di più quando appaiono tanto nitidi e determinanti in un lavoro corale. La prima scena si apre a destra sulla facciata d’ingresso al PAC in cui appare un’immagine del gruppo Ballo & Ballo con tutti i loro collaboratori: una scuola in cui gli allievi hanno imparato prima di partire per il mondo.

Alla sinistra dell’ingresso Oliviero Toscani e suo figlio Rocco stanno fotografando un gruppo di famiglia in esterno. Marirosa è circondata della sua famiglia, tra nipoti e figli di nipoti. Il primo messaggio è partito e arrivato: è dal gruppo di lavoro ed dal gruppo famigliare che parte tutto. La storia inizia dal bisnonno (per l’ultima generazione) Fedele, pure fotografo-reporter, di cui il Corriere della Sera ha recentemente ricordato il laboratorio nella ” casa gialla” in via Montebello 3.

All’interno è ricostruito con “ombre cinesi” lo studio Ballo di via Tristano Calco dove sono stato tante volte a parlare d’immagini d’architettura e di design. Avevo messo in contatto Albini – Helg con i Ballo negli anni ’70 e da quel momento il nostro archivio si era arricchito di straordinarie sequenze con spazi di architettura e di oggetti. Aldo e Marirosa, pazienti interpreti di desideri e sensazioni, sapevano ascoltare e tramutare la realtà in qualcosa di diverso e in un’inconfondibile atmosfera in cui ci si poteva riconoscere. Quel processo costruttivo dell’immagine richiedeva molto tempo e una grande passione; richiedeva un atteggiamento generoso e discreto perché, pensavo allora, non tutto poteva essere condiviso, non tutto avrebbero potuto fare con la stessa convinzione, eppure s’impegnavano con accanimento senza semplificazioni.

Grande professionalità dunque dove il dettaglio tecnico e quello legato alla sensibilità facevano la differenza con un valore aggiunto incalcolabile. Era un piacere scendere nella loro cucina per prendere un caffè e discutere di quei dettagli: luci ed ombre, riflessi dei grigi che amavo molto e del nulla che avvolgeva gli argenti della San Lorenzo o le lampade della Sirrah per ricordare qualche oggetto che ormai appartiene al secolo passato e nella sua immagine invece è presente. All’interno un’esplosione di ritratti di architetti e designer, in gran parte milanesi, tra cui s’intravede il giardino con i Sette Savi di Melotti. Gli ambienti sono neri e lo spazio esalta le immagini, nei loro espositori bianchi e luminosi, di architetture e di oggetti prodotti nel secolo passato. Ma tutto è di un’attualità straordinaria: intelligenza, sensibilità, professionalità diffusa ovunque.

Mario Botta, presente alla serata inaugurale, mi diceva che in quegli spazi del PAC era rappresentata la Milano migliore: da tutti i punti di vista questo incontro è positivo perché rilancia valori immutabili nel tempo, concetti che richiedono studio, tenacia, determinazione, coraggio ed il senso dell’amicizia: rilancia, con la tenacia di Marirosa, il valore di un mestiere ben fatto, della sua continuità e di Milano.

Alla realizzazione della mostra hanno collaborato con grande efficacia Luigi Baroli, Studio Azzurro, Salvatore Gregorietti.

Antonio Piva



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