16 gennaio 2013

IL SORRISO DI BERLUSCONI E I NEURONI SPECCHIO


La cosa che mi ha colpito di più nella trasmissione di Santoro con Berlusconi, è stato l’uso del sorriso da parte del suo ospite. Le battute da varietà sono state interessanti, ma il sorriso a pieni denti sempre ben evidenziato dimostra una conoscenza approfondita di come sia importante sorridere e di come sia necessaria per rilassare gli interlocutori più significativi, gli spettatori a casa, per facilitare poi una comunicazione discendente e semplice da capire. Non a caso pare abbia guadagnato dei punti dopo l’evento televisivo. Probabilmente conosce molto bene i neuroni specchio.

Questa tipologia di neuroni è stata rilevata per la prima volta verso la metà degli anni ’90 da Giacomo Rizzolatti presso il dipartimento di neuroscienze dell’Università di Parma. Utilizzando come soggetti sperimentali dei macachi, i ricercatori osservarono che alcuni gruppi di neuroni si attivavano non solo quando gli animali erano intenti a determinate azioni, ma anche quando guardavano qualcun altro compiere le stesse azioni.

Avevano collocato degli elettrodi nella corteccia frontale inferiore di un macaco per studiare i neuroni specializzati nel controllo dei movimenti della mano, come il raccogliere o il maneggiare oggetti. Durante ogni esperimento era registrato il comportamento dei singoli neuroni nel cervello della scimmia mentre le si permetteva di accedere a frammenti di cibo, in modo da misurare la risposta neuronale a specifici movimenti. Come molte altre notevoli scoperte, quella dei neuroni specchio fu dovuta al caso.

L’aneddotica racconta che, mentre uno sperimentatore prendeva una banana in un cesto di frutta preparato per degli esperimenti, alcuni neuroni della scimmia che osservava la scena avevano reagito. Come poteva essere accaduto questo, se la scimmia non si era mossa? Se fino ad allora si pensava che quei neuroni si attivassero soltanto per funzioni motorie? In un primo momento gli sperimentatori pensarono si trattasse di un difetto nelle misure o un guasto nella strumentazione, ma tutto risultò a posto e le reazioni si ripeterono non appena fu ripetuta l’azione di afferrare.

Studi successivi, effettuati con tecniche non invasive, hanno dimostrato l’esistenza di sistemi simili anche negli uomini. Sembrerebbe che essi interessino diverse aree cerebrali, comprese quelle del linguaggio. I neuroni specchio permettono di spiegare fisiologicamente la nostra capacità di porci in relazione con gli altri. Quando osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano, nel nostro cervello, gli stessi neuroni che entrano in gioco quando siamo noi a compiere quella stessa azione. Per questo possiamo comprendere con facilità le azioni degli altri: nel nostro cervello si accendono circuiti nervosi che richiamano analoghe azioni compiute da noi in passato.

Nelle imprese durante i corsi di aggiornamento soprattutto nella parte motivazionale, i formatori proprio perché conoscono i neuroni specchio sollecitano e impongono di sorridere sempre, proprio perché “il sorriso è contagioso”e una comunicazione con il sorriso favorisce l’interazione con le persone. Chiaramente anche le smorfie di dolore interagiscono in termini negativi, e a sinistra spesso le conosciamo fin troppo bene, non sempre ci hanno avvantaggiato, una sinistra “sofferente” non è necessariamente vincente.

Sorridere non è sinonimo di banalità o sottovalutazione della difficile crisi, ma può essere un modo per comunicare coraggio, a chi deve resistere nella trincea del lavoro e della vita. A proposito, al professor Rizzolatti non è stato dato il Nobel, forse per l’immagine del nostro paese offerta da parte di chi usa le se sue scoperte.

 

Massimo Cingolani

 



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