16 gennaio 2013

MILANO “METICCIA”: SENSIBILITÀ E ATTENZIONE…


Quella del corteo dei Magi che, il giorno dell’Epifania, parte da piazza del Duomo e arriva alla basilica di Sant’Eustorgio, è una delle tradizioni più antiche e partecipate della nostra città, a conclusione delle feste natalizie. Attestata sin dal Medio Evo, la sfilata del corteo dei Magi è uno degli eventi più amati dai milanesi, che vi assistono disponendosi lungo tutto il percorso.

Questo evento religioso e culturale ci introduce al tema tanto complesso quanto affascinante dell’incontro di razze e culture differenti che, soprattutto in una grande città quale Milano, è indubbiamente un fenomeno di straordinaria importanza che si riverbera su tanti aspetti della nostra vita sociale. In oltre venti anni, gli immigrati regolari in Italia sono aumentati di dieci volte: erano mezzo milione nel 1990, sono oltre 5 milioni nel 2012 (7% dei residenti).

Insieme al numero degli immigrati, anche a causa della crisi economica, sono aumentate le reazioni negative, la chiusura e la paura nei loro confronti da parte dei cittadini, sia giovani sia meno giovani. Lo afferma l’annuale rapporto sull’ immigrazione della Caritas Italiana e della Fondazione Migrantes, che fotografa con una certa preoccupazione lo stato dell’immigrazione nel nostro paese.

Le culture sono costantemente in movimento e questo rappresenta da sempre una costante del modo umano di abitare il mondo: nessuna civiltà è pensabile senza mettere in conto un processo articolato di contatto e compenetrazione tra popoli diversi, avvenuto nel corso di millenni di migrazioni. La differenza, rispetto al passato, è che oggi il fenomeno della “mescolanza” – è stato proposto il termine “meticciato” da alcuni sociologi contemporanei – ha assunto proporzioni planetarie, coinvolgendo milioni di persone e muovendosi – almeno fino ai nostri giorni, il futuro sotto questo punto di vista è un’incognita- dal sud povero al nord ricco del mondo.

L’accelerazione e l’espansione dei flussi migratori ha come effetto la globalizzazione degli incontri-scontri tra le culture con conseguenze di indubbio arricchimento umano e culturale, ma anche con tensioni sociali che affliggono i nostri giorni e le nostre città. Ora, questo complesso intreccio di globale e locale, cioè questo inedito fenomeno di glocalizzazione – come è stato opportunamente definito -, rappresenta una grande sfida del nostro tempo: da una parte i confini interni dei gruppi e delle società non coincidono più con le frontiere geografiche, dall’altra si è formato un gap incolmabile tra la dimensione globale – egemonizzata dal mercato e dalle nuove tecnologie della comunicazione – e le pratiche routinizzate di una politica ancora vincolata al vecchio paradigma territoriale.

Questo dislivello significa, concretamente, che il potere normativo dello stato-nazione non riesce più a regolare i flussi del capitale trans-nazionale; a sua volta, il mercato globale funziona secondo una logica che non è affatto garanzia di libertà: anzi, quando il denaro gira intorno alla terra, le persone e le culture corrono il rischio di diventare unicamente merce di scambio.

In breve, sembra proprio che economia, cultura e politica siano diventate macrosfere autonome, che funzionano con regole proprie, reciprocamente incompatibili e spesso in conflitto. Gli uomini e le donne che si spostano sono i protagonisti del meticciato e sono coloro che ne pagano il prezzo, spesso non ascoltati dal mondo della politica e totalmente avulsi dal mondo dell’economia, nazionale e sovranazionale.

È necessità assoluta di un paese come l’Italia e di una città come Milano – da sempre attenta alle esigenze delle persone più in difficoltà – ascoltare con sensibilità le istanze dei migranti, favorendo un’integrazione che sia intelligente e solidale nella comune certezza che non possiamo più parlare di “milanesi”, “italiani” o “europei”, ma dovremo sempre più chiamarci tutti “cittadini del mondo”.

 

Ilaria Li Vigni

 



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