16 gennaio 2013

teatro


IL PANICO

di Rafael Spregelburd traduzione Manuela Cherubini

Regia Luca Ronconi

Scene Marco Rossi Costumi Gianluca Sbicca Luci A J Weissbard Suono Hubert Westkemper Trucco e acconciature Aldo Signoretti

Con Riccardo Bini, Francesca Ciocchetti, Clio Cipolletta, Fabrizio Falco, Iaia Forte, Elena Ghiaurov, Lucrezia Guidone, Manuela Mandracchia, Valeria Milillo, Maria Paiato, Maria Pilar Perez Aspa, Valentina Picello, Paolo Pierobon, Alvia Reale, Bruna Rossi, Sandra Toffolatti

Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

 

Ronconi torna all’Eptalogia di Hieronymus Bosh di Spregelburd (sette testi in cui l’autore argentino mette in scena i corrispettivi odierni dei sette peccati capitali) e dopo La modestia dello scorso anno, dirige Il panico.

Un uomo muore incidentalmente cadendo da una scala. Sua moglie (che è anche sua madre adottiva) e i figli-fratelli non sanno dove l’uomo aveva nascosto la chiave della cassetta di sicurezza. La ricerca della chiave, che si scoprirà poi essere un’allegoria del Libro dei morti, genera (o meglio lascia scaturire, visto che il nesso fra una scena e l’altra è spesso la casualità e il caos degli eventi) sotto-trame che si mescolano/incontrano in una sorta di soap opera noir e ironica. I personaggi che popolano il mondo di Spregelburd sono tutti sopra le righe, quasi ad appiattire la distanza che ci sarebbe fra l’usale e l’inusuale, in favore di un piano di realtà alterato, in cui ogni carattere diventa caricatura: il morto che non sa di essere morto, la sensitiva che vede i fantasmi, il figlio dall’incerta identità sessuale, la figlia ribelle, la coreografa, l’amante pazza, e anche i personaggi apparentemente minori come la banchiera, la poliziotta, l’amica della figlia, lo psicologo.

Una commedia d’ambiente in cui l’ambiente è sicuramente un’Argentina sull’orlo della crisi economica, ma soprattutto una post-modernità dove tutto è collegato ma allo stesso tempo dove è impossibile ricomporre in modo logico le connessioni di questi collegamenti.

Ronconi ricrea questo clima da fotoromanzo pop anni-novanta con un palco giallo e inclinatissimo, che quasi fa scivolare gli attori verso proscenio, dove con il gesso, su una pedana rialzabile, è disegnata la sagoma del morto. Le solite scenografie ampie e semoventi, sicuramente belle e appaganti dal punto di vista estetico, ma che il pubblico ormai si aspetta, sono completamente bianche (i teli, i divani, i tavoli, le sedie) come se il contesto fosse neutro, per dare meglio la possibilità ai colori dei personaggi di emergere e schizzare.

La recitazione ronconiana in questo caso sembra ancora più adatta a Spregelburd rispetto alla Modestia, anche se in certi punti l’attenzione alle singole parole (che nella maggior parte dei casi permette al pubblico di cogliere le sfumature della scrittura brillante dell’autore argentino) sarebbe potuta essere accompagnata da un maggior fluidità. Il cast d’attori è eccezionale, sia come numero sia come talento. Il gran numero di personaggi fa sì che quasi tutti i ruoli siano minori, tranne forse la madre/moglie Maria Paiato e il figlio Fabrizio Falco, ottimi soprattutto nel riuscire a mettere vita e immagini proprie all’interno del rigido tracciato ronconiano (cosa che non sempre gli attori riescono a fare).

Fuori dal teatro, alla prima del 15 gennaio, le espressioni del pubblico, divertito e per niente annoiato nonostante la lunghezza dello spettacolo, confermano il successo della messa in scena.

Piccolo Teatro Strehler dal 15 gennaio al 10 febbraio

 

In scena

Al Teatro TF Menotti dal 10 al 27 gennaio Anima errante di Roberto Cavosi, regia di Carmelo Rifici.

Al Teatro Elfo Puccini dal 16 al 20 gennaio Corsia degli incurabili di Patrizia Valduga con Federica Fracassi.

Al Teatro I dal 16 al 21 gennaio La Merda di Cristian Ceresoli.

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org

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