9 gennaio 2013

teatro


 

IL PRINCIPE AMLETO

Di Danio Manfredini liberamente ispirato all’Amleto di William Shakespeare

Regia Danio Manfredini Aiuto regia Vincenzo Del Prete

Con Guido Burzio, Cristian Conti, Vincenzo Del Prete, Angelo Laurino, Danio Manfredini, Mauro Milanese, Giuseppe Semeraro; Musiche Giovanni Ricciardi Maschere Danio Manfredini; Luci Luigi Biondi Sound design Giuseppe Lo Bue; Collaborazione tecnica Lucia Manghi Costumi Enzo Pirozzi, Irene Di Caprio

 

Danio Manfredini ritorna al Teatro Franco Parenti con il suo nuovo lavoro, frutto di due anni di studio, sull’Amleto. Lo spettacolo, come faceva presagire un primo studio visto in scena l’anno scorso a Modena, è ricco di immagini e suggestioni: tutto emerge dallo spazio vuoto, calato nella completa oscurità. La costruzione drammaturgica è convincente e la presentazione per quadri non toglie chiarezza all’intricato dramma danese, ma al tempo stesso forse non amplifica lo studio e il percorso affrontato coraggiosamente secondo una chiave sperimentale e poetica.

La lettura di fondo, che apre e chiude lo spettacolo, è estremamente affascinante: Manfredini pone un parallelismo tra Amleto e Cristo, entrambi portatori di un destino carnale impostogli dal padre e irrimediabilmente proiettato verso il dramma, dentro il profondo dolore umano. La forte immagine conclusiva del duello, con Amleto e Laerte crocifissi alla destra e alla sinistra della croce centrale di Cristo, però, restituisce solo l’invenzione concettuale e poetica, non la tragedia e l’azione irrefrenabile che trascina i due personaggi.

I volti sono ridotti all’uniformità mediante maschere che amplificano l’importanza dei movimenti: nella prima parte i corpi degli attori tagliano lo spazio e creano una atmosfera carica di tensione e dolore esistenziale. In questo senso il lavoro di movimento degli attori è fantastico, ma in certi punti forse non è supportato da una precisa consapevolezza del testo e finisce per soffocare e togliere respiro alla poetica performativa: in questo senso ne risente il ritmo generale dello spettacolo, che a tratti sprofonda all’interno delle complesse immagini performative, spesso citando vecchi spettacoli di repertorio.

Un lavoro ambizioso e coraggioso di uno dei più grandi maestri del teatro italiano.

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org



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