9 gennaio 2013

I PROBLEMI DI MILANO DALLA VIVA VOCE DI GUIDO MARTINOTTI


In occasione dell’affollatissima cerimonia laica che si è tenuta al Castello attorno all’urna delle ceneri di Guido Martinotti, abbiamo assistito alla testimonianza di molte persone che hanno avuto l’opportunità di frequentarlo e di collaborare con lui per iniziative politiche, culturali o partecipando a importanti programmi di ricerca. Mi sono trattenuto dall’intervenire perché la mia testimonianza sarebbe stata di ben poco conto, non potendo far riferimento a un’esperienza altrettanto significativa. Avrei anzi dovuto fare autocritica perché non sono stato in grado, a suo tempo, di assegnare significato e valore adeguati al suo originale contributo, che ci ha consentito di conoscere molto meglio la nostra realtà sociale e urbana.

Ricordo che lo incrociai negli anni ’60 all’ILSES (Istituto Lombardo per gli Studi Economici e Sociali), ove ebbi l’opportunità, come assistente di Lodovico Belgiojoso, di partecipare a una bellissima esperienza di ricerca sul sistema ospedaliero lombardo, diretta da Angelo Pagani. Parecchi anni dopo, in occasione di un dibattito alla Triennale, polemizzai con lui per quello che erroneamente ritenevo un ricorso un po’ abusato al fenomeno dei city users, che Martinotti aveva individuato come una delle cause fondamentali di trasformazione della città contemporanea e che a Milano iniziava a manifestare rilevanti effetti proprio in concomitanza con la contrazione della popolazione residente.

Successivamente ho seguito il suo lavoro di ricerca e la sua attività politica e culturale a distanza, fino a quando, all’inizio del 2009, avendo cominciato a organizzare nel mio studio una serie d’incontri, molti dei quali dedicati ai problemi di Milano, (www.emiliobattisti.com) i suoi interessanti articoli su ArcipelagoMilano mi sono spesso serviti per mettere a fuoco i temi e individuare gli interlocutori da invitare a discuterne. In un paio di occasioni mi sono anche rivolto direttamente a lui, che ha accettato l’invito portando il proprio originale contributo e manifestando una disponibilità a dialogare che non faceva pesare, nel confronto, la sua grande, indiscussa competenza.

Ora che Guido non è più tra noi, avendo io l’abitudine di registrare gli incontri, ho pensato di offrire ai lettori l’opportunità di riascoltare quei suoi discorsi pacati, circostanziati e franchi senza infingimenti e giri di parole. Nell’ottobre 2011, partecipando a un incontro dedicato al progetto Expo Diffusa e Sostenibile (clicca qui), con Gianni Confalonieri, Luca Beltrami Gadola e gli assessori Franco D’Alfonso e Daniela Benelli, è stato lui a polemizzare bonariamente con me, perché, come potrete constatare dalla registrazione (clicca qui), si lamentò del fatto che non gli avevo posto una specifica domanda come avevo fatto con gli altri relatori. Non ebbi difficoltà a dimostrare che le domande erano state poste agli altri invitati (clicca qui) per richiamarli ai compiti della loro carica istituzionale, mentre da lui mi aspettavo un libero contributo sul progetto di Expo Diffusa e Sostenibile.

Come potrete constatare ascoltandolo, Martinotti sviluppò considerazioni di particolare significato, svelando a tutti noi potenzialità che non saremmo stati in grado di immaginare senza il suo contributo, evidenziando innanzi tutto come il decorso della manifestazione, dopo il grande successo dell’assegnazione a Milano, dovuto alla stretta collaborazione tra l’amministrazione Moratti e il governo Prodi, avesse successivamente registrato un disastroso arretramento a causa dei gravi conflitti generatisi tra vari soggetti politici e istituzionali. Inoltre, il contrarsi dei finanziamenti e delle risorse, dovuto alla crisi internazionale, aveva esasperato le lotte intestine per il loro controllo, riservandone comunque l’accesso ai soliti noti.

Conseguentemente, molte delle iniziative di partecipazione spontanea che avevano preso le mosse in seguito all’assegnazione della manifestazione a Milano sono entrate in una fase di disincanto e disinteresse molto negativo che sarà difficile superare, a meno che non si ricorra a una strumentazione ad hoc che consenta di rimettere in moto il processo partecipativo. Tale strumentazione deve essere anche in grado di individuare le realtà utilmente mobilitabili, cercando di mettere assieme soggetti dotati di grandi potenzialità ma non adeguatamente valorizzati, localizzati in specifici ambiti territoriali. Per Martinotti, l’occasione dell’Expo dovrebbe quindi consentire di riunire attorno a programmi coordinati tutte queste realtà culturali per mettere in moto tutti i possibili volani atti ad avviare in forma almeno sperimentale l’area metropolitana milanese: un obiettivo reiteratamente disatteso fin dal 1957, anno della sua prima formulazione, come lui stesso aveva previsto.

Molto più recentemente Guido aveva accettato senza indugi il mio invito a formulare le domande e coordinare gli interventi in occasione del confronto tra i rappresentanti dei cinque candidati alle primarie che si è svolto nel mio studio nel novembre scorso, appena quindici giorni prima della sua scomparsa. Anche in tale occasione, non solo ha svolto il suo compito con grande autorevolezza e precisione, ma ha anche fatto un intervento molto significativo (clicca qui) per richiamare gli invitati alla necessità di evitare eccessive semplificazioni nell’illustrare i programmi dei candidati. Prendendo le mosse da una citazione di Auguste Comte, “savoir pour prévoir afin de pouvoir“, egli ha messo bene in evidenza come oggi questa processualità metodologica sia definitivamente entrata in crisi nel nostro mondo della “doppia ermeneutica”, perché in esso conoscenza e realtà si sovrappongono e interferiscono in un flusso continuo e inestricabile. Tale condizione è resa ancora più problematica dal fatto che, a suo parere, l’eterogenesi dei fini spesso ci impedisce di raggiungere direttamente il risultato che ci siamo proposti con la nostra azione e che, per quanto riguarda le primarie, il vero risultato importante e significativo è rappresentato dalla partecipazione delle persone, e non tanto dalla scelta del miglior candidato.

Dall’inizio del 2009 egli ha pubblicato su queste stesse pagine decine di articoli che ho sempre letto per primi nel riceverle ogni mercoledì mattina. Articoli che hanno affrontato tematiche di grande rilievo e che su Milano hanno offerto uno spaccato della nostra realtà con analisi e proposte molto interessanti che avrebbero dovuto, a mio parere, suscitare un dibattito e un confronto che nella sostanza non c’è stato. Lo dico anche perché mi sembra che le aspettative per quella democrazia partecipativa al governo municipale, enunciata nel programma elettorale di Pisapia, che sembrava essere stata concretamente avviata in forma organizzata con la costituzione della “Officina per la città”, siano state deluse con il suo scioglimento subito dopo le elezioni.

Martinotti è stato una figura molto importante della cultura milanese, eppure ha riscosso più riconoscimenti all’estero che da noi e, per quanto abbia manifestato una grande disponibilità a mettere disinteressatamente a disposizione le sue conoscenze e la sua capacità di studiare e prevedere l’evoluzione dei fenomeni sociali e urbani, anch’egli è stato nei fatti inascoltato. Nemo propheta in patria?

Emilio Battisti



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