9 gennaio 2013

MA “CHI SIAMO?” È ANCORA DI MODA?


Eravamo un popolo di agricoltori, bassi, scuri di pelle, malnutriti, afflitti da varie malattie endemiche. La carne sulla tavola era un lusso, poi siamo diventati un popolo consumatore di Fiat 500, siamo infine arrivati ad acquistare circa 2,2 milioni di autovetture in un anno nel 2009, nel 2012 ne abbiamo acquistate 1,4 milioni. “Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha firmato la versione finale della legge che obbligherà i costruttori di automobili a dimezzare i consumi di carburante entro il 2025, con l’obiettivo di arrivare a 4,36 litri ogni 100 km“. Il presidente è lo stesso che ha consentito che la Chrysler fosse acquistata dalla Fiat.

Stiamo consumando tutto troppo e in modo troppo veloce, eravamo un popolo schivo e parsimonioso, dedito al risparmio e all’acquisto della casa. È sotto gli occhi di tutti il dato più lampante, la popolazione italiana non cresce. Il nostro istituto di statistica ci dice che il tasso di variazione medio annuo della popolazione residente in Italia è aumentato dello 0,78% nel 2010 al netto degli immigrati. Basta appunto andarsi a leggere qualche appunto di Ecologia applicata per capire che le curve di crescita delle popolazioni animali tendono a un asintoto e in Italia sembra proprio che ci siamo arrivati. Declino, sopravvivenza o necessità di un diverso modello economico? E se la popolazione decresce è un male?

L’inquinamento è sostanzialmente una questione di concentrazione, quanta più se ne trova in un contesto di una sostanza tanto più questo contesto è inquinato. L’inquinamento culturale, quello poi è il più pericoloso, non si odora, non brucia la pelle, non macchia ma crea danni a tempo indeterminato.

Oramai sono settanta anni che è stato firmato l’armistizio con gli americani, il nostro tributo per i danni di guerra lo abbiamo pagato nel corso dei decenni. Dalle infiltrazioni dell’OSS durante lo sbarco in Sicilia alle varie vicende non troppo trasparenti nella gestione della criminalità organizzata a cavallo dell’Atlantico, dallo sbarco della Coca cola all’apertura dei supermercati di Rockfeller a Milano (oggi Esselunga), dal lavoro dell’azienda di Mitt Romney (Bain Capital) ai ristoranti Mc Donalds, sino ad arrivare alla tragedia del Cermis dove si conferma che i militari americani in servizio in Italia che commettono crimini non sono perseguibili dalla magistratura italiana. Dai costi portuali predeterminati per la flotta americana all’uso degli aeroporti civili come basi per le azioni di guerra (vedi Napoli Capodichino nella guerra del Kosovo), passando per Sigonella, (a italica memoria non si era mai visto un battaglione dei Carabinieri circondare i Marines).

Siamo stati un “desk importante” al dipartimento di stato USA durante la guerra fredda, uno stato dove il partito comunista era il più grande dell’Europa occidentale, uno stato di confine con l’impero del male (URSS). Il comunismo sovietico è finito, e l’ex comunista D’Alema ha “bombardato senza mandato ONU” la Serbia, insieme a Bill Clinton… A parte qualche souvenir nelle case dei nostalgici Baffone no pasarà! È giunto il momento di rivedere la relazione culturale piuttosto che quella diplomatica, gli Stati Uniti non sono il nostro nuovo nemico, gli Stati Uniti, purtroppo per loro sono, tra gli stati più energivori del mondo, che li governino i democratici o i repubblicani … superati oggi solo da Cina e India , sono lo stato di cui va ben ponderato e non passivamente i modello di sviluppo.

I nostri economisti di grido, che possono sfoderare un pedigree di tutto rispetto nelle università anglosassoni / statunitensi, sono appunto fortemente contaminati culturalmente dagli yankees e propugnano modelli di sviluppo – crescita che mal si adattano al nostro stato. È il 1938 ed Enrico Fermi dice di lui: “Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galilei e Newton. Ebbene, Ettore Majorana era uno di questi.” I vari Monti, Draghi, Giavazzi, Alesina, Boeri appartengono tutti a un insieme tra il primo e il secondo rango. Ci manca proprio l’Ettore Majorana della situazione.

Il Capitalismo, una combinazione di pratiche economiche, che venne istituzionalizzata in Europa, tra il XVII e il XIX secolo, è oramai un ferro vecchio inadeguato a gestire una situazione profondamente mutata rispetto a quanto avveniva nel periodo in cui il Capitalismo appunto venne istituzionalizzato. Avremmo bisogno di un Ettore Majorana moderno o un team di persone che riuscisse a riportare il percorso italico su di una dimensione legata direttamente all’utilizzo sostenibile delle nostre risorse naturali.

Ci viene detto che dobbiamo crescere, per sopravvivere, il tutto ci viene proposto in salsa americana con modelli di sviluppo / consumo etc etc che non sono assolutamente consoni a una nazione stretta e lunga con poca superficie utile all’agricoltura, e acqua disponibile in maniera significativa e costante solo in alcune zone. Una nazione culturalmente molto variegata e dedita al campanilismo endemico, il ponte del Mediterraneo.

 

Riccardo Lo Schiavo

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti