19 dicembre 2012

“NO, LE QUOTE NO”. NEXT


Sinceramente dover ancora giustificare l’esistenza delle quote rosa mi pare quasi tempo sprecato. Non ho più voglia di trovare ragioni: si alle quote, perché si. Basterebbe la prova specchietto: se la situazione fosse invertita, sarebbe accettata? (non dico accettabile..). E la risposta è no. Basta così, punto e a capo.

Il fatto che il World Economic Forum stili un Global Gender Gap Report annuale fa delle donne una specie protetta? Forse si, ma a ragion veduta. Se l’Onu e la Ue si preoccupano della disparità di genere e promuovono politiche per l’uguaglianza, non vuol dire che è un problema di democrazia tout court? E fra queste politiche c’è il sistema delle quote, che dove sono state introdotte hanno funzionato: i numeri sono cambiati e le abitudini si sono consolidate. Partire dai dati e dalle esperienze, ci farebbe un gran bene.

Come facciamo a “dare per scontato che (le donne) hanno le stesse opportunità, pari opportunità di un collega/avversario dell’altro sesso” (*) quando banalmente a parità di ruolo non hanno lo stesso stipendio (ma mediamente il 20% in meno) e devono scrollarsi di dosso il lavoro di cura che “tradizionalmente” le riguarda?

Esiste uno specifico femminile rispetto alla politica? Tutto da dimostrare. Ma come facciamo ad affermarlo o a negarlo finché non c’è una presenza massiccia? Eppure nelle aziende il Fattore D è riconosciuto, apprezzato, quantificato: le donne (in quanto donne!), lavorano con modalità diverse. Non dubito che lo faranno anche in politica.

Solo le donne possono rappresentare le donne? No, è evidente, eppure: solo gli uomini possono rappresentare tutti? Non si preoccupi Eleonora Poli il “donna vota donna”, non funziona, o non saremmo qui a parlar di quote rosa, visto che le donne sono più del 50%. Eppure il gap salariale, il sostegno alla conciliazione, la qualità del welfare raramente sono in cima alle agende politiche: quindi voci e sguardi diversi definiscono altre priorità.

Capisco la sensazione della Poli: l’altra sera nel confronto finale per le primarie tra Bersani e Renzi sembrava di essersi svegliati in un altro paese dove è normale e scontato che che la metà del consiglio dei ministri sia donna. Eppure era solo il 29 gennaio 2011 a Milano e poi il 13 febbraio in tutta Italia con Se non ora quando, che le donne sono scese in piazza per rivendicare dignità pubblica con una manifestazione imponente e maestosa, nata spontaneamente. La chiamata era diretta, le donne (e non solo) hanno risposto. Una carica a molla che ha sprigionato energie per i mesi a seguire, che ha reso inevitabile considerare le “donne” nell’agenda politica e ha letteralmente imposto il tema della democrazia partitaria.

Sono passati meno due anni e l’argomento ci pare già consumato? I numeri non sono (ancora) cambiati, le percentuali di donne al vertice rimangono misere. Ci siamo cullati beatamente nelle giunte al 50 e nelle nomine: ricordiamoci che sono “appunto” nomine. Bisogna prendere atto che c’è una grossa differenza, non si può considerare acquisito quello che di fatto è stato “concesso”: la giunta, le nomine nelle partecipate sono scelte pervicacemente perseguite da Giuliano Pisapia che ha onorato le promesse elettorali grazie alla sua intelligenza e sensibilità, ma al cui fianco c’è Cinzia Sasso che con i suoi scritti non è certamente estranea.

Preoccupiamoci di quello che è ancora tutto da guadagnare, parliamo di competizione elettorale. Le liste non devono essere “per forza” al 50 e 50, lo devono essere “per legge”, che è ben diverso. E se è diventato mainstream avere le donne in lista, andiamo a vedere quanto i partiti veramente le sostengono alla prova dei fatti. Bersani va orgoglioso del nuovo regolamento per le primarie: “garantiamo la presenza delle donne in un gruppo politico”, sarà, eppure dal 50 siamo già scesi al 33%… Alla prossima tornata in regione le liste devono presentare alternanza di genere, pena l’esclusione: tante (mai così tante) donne a caccia di preferenze. Chi sono queste donne? Con quali criteri sono state selezionate? Come i partiti promuoveranno la partecipazione delle donne alla vita politica?

Basta parlare di quote: andiamo avanti.

Giulia Mattace Raso

 

 

(*) Eleonora Poli , Donne e politica. Non facciamone una specie protetta, ArcipelagoMilano



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti