18 dicembre 2012

DECENTRAMENTO E BUROCRAZIA SEPARATI IN CASA


La settimana scorsa Giuseppe Natale ha rappresentato su queste pagine le condizioni che rischiano di rendere pressoché impossibile la realizzazione del progetto delle Città Metropolitane. Un progetto che sarebbe realmente innovativo e che vedrebbe fortemente attenuato il centralismo statalista che contraddistingue la nostra Nazione; che dovrebbe portare a una semplificazione, e perciò a una maggiore efficienza e trasparenza, della nostra macchina amministrativa.

Il 5 dicembre, sulla prima pagina del Corriere, in un articolo intitolato “I distruttori delle riforme“, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno descritto le difficoltà che incontra in Italia ogni progetto di riforma a causa dell’ostruzionismo messo in atto dai funzionari pubblici. Lì si parlava dei ministeri, ma la teoria esposta perfettamente si può adattare anche alle realtà locali (Regioni, Province, Comuni).

Le intenzioni della politica possono anche essere le migliori e le più elevate, i suoi programmi coraggiosi e riformisti; ma il fatto è che, quando si tratta di darvi attuazione, nella pratica la politica si trova a dover fare i conti con la macchina amministrativa, con la burocrazia. Nessuna riforma (nazionale o locale che sia), nessuna modifica a un regolamento o a una legge, nessuna gara d’appalto o bando possono essere varati senza i provvedimenti attuativi dei dirigenti dei ministeri o di quelli degli enti territoriali; ma spesso queste riforme non incontrano il favore di quei dirigenti che, proprio in virtù di quelle riforme, rischierebbero di vedere sminuito o comunque toccato il loro potere, il loro ruolo, le loro reti di relazioni con enti e istituzioni.

Per questo la strada del rinnovamento, in Italia, è da sempre tanto ardua: perché il nostro apparato burocratico, già farraginoso per sua natura, è composto da persone che, se pure non lo sono per legge, rimangono a tutti gli effetti intoccabili. Spesso queste persone occupano gli stessi posti da moltissimi anni, resistendo a ogni cambio di legislatura o di governo; e, forti di questo, usano il loro potere, le loro conoscenze tecniche, le loro relazioni interconnesse per osteggiare i cambiamenti; ben sapendo che anche il più determinato dei politici prima o poi getterà la spugna, sconfitto dalla moltitudine di ostacoli che vengono frapposti tra i suoi progetti e la (im)possibilità della loro attuazione.

Questa lunga premessa di carattere generale serve a spiegare che anche a livello locale la burocrazia rischia di paralizzare, o almeno di rendere meno proficuo, il lavoro della politica; e che ogni sforzo teso ad attuare riforme e cambiamenti è spesso frustrante, comunque sempre molto faticoso.

A Milano, proprio nella prospettiva del futuro di Città Metropolitana, la Giunta Pisapia e in particolare l’Assessorato al Decentramento stanno progressivamente trasferendo deleghe e competenze ai Consigli di Zona. L’intento è quello di dare vita, in maniera graduale, con iniziali caratteristiche di sperimentazione, a quelli che poi diverranno i futuri Municipi; di procedere cioè a una trasformazione non traumatica che conduca alla definitiva attuazione del decentramento.

Ai trasferimenti di poteri non corrisponde però a oggi una reale possibilità di governo delle Zone, le cui delibere restano troppo sovente sulla carta. Inoltre, per il momento, a questi trasferimenti non corrisponde, salvo che in minima parte, l’assegnazione alle zone di personale e di uffici, né di specifici capitoli del bilancio comunale: tutto quello che insomma servirebbe per potere realmente agire. Ciò fa che si che i referenti, all’interno dell’apparato, siano quelli dei settori centrali dell’Amministrazione: che, spesso, non vedono di buon occhio interferenze e mutamenti che li obbligherebbero a modificare i loro metodi di lavoro.

I funzionari (qualsiasi sia il loro livello), proprio per le ragioni di cui sopra, non sempre sono disposti ad accettare cambiamenti: quelli già distaccati alle Zone non si capacitano di dovere all’improvviso produrre una massa di nuovi documenti come sono le determinazioni dirigenziali, i bandi di gara, ecc; quelli che operano nei settori centrali di rado sembrano disposti a eseguire le disposizioni degli amministratori di zona, che fino a poco più di un anno fa svolgevano ruoli molto marginali, che quasi sempre si esaurivano nell’espressione di pareri non vincolanti.

In seguito alla Delibera di Giunta del Comune di Milano del 20/11/2012, le Zone vedono loro assegnate deleghe riguardanti la manutenzione ordinaria e straordinaria del verde, la manutenzione degli edifici scolastici, ecc. Altre deleghe, che riguardano le proprietà immobiliari del Comune, la manutenzione delle strade e altro erano già state assegnate mesi fa. Si tratta di scelte importanti, che trovano nella più diretta percezione della realtà del territorio che le Zone hanno, la principale ragione d’essere; e che consentiranno una più consistente partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica.

Non ci possiamo permettere di vedere fallire un progetto importante e innovativo solo a causa dell’ostruzionismo di dirigenti e funzionari dei settori. Per fortuna non sempre è così: tra i dirigenti e i funzionari pubblici ve ne sono molti con cui la parte politica ha instaurato da subito una proficua collaborazione. In questo caso i risultati si vedono e alle sollecitazioni della politica segue la messa in pratica da parte della burocrazia.

La strada imboccata dall’Amministrazione di Milano è senza dubbio la migliore e la sola percorribile, quella che dovrà condurci alla creazione della Città Metropolitana (un traguardo obbligatorio e non procrastinabile). Ma perché questo percorso arrivi alla meta c’è bisogno di un governo forte, di politici che si pongano anche tra gli obiettivi quello di mettere al proprio servizio e a quello dei cittadini l’apparato burocratico di cui dispone. Non viceversa, come troppo spesso accade.

Per ottenere tutto ciò, sarà necessario innanzitutto sostituire o scambiare ruoli e incarichi dei dirigenti e dei funzionari, dando avvio a una mobilità che favorisca cambiamenti e innovazione e impedisca ogni personalismo. Certo, in questo modo, a volte si perderanno delle competenze: ma le competenze spesso si ricreano in fretta; in cambio si riuscirà a scalzare quel meccanismo perverso che rischia di inficiare ogni progetto di rinnovamento.

Elena Grandi

 



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