18 dicembre 2012

Scrivono vari 19.12.2012


Scrive Gregorio Praderio a Patricio Enriquez – Ai dati di slp edificabile in PGT citati da Patricio Enriquez (2,4 mln mq nelle aree di trasformazione + 7,5 mln mq dai cambi d’uso) andrebbero aggiunti perlomeno quelli relativi ai progetti in corso e confermati (+ 6,9 mln mq slp) e quelli di ARU, Expo, ecc., a conferma del dato complessivo già indicato (quasi 20 mln mq slp). I dati quantitativi dei piani (un tempo troppo mitizzati, oggi un po’ snobbati) hanno poi certamente i loro limiti, ma servono almeno a capire se c’è un problema: qui sembra comunque di vedere (come già sostenevo sul n. 41 di ArcipelagoMilano) una notevole distanza fra l’offerta edificatoria (molto alta) e relativa domanda (decisamente più bassa).

Ma il meccanismo perequativo e di trasferimento dei diritti volumetrici (che avevo proposto inutilmente quando facevo il consulente del Comune di Milano una quindicina d’anni fa: scelsero invece di fare il Documento di Inquadramento PII) funziona se c’è “benzina” che lo fa girare: mi chiedo invece come possa funzionare con questi numeri (e mi chiedo anche perché – a puro titolo di esempio – nel Comune di Gorgonzola l’indice compensativo sia di 0,004 mq/mq, mentre a Milano – realtà più congestionata e con valori di vendita molto più alti, che consentirebbero la remunerazione dei suoli anche con indici più bassi – sia invece di 0,35 mq/mq, vale a dire quasi cento volte tanto).

Mi chiedo anche – scusandomi per il ragionamento un po’ terra-terra – con quali risorse verranno realizzati tutti i benefici sociali previsti dal Piano. Nella relazione economica di PGT ad esempio non solo si evidenzia la carenza di risorse finanziarie (soldi: nell’ordine dei miliardi di euro, pur conteggiando a valore pieno tutti gli oneri e le alienazioni) per la sola realizzazione di verde, strade e infrastrutture, ma nulla si dice sui costi dei servizi che saranno necessari per i nuovi abitanti previsti (almeno 180.000, una città come Brescia!). Come verranno recuperate le risorse necessarie? Forse si pensa di farlo ancora con la contrattazione urbanistica? I dati saranno forse grossolani, ma anche qui temo che indichino un tema di possibile riflessione.

 

Scrive Alberto Bolzani ad Antonio Piva – Leggo il suo intervento su ArcipelagoMilano. Condivido e non aggiungo niente alla precisa e documentata spiegazione che dà alla collocazione. Queste righe poco tecniche riassumono il sentimento che mi si rinnova quando, come ogni anno da mezzo secolo, raggiungo la Sala 15 attraverso un percorso unico e irripetibile. Il percorso della Pietà. L’ultimo Michelangelo si svela in silenzio dopo il percorso solido e variegato nelle sale allestite con cura mezzo secolo fa dai BBPR. È la sorpresa di trovarsi all’improvviso soli con lui in un luogo raccolto e silenzioso. È proprio quest’ultima Pietà il testamento materializzato di Michelangelo, fattosi forma all’interno di un luogo non abbastanza riconosciuto. Raggiunta nella sala 15 del Castello Sforzesco è un’emozione unica circumnavigare il marmo e sentire che l’artista ha solo sospeso la simbiosi di una madre e di suo figlio. Pietà in viaggio. Il FAI apre la Casa Circondariale conosciuta ai milanesi come San Vittore. Diverse istituzioni affrontano il tema della cultura attiva con musei e raccolte pubbliche o private di cui Milano dispone. Cultura e reclusione possono convivere a dispetto di chi “con la cultura non si mangia” e “abbattiamo San Vittore” (in tanti sostengono queste tesi). Il Castello Sforzesco è il grande vecchio che grazie a Luca Beltrami ha resistito ai distruttori di memorie. San Vittore è più giovane, dal 1872 sta in piedi per miracolo. L’interno è in condizioni disperate: il centro della stella a sei bracci è raro esempio di architettura panottica in Italia. Gli affreschi della volta cascano a pezzi e una rete sospesa non li fa arrivare a terra. L’argomento è complesso se valutiamo manutenzione e migliore utilizzo dell’edificio. Urge un dibattito sul rapporto arte fruitore. Al centro del carcere la Pietà sarà ammirata anche da chi oggi ha una libertà limitata. Si potrà pensare di liberare temporaneamente i detenuti per omologarli ai liberi visitatori e consentire loro l’ingresso nei musei? Allora, quando sarà tornata nella sua sede storica, al piano terreno della Corte Ducale, potremo vedere tutti insieme la Pietà.

 

Scrive Maria Teresa Marsili ad Antonio Piva – Sono d’accordo nel non voler spostare la Pietà Rondanini dal luogo dove progetto felice l’ha collocata. Oggi sono una anziana signora, ma la prima volta che, molto giovane, visitai il Castello, abitavo a Firenze allora, rimasi stupita e affascinata dalla Pietà proprio alla fine del percorso, e proprio in quella sede aperta e raccolta insieme. Ricordo che mi rinnovò la gioia che spesso non provi più dopo aver visto tante cose in un museo. Sono passati decenni ma non ho dimenticato quella straordinaria emozione.

 

Scrive Marco Vitale ad ArcipelagoMilano – Il commento di Marco Ponti dal titolo: “Sea Cronaca di una morte annunciata” è ineccepibile.

 

Scrive Gianluca Bozzia a Giuseppe Natale: “Cosa sta facendo la Benelli a parte convegni, studi e approfondimenti?”

 

 

 



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