12 dicembre 2012

Scrivono vari 12.12.2012


Scrive Cesare Prevedini ad ArcipelagoMilano – L’argomento dell’acqua in città, del ripristino degli antichi percorsi, della Darsena, (dove la giunta Albertini aveva programmato un garage sotterraneo!) e addirittura piazza San Marco (dove il garage c’è da più di cinquant’ anni), ricorre molto spesso in ArcipelagoMilano, ma non solo. È stato oggetto anche di un incontro presso lo studio di Emilio Battisti. Negli ultimi numeri di ArcipelagoMilano ne hanno parlato ancora Marco Romano e Antonello Boatti, voci autorevoli. Nell’ultimo c’è l’articolo di Alberto Lipparini e anche una citazione di Marilena Poletti Pasero nella sua rubrica in commento al libro di Lucia Bisi. Esistono studi e proposte. Io non voglio entrare con una voce “ignorante” sul tema, ma una riflessione vorrei farla.

Milano in questi anni sta vivendo, io dico purtroppo, una grande stagione “edificatoria”, dopo anni di conservazione urbanistica, se escludiamo il quartiere Bicocca, la Fiera di Rho e le tragedie urbanistiche di Ligresti. Come mai, in tutte queste opere, non c’è mai l’acqua? Non dico laghi o laghetti, che pur ci sarebbero stati, per esempio nell’intervento Bicocca, dove tanta parte ha avuto anche la facoltà di Architettura, ma nemmeno fontane, tranne veramente poche eccezioni.

Gae Aulenti ha voluto la fontana nell’intervento di piazza Cadorna. Per altro una presenza d’acqua, operata in modo non percepibile. È stata inaugurata in questi giorni la nuova piazza di Porta Nuova, intitolata proprio a Gae Aulenti, questa sì veramente ricca di acqua, ma, guarda caso, non è un’iniziativa imprenditoriale milanese (Hines) e non è neppure un progetto italiano (arch. Gregg Jones)

Io credo che se, come accade in altre città del mondo, Milano volesse l’acqua nei suoi nuovi insediamenti lo potrebbe fare, no? Non potrebbero i nostri nuovi grattaceli nascere o essere circondate dall’acqua, dove riflettersi con grande e suggestivo effetto? Inoltre perché se Milano ama le sue acque, lascia decadere le meravigliose acque che ha, cioè i Navigli, l’Olona, la Martesana? Trovo che in momenti come questi, sarebbe ottimo pensare al futuro con pragmatico realismo.

 

Scrive Alberto Baffi ad ArcipelagoMilano – Che dire dell’articolo sulla mostra di Costantino, a firma Franco Repelli sull’ultimo numero di ArcipelagoMilano, che assomiglia molto alle famose “interviste in ginocchio” della televisione d’anta (e non solo)? Se posso sommessamente permettermi di esprimere qualche valutazione critica, osservo quanto segue: 1) è semplicemente vergognoso che le didascalie illustrative dei pezzi che recano testi scritti (cioè epigrafi, leggende monetarie ecc.) di grande importanza per la comprensione del periodo costantiniano, non riportino una sola parola in latino. Il celebre editto di Costantino fa bella mostra di sé in italiano e in inglese!! Chi sa che i nostri studenti di ogni ordine e grado che visitano la mostra non pensino che già allora l’inglese fosse la lingua ufficiale dell’Impero romano? 2) È semplicemente incredibile che della più vistosa e importante testimonianza della presenza di Costantino a Milano, cioè la statua dell’Imperatore che sorge sul sagrato di San Lorenzo, non vi sia la minima traccia nella mostra! 3) Io ritengo semplicemente vergognoso che i magnifici resti monumentali romani portati alla luce in piazza Meda siano stati accuratamente eliminati (ossia ritengo distrutti) per far luogo a un faraonico quanto inutile parcheggio; 4) Non meno incredibile della latitanza della statua milanese di Costantino è il fatto che la patera di Parabiago, il più importante e splendido reperto tardo antico esposto in quel “bilocale con tinello” che si fregia del pomposo titolo di Museo Archeologico di Milano, pur trovandosi in linea d’aria a non più di 400 metri da Palazzo Reale, appaia in mostra soltanto in una miserella fotografia!

5) A questo punto, prendendo spunto dalla Mostra, si potrebbero fare considerazioni più generali sullo stato dell’archeologia romana a Milano (e più in generale sulla valorizzazione della storia culturale milanese da parte del nostro assessore comunale alla Cultura). Mi limito a far notare: a) che, a fronte dell’esaltazione della magnificenza del Palazzo Imperiale in zona Magenta, sta il fatto che nessuno ha mai pensato di continuare lo scavo dei cospicui resti di quello stesso palazzo che si trovano in via Brisa; scavo che – situazione unica in una centro cittadino – si potrebbero tranquillamente estendere sotto l’area attualmente occupata semplicemente da un’area adibita a parcheggio; b) che in Mostra appaiono notevoli e pregevoli materiali di scavo (come la parete colorata di un edificio di piazza Meda), che, a quanto ho capito, sono depositati nella sede della Soprintendenza, cosicché, chiusa la Mostra, continueranno a restare invisibili al pubblico; 6) È semplicemente vergognoso (e la dice lunga sul vuoto pneumatico che sta dietro le ricorrenti geremiadi sulla decadenza culturale del paese) che non sia prevista nessuna sostanziale agevolazione sul prezzo d’ingresso alla mostra per gli studenti di ogni ordine e grado! Potrei continuare, ma per il momento mi fermo e mi piacerebbe leggere una risposta da parte delle autorità competenti. (Vice Direttore del Dpt dei Sistemi Giuridici dell’Università di Milano-Bicocca)

 

Scrive Franco Strada a LBG – Mi sembra un articolo fatto solo per volontà di criticare. Peccato che criticare qualcosa che è ineluttabile e non ha altra alternativa…. è abbastanza inutile.

 

Scrive Maria Grazia Campari a Eleonora Poli – Mi riferisco all’articolo di Eleonora Poli impostato su una critica alle cosiddette quote rosa in politica. Non si tratta secondo me di imporre quote femminili, ma di agire finalmente per contrastare un monopolio maschile privo di giustificazioni meritocratiche, visti i risultati non precisamente brillanti dell’attuale classe politica. Dare corso, cioè, a un’attività antitrust che possa riconoscere il merito indipendentemente dal sesso. I problemi di qualità dovrebbero essere tenuti presenti per candidati ambo sesso, non scomodati in riferimento alle sole donne.

 

Scrive Beatrice Rangoni Machiavelli ad ArcipelagoMilano – Sono profondamente colpita dalla scomparsa di Guido Martinotti. Aveva letto un mio articolo su «ArcipelagoMilano» e si era reso conto che ero una esperta dei misfatti del Cavaliere, che denunciavo da dieci anni prima della sua discesa in campo nel 1994.

Nel numero 200 di Critica Liberale, avevo pubblicato una anticipazione del mio contributo per «Il libro nero sul Berlusconismo», che il professor Guido Martinotti aveva intenzione di scrivere. La nostra amicizia online era nata per l’onore che mi aveva fatto proponendomi di realizzarlo insieme. Ne ero stata felice perché dava un senso compiuto a una battaglia che sembra non finire mai. Ancora oggi infatti, molti commentatori politici considerano la probabile sesta discesa in campo del Cavaliere, come un fatto normale nell’ambito delle vicende politiche del nostro Paese.

Anche se non sarà facile colmare il vuoto che Guido Martinotti ha lasciato, considero mio dovere morale prima che politico, pubblicare l’antologia delle denunce e degli scritti contro Berlusconi che il nostro Felice Mill Colorni definisce: “Il peggiore e più nefasto politicante dell’Europa Occidentale dal 1945 a oggi”.

 



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