5 dicembre 2012

SAN RAFFAELE: ONORI E ONERI


L’Ospedale San Raffaele, inaugurato nel 1971, nel 1972 ha ottenuto la qualifica di IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) dal Ministero della Salute e dal Ministero della Pubblica Istruzione. La sua crescita ha goduto di importanti, se non decisivi, appoggi politici, da Craxi a Berlusconi a Formigoni. L’azione complessiva di don Verzè è stata capace di farne, nel giro di pochi anni, uno dei massimi istituti ospedalieri italiani. Ma, eccessi di grandeur, investimenti sbagliati, uso dissennato delle risorse, senza alcun controllo e trasparenza hanno portato, negli anni 2010-2011, alla attestazione di fallimento, con un deficit accertato di oltre un miliardo di euro. Il suicidio dell’amministratore delegato, Cal, e la morte di don Verzè hanno segnato l’epilogo tragico di questa drammatica vicenda.

Eppure il San Raffaele continua a essere un polo importante di cura, ricerca e didattica. Dispone infatti di quasi 1.400 posti letto, tra la sede di via Olgettina, e quella San Raffaele Turro. Nel 2011 sono stati effettuati oltre 52.800 ricoveri, oltre 8 milioni tra prestazioni ambulatoriali ed esami di laboratorio, quasi 30.000 interventi chirurgici, oltre 63.400 accessi al Pronto Soccorso. Sono i dati che qualificano un grande ospedale generale e lo disegnano come una realtà ormai irrinunciabile non solo per l’intero assetto sanitario milanese, ma anche lombardo e nazionale, visti gli indici di attrazione che l’ospedale può vantare.

Dell’Istituto è parte un centro di ricerca di base, oggi tra i più importanti in Europa: vi lavorano 450 ricercatori e risulta essere il migliore, per la qualità dei lavori prodotti tra tutti gli IRCCS italiani. L’Ospedale è infine polo didattico dell’Università Vita – Salute, essendo sede delle Facoltà di Medicina e Chirurgia, Psicologia e, dal 2010, del corso di Laurea internazionale in Medicina e Chirurgia.

A fronte di queste realtà e di questi numeri doveva essere chiaro al gruppo Rotelli, che ne ha rilevato l’intera gestione con una offerta di poco superiore ai 400 milioni di euro, di assumersi eccezionali onori ma anche importanti oneri. È sorprendente, se non strumentale, che nel giro di pochi mesi gli amministratori del gruppo denuncino un disavanzo insostenibile e pesanti riduzioni di organico. Era ovvio che il San Raffaele non fosse assimilabile a una qualsiasi clinica privata, su cui lucrare (il gruppo Rotelli ne conta ben diciotto al suo attivo, con plusvalenze assai rilevanti, che hanno reso possibile anche la scalata al San Raffaele), ma che avrebbe portato con sé la complessità e i potenziali disavanzi di un grande ospedale generale.

E se vi sono state ulteriori sgradite sorprese in termini di disavanzo rispetto alle previsioni, questo non giustifica la messa in campo di ipotesi che prevedano esuberi del personale, alla luce della consistenza economica complessiva del gruppo e della proprietà. Dal Galeazzi al San Donato, dalla clinica San Siro alla Sant’Ambrogio, fino alle cliniche Zucchi di Monza. In parte rapidamente diventati Istituti di ricerca grazie a un ministero amico, con conseguente aumento del rimborso regionale per ogni DRG pari a circa il 18% rispetto a una normale struttura ospedaliera. Siamo quindi di fronte a un grande imprenditore privato che si arricchisce con i contributi pubblici: infatti oltre il 90% delle entrate del San Raffaele e delle altre cliniche private deriva da finanziamenti regionali.

Oggi il riequilibrio strutturale a cui la nuova gestione anela, non può prescindere da un serio piano d’azienda che ancora non è stato comunicato, così come ogni passaggio di contrattazione non può esimersi da criteri di equità e progressività che devono investire tutti, dalla dirigenza al comparto. Senz’altro il contesto nazionale e le dichiarazioni preoccupanti sulla sostenibilità del sistema sanitario, la spending review, i recenti provvedimenti regionali, condizionano negativamente una ripresa, ma la crisi del San Raffaele è soprattutto legata all’uso senza scrupoli delle risorse della gestione precedente. Ci sono responsabilità politiche che non possono essere negate. La regione o sapeva e ha taciuto fino alla fine e del 2011, o comunque non ha svolto quel ruolo di controllo a cui è chiamata. Ora proprio alla Regione spetta (oltre al Ministero per le sue competenze verso gli IRCCS) farsi garante del tavolo di confronto tra le parti.

Quanto al Comune di Milano cercherà, come in queste settimane ha fatto, con due commissioni con le audizioni delle organizzazioni sindacali e degli amministratori del San Raffaele, e a breve con un consiglio comunale aperto, sia di esprimere solidarietà ai lavoratori sia di favorire il dialogo e il confronto per una positiva soluzione che abbandoni ogni procedura di licenziamento collettivo. Ben consapevole di come la vicenda del San Raffaele fotografi una situazione di crisi che investe in modo più ampio le aziende ospedaliere e il mondo del privato e che, nello specifico della Lombardia impone una chiara e netta discontinuità rispetto al modello di politiche sanitarie che ha governato per quindici anni la nostra regione.

 

Ines Patrizia Quartieri

 

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti