20 aprile 2009

CARTOLINE DALL’EXPO


Le esposizioni internazionali hanno utilizzato molteplici strumenti di comunicazione per diffondere notizia dell’evento; manifesti, brochure, libri etc. Tuttavia lo strumento principe per il suo basso costo, per la possibilità di raggiungere qualsiasi paese, per la semplicità del messaggio, per l’utile che portava alle casse degli organizzatori, fu la cartolina.

L’origine della cartolina postale può essere rinviata a tempi antichissimi, dalle tavolette di argilla ai bigliettini in uso ai tempi di Luigi XIII, alle carte da gioco utilizzate come supporto per i messaggi, all’uso di lasciare su un cartoncino stampato e decorato dei complimenti o degli auguri diffuso in tutta Europa nel ‘700.

In realtà però la sua nascita ha una data precisa: L’1 ottobre 1869 le poste austriache emettono la prima cartolina postale.

Al 1870 risale la nascita della cartolina illustrata: nel novembre dello stesso anno, in occasione dello scoppio della guerra franco-prussiana, si accampano nel campo militare di Conlie nelle vicinanze di Sillé-le-Guillaume, 40000 soldati della 1° armata di Bretagna, la truppa gode della franchigia postale.

Terminate le scorte di carta da lettera un cartolaio e libraio Léon Besnardeau (1829-1914), taglia in rettangoli di 6 cm per 9 cm le copertine dei quaderni i cui fogli erano stati venduti singolarmente, e fa stampare, sulla faccia destinata all’indirizzo immagini a soggetto militare (bandiere incrociate, fucili, tamburi, cannoni), accompagnate da scritte di carattere patriottico.

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Nel 1889 una cartolina di Leon Charles Libonis che rappresenta la Tour Eiffel viene venduta in oltre 300000 esemplari durante l’Exposition Universelle, la carta può essere timbrata ai diversi livelli della torre.

La prima cartolina illustrata italiana è creata nel 1896 in occasione delle nozze del principe Savoia di Napoli con la principessa Elena di Montenegro e riporta sul fronte gli stemmi italo-montenegrini.

Fino al 1891 le immagini riprodotte sulle cartoline sono disegni.

E’ il marsigliese Dominique Piazza a sperimentare la prima cartolina fotografica e l’idea incontra immediatamente un grande successo.

Negli Stati Uniti, durante la World’s Columbian Exposition di Chicago, aperta il 1° gennaio 1893, è messa in vendita una serie di dieci cartoline con immagini dell’Esposizione.

Nel 1897 a Vienna compaiono le prime cartoline illustrate da artisti.

Nel 1898 Bergeret, uno dei più famosi editori di cartoline postali francesi, apre il suo atelier; due anni dopo la sua produzione è di 30 milioni di cartoline. Dal 1900 al 1930 si calcola che la fabbrica ha prodotto 3 miliardi di cartoline.

Il periodo d’oro della cartolina va dal 1900 al 1914 quando i fotografi sposano questo strumento per far conoscere la propria arte, documentando così per le masse un mondo che oggi non esiste più.

Si calcola che nella sola Francia in 10 anni vengono prodotti più di 4 milioni di cliché. Il fotografo inoltre raramente si sposta per più di 50 km e quindi la produzione acquista un valore di documentazione regionale.

In questo sviluppo del mercato della cartolina il sesso gioca un ruolo importante. Le donnine riprodotte in modo provocatorio (ovviamente non paragonabile ai calendari odierni) danno un contributo fondamentale all’incremento della produzione.

Per tutto il ‘900 vi è anche una produzione esplicitamente pornografica, esportata in tutto il mondo, che ha come capitale indiscussa Parigi, e la cartolina “osé” dà vita a un vero proprio genere.

Le produzioni sono ormai le più varie: dalle cartoline dei mestieri a quelle paesaggistiche da quelle celebrative a quelle di personaggi. Non mancano casi curiosi come le cartoline mortuarie.

Lo sviluppo del turismo determina il grande successo della cartolina. Chi visita nuovi luoghi vuole inviare testimonianza del viaggio e ogni più sperduta località vuole la propria cartolina a fini promozionali. Secondo Georges Duhamel: “L’invention de la carte postale a plus fait pour le tourisme que celle des chemins de fer”; probabilmente è eccessivo, certamente la diffusione della cartolina è favorita dalla tariffa agevolata di cui godeva in tutti i paesi.

La grande guerra provoca un grande sviluppo nella produzione e nell’uso della cartolina: in Italia così come negli altri paesi belligeranti per ragioni di censura vengono proibiti i messaggi chiusi dal fronte ed è quindi obbligatorio utilizzare la cartolina postale. Inoltre centinaia di migliaia di militi molti dei quali analfabeti che non hanno mai sentito il bisogno di spedire cartoline si trovano nella condizione obbligata di comunicare con questo mezzo alle famiglie e viceversa. La cartolina dal fronte è una necessità che s’inserisce però in una tradizione: proprio le celebrazioni delle glorie militari reggimentali aveva ormai da tempo dato vita a una considerevole produzione.

Gli editori italiani sono molti, tra i più importanti ricordiamo: i Fratelli Stoppani (in Galleria Vittorio Emanuele a Milano) che nel 1899 pubblicano “Il Raccoglitore di cartoline illustrate” rivista quindicinale per collezionisti e che vantano un ricco catalogo tra cui probabilmente le prime cartoline musicali legate alla stagione della Scala; le officine Ricordi specializzate ovviamente in musica, che iniziano l’attività nel 1808 a Milano, dal 1897 editori di cartoline che nel solo 1910 hanno stampato 50 milioni di pezzi; Vittorio Boeri di Roma che si specializza nelle cartoline di regime (dopo aver vinto una causa sul copyright dell’immagine del Duce).

Nel primo dopoguerra la cartolina entra nell’uso comune, anche se perde il suo valore di documentazione a favore della stampa che a partire dal 1910 ha introdotto la fotografia nella sua impaginazione.

Le quattro cartoline “Rendez-vous dimanche 6 fevrier 1916 á 1h 3/4 de l’aprés-midi” che Duchamp invia a Mr. y Mrs. Walter C. Arenberg, nelle quali Duchamp spiega che questo testo è il risultato di un’elaborazione di varie settimane segnano probabilmente l’ingresso della cartolina postale nel mondo dell’arte.

Pochi anni dopo Kurt Schwitters pubblica da Paul Steegemann 8 Merzbilder, 2 Merzplastiken e una con il suo ritratto. Altri artisti famosi creano soggetti espressamente previsti per la cartolina da Kokoschka a Schiele per arrivare a Dalì (famose le cartoline del surrealismo) e a molti protagonisti della pop art. Tuttavia la maggior parte delle cartoline artistiche sono trasposizioni da altri supporti o più banalmente fotografie.

In genere i più famosi illustratori di cartoline non hanno analogo successo in campo artistico.

Un discorso a parte meritano i futuristi: con la fondazione del Movimento Futurista la cartolina artistica prende particolare slancio in Italia.

In una prima fase essa rappresenta il veicolo della propaganda interventista d’idee politiche legate allo scoppio della prima guerra mondiale. Ma a monte dell’interventismo nell’originaria concezione di Marinetti, la guerra identificata come “igiene del mondo”, non è che la manifestazione di una vitalità compressa che ha bisogno di affermare se stessa contro l’inerte resistenza delle forze borghesi conservatrici.

Le prime cartoline datate 1914-1915 sono composizioni grafiche, semplici suddivisioni di spazi in linee, giocate sui tre colori nazionali dove predilige la campitura rossa, simbolo di forza e rivoluzione. L’esempio più eclatante è rappresentato da quella con “La bandiera futurista”: un tricolore modificato in modo tale che “il Rosso invade e accende il verde e il Bianco passatisti”, e sul rosso straripante è inscritto il motto “marciare non marcire”, slogan di richiamo nella strategia bellicista di questi anni.

La cartolina nel Futurismo rappresenta non solo un tramite propagandistico ma anche un modello di quello che è il fulcro del pensiero marinettiano: l’arte come vita, proposta che rovescia arditamente l’assunto decadentista della vita come arte. Essa è, infatti, ritenuta idonea a operare la trasposizione dell’arte nel quotidiano, entrando spregiudicatamente in tutte le case, passando di mano in mano, trasformandosi in una sorta di cruciverba-parolibero con le cartoline “modello Cangiullo”. Accanto a Cangiullo, in quest’aspetto dadaista, si affianca in questi anni Giacomo Balla impegnato nella creazione di cartoline originalissime quali collage, onomatopee disegnate, motivi futuristi che aprono la strada a una comunicazione postale di tipo artistico.

Dopo gli anni dell’esaltazione bellica, è possibile intravedere un certo ripensamento rispetto a indiscusse asserzioni precedenti che si trasforma in una sorta d’interiorizzazione del presente o ricerca di una dimensione nuova, cosmica, spaziale che porta in se desideri di fuga dal contingente. Sono gli anni ’30 dell’Aereopittura che vedono impegnato Tato in libere creazioni di aerei che galleggiano in enormi e indeterminati sfondi di blu e azzurro, in una “fusione cromatica di paesaggio-cielo e atmosfera-materia”. Sono anche gli anni della rappresentazione ludica di Depero, grafico e pubblicitario per il colosso italiano Campari che risente dell’influenza cubista d’oltralpe ma che la vivacizza a tal punto da far sembrare l’interno di un bar un circo.

Con l’ascesa della dittatura mussoliniana, la cultura fascista azzera i margini per dispute, contestazioni e sperimentazioni. Un accresciuto controllo da parte del regime è esercitato sulla stampa di libri, immagini e soprattutto cartoline, veicolo propagandistico particolarmente efficace, attraverso l’introduzione dei temi prescelti dal regime.

La cartolina artistica viene così sostituita da quella prettamente politica e fascista.

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Il fatto di viaggiare senza busta e quindi di passare di mano in mano rende la cartolina uno strumento di propaganda pressoché perfetto.

La pubblicità fa la sua comparsa in Italia con l’autorizzazione data dalle poste a inserire brevi messaggi promozionali sulla cartolina postale. In Francia la prima cartolina pubblicitaria di cui si ha notizia è del 1873.

Con l’uso della cartolina illustrata le aziende commissionano svariate serie di cartoline pubblicitarie, negli USA la produzione è già copiosa prima del 1900.

Il primo uso “politico” è probabilmente quello delle cartoline militari reggimentali. In Italia il 19 settembre 1895 viene emessa la prima cartolina postale ufficiale con illustrazioni, commemorativa del XXV anniversario della liberazione di Roma.

I socialisti ed anche gli anarchici utilizzano la cartolina innanzitutto per celebrare le immagini dei leader più prestigiosi poi per celebrare avvenimenti e congressi e solo per ultimo come strumento pubblicitario vero e proprio.

Le cartoline più significative sono quelle stampate in occasione dei congressi di partito, famosa quella del 1904 realizzata da Mataloni, nella quale l’altoforno si sposa con un contesto jugend.

Ai socialisti si deve anche il primo uso elettorale della cartolina: per le elezioni del 1900 viene prodotta una cartolina con al centro l’urna con a destra gli elettori socialisti e a sinistra i borghesi. Un’altra cartolina riproduce invece le immagini dei candidati socialisti che a semicerchio sovrastavano un’urna. I simboli più ricorrenti nelle cartoline socialiste di inizio secolo sono la stretta di mano e il sole nascente.

Molte cartoline riportano poesie e inni, in questo imitando la copiosa produzione degli editori musicali. L’editore delle cartoline socialiste era spesso locale. Tra quelli a diffusione nazionale si ricorda Nerbini di Firenze.

I socialisti fecero un grande uso della fotografia cartolinizzata per celebrare manifestazioni come il primo maggio, congressi grandi e piccoli, ma anche per diffondere le immagini di repressioni e scontri.

Probabilmente il primo esempio in questo senso sono le immagini della repressione del 1898 a Milano e dei processi seguenti.

L’uso della cartolina per campagne specifiche ha inizio probabilmente in Francia quando tra il 1898 e il 1901 furono editati più di 1000 soggetti relativi a Dreyfuss.

Sarà il fascismo a introdurre stabilmente la cartolina nella comunicazione politica solo per le cartoline raffiguranti il Duce ne vennero stampate tra gli 8 e i 30 milioni di pezzi, cifra considerevole ma non enorme se si considera che nel ventennio furono stampati complessivamente oltre 10 miliardi di pezzi delle varie tematiche. Il numero di soggetti duceschi oscilla tra 2000 e 2500. Un cronista dell’epoca scrive “Quanto alle cartoline postali…si vede il capo del governo in tutti gli abbigliamenti e in tutte le pose, in redingote, in uniforme, vestito da yachtman, da aviatore, da cavallerizzo, con la feluca in testa, con stivali a risvolto, al volante di una macchina sportiva, mentre salta ostacoli, parla alla folla, trebbia il grano, rimbosca la Calabria, saluta romanamente, assaggia il rancio dei bersaglieri, doma le belve, marcia su Roma…” (H. Beraud, Ce que je vu a Rome, 1929).

Ma non solo l’immagine di Mussolini è oggetto di una larga produzione di cartoline nel ventennio tutto il sistema organizzativo e associativo fascista stampa cartoline.

In generale la produzione fascista spazia dalla cartolina commemorativa a quella martirologica a quella satirica coprendo tutti i possibili settori.

La repubblica di Salò dà vita anch’essa ad una significativa produzione. Qui la cartolina spesso riproduzione di un manifesto, ha una valenza nettamente propagandistica: il tema dell’alleanza tra comunisti e capitalisti, ebrei e massoni, l’iconografia del nero americano violentatore di donne e distruttore di monumenti la fanno da padroni.

Manifesti e cartoline vogliono convincere che i liberatori sono in realtà dei distruttori e degli assassini (in questo senso viene usata la fotografia con immagini di distruzioni che normalmente evidenziano l’incapacità di difendere il proprio territorio) mentre i repubblicani e i loro alleati nazisti sono difensori della civiltà cristiana contro i neri invasori.

Se nel primo dopoguerra la cartolina era entrata nell’uso comune perdendo peraltro il suo valore di documentazione a favore della stampa, che a partire dal 1910 ha introdotto la fotografia nella sua impaginazione, la sua fortuna non declina nel secondo dopoguerra ma si trasforma la produzione. Ormai rari gli sperimentalismi e l’innovazione è piuttosto la cartolina turistica e d’occasione a riempire la produzione cosicché il termine cartolina assume permanentemente il significato negativo di semplicistico.

La produzione degli anni ’60 e ’70 è fondamentalmente una produzione legata al turismo che ha assunto dimensioni di massa come mai in passato; scrive Carlo Arturo Quintavalle: è un “modello della comunicazione di massa” che troverà in altri strumenti il suo fulcro.

L’illustrazione nella cartolina del secondo dopoguerra diventa macchietta o paesaggio turistico o ritratto di artista musicale. Poche le eccezioni, fra tutte la politica: le grandi campagne pacifiste, antinucleari degli anni ’50 con mobilitazioni e raccolta di firme prevedono anche l’invio di una cartolina ai ministri e più in generale alle autorità. Questa cartolina di protesta accompagna la sinistra italiana e in particolare i sindacati fino ad oggi.

La cartolina elettorale riproducente il volto del candidato e il simbolo del partito appartiene alla tipologia della cartolina che non verrà mai spedita ed è un prodotto stabile del marketing politico dagli anni ’50 a oggi. Il suo costo limitato e la facilità di diffusione ne fanno infatti un mezzo alla portata di qualsiasi candidato che debba raccogliere voti di preferenza.

La contestazione degli anni ’70 genericamente definita sessantottina, che innoverà profondamente la grafica non tocca minimamente la cartolina diversamente da quanto avviene negli USA dove la cultura underground la userà spesso.

Un mondo a parte è quello della cartolina religiosa: ritratti di papi e di santi, ricordi di santuari hanno mantenuto un costante successo e il calo degli anni settanta è stato interrotto dal pontificato di Giovanni Paolo II, secondo alcuni Karol Vojtila è il soggetto per il quale si è stampato il più alto numero di cartoline nella storia di questo supporto (una rivista francese, non si sa in seguito a quali ricerche, parla di 5 miliardi di stampe più della Tour Eiffel considerato il soggetto con più stampe).

Complessivamente tuttavia il declino della cartolina come strumento di propaganda è progressivo dagli anni ’50, è solo sul finire degli anni ’70 che il PSI di Craxi rilancerà massicciamente la cartolina come strumento di propaganda, riproducendo tutta la grafica dei manifesti ma anche e soprattutto l’immagine del leader.

La cartolina sembra destinata a diventare un soggetto per collezionisti cui sono dedicati diversi musei (in Francia ad Antibes, in Messico a Oaxaca, in Costarica presso il MDAC a San Josè, negli USA a Newport, in Italia il museo S. Nuvoli a Isera Trento), musei virtuali (nel web sono catalogate centinaia di migliaia d’immagini), mostre e soprattutto volumi di storia locale; si può dire infatti che non esista centro di una certa importanza che non produca un libro con le immagini del proprio passato in cartolina.

Tendenza peraltro europea, negli USA il mercato della cartolina di auguri, alimentato da fenomeni locali, come la cartolina di S. Valentino è tuttora floridissimo, la GCA (Greatings Card Association) calcola in 2000 gli editori e in 14 miliardi i pezzi prodotti annualmente.

Inaspettatamente negli anni ’90 in Italia è accaduto un fatto nuovo: l’idea di regalare la cartolina nei bar e nei luoghi di ritrovo dei giovani provoca un rilancio della produzione; si tratta di una cartolina esclusivamente pubblicitaria non destinata alla postalizzazione ma per la prima volta dai primi decenni del ‘900 la cartolina torna a essere soggetto autonomo, autonomamente pensato da grafici e pubblicitari non dipendente da manifesti o altro. Nasce una produzione artistica di soggetti di alto livello, si allarga la fascia delle tipologie e dei collezionisti.

Come agli inizi del secolo una parte della produzione nasce solo per i collezionisti che diversamente da allora hanno oggi a disposizione il web, un grande mercato mondiale, dove i siti dedicati alle post cards sono inferiori di numero solo a quelli dedicati ai francobolli. Sullo stesso web si sviluppa un nuovo genere: la cartolina virtuale. Ma questa è un’altra storia.

Walter Marossi



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