21 novembre 2012

ELEZIONI: “È TEMPO DI MIGRARE”


Il grande Carro di Tespi delle elezioni è ormai decisamente in moto: interpreti principali, prime donne, comprimari e semplici comparse sono in preda a un’agitazione irrefrenabile, tutti vogliono esserci nel cartellone perché va in scena il famoso melodramma in uno o due atti – a seconda se c’è o non c’è il ballottaggio – dal titolo “Riposizionamento”. Già a Milano sono cominciate le prime indiscrezioni, pronuba la stampa che ghiotta raccoglie “rumors”, su chi esce dalla Giunta, dal Consiglio comunale o lascia altri importanti incarichi, qualcuno guardando a Roma e qualcuno, pur di non lasciare il tetto domestico, più semplicemente alla Regione. Aspettiamoci un bel viavai.

Dietro queste manovre c’è un po’ di tutto: chi spera di liberarsi di un qualche ingombro con la tecnica del “promuoveatur ut amoveatur”, chi vuol andarsene perché sta stretto dov’è, chi magari è anche solo in cerca di un reddito migliore, chi per pura ambizione e in fine, pur sapendo che non ce la farà, chi vuol vedere quanti voti raccoglie – se ci sono le preferenze – per pesarsi e magari pesare. L’unico in controtendenza sembra essere Roberto Maroni, detto Bobo. Lui vuol lasciare i Colli romani per tornarsene nell’adorata Padania. È un calcolo avveduto il suo che poco ha a che fare con la generosità e lo spirito di servizio per la “sua” terra: la Lega è in perdita di consensi sul piano nazionale ma forse tiene su quello locale ma sopratutto in Regione Lombardia i giochi sono molto più aperti che a Roma. Anche in questo caso ancora il viavai.

Tutto questo riposizionarsi, quando le elezioni sono ravvicinate, non va per nulla d’accordo con l’interesse della collettività e, detto fra noi, delude gli elettori. Il loro ragionamento è banale ma sensato: “ma come, mi hai chiesto da poco il voto per andare dove sei ora te ne vai?”. In concreto chi lascia prima della naturale scadenza fa poi un torto a tutti. Il quinquennio dei mandati italiani, vista la lentezza dei cambiamenti e la vischiosità della macchina amministrativa, consente a mala pena di raggiungere i più semplici e facili tra gli obbiettivi dichiarati nei programmi elettorali: interrompere un mandato a metà ed essere sostituiti da altri in quella medesima funzione vuol dire inevitabilmente una pausa e molto spesso una sorta di lenta inesorabile paralisi amministrativa.

Questa sorta di esodo, in particolare quello verso Roma, è probabilmente una delle cause del declinare del peso politico di Milano ma soprattutto la città a ogni rinnovo elettorale annaspa alla ricerca di un candidato tra possibili leaders locali all’interno di quel famoso “personale politico” fortemente radicato nel territorio e che si è meritato i galloni sul campo con una non breve ferma, senza trovarlo. Il rimedio è pescare nel vasto bacino della società civile ed è un bene ma anche qui c’è qualcosa che non funziona nel nostro Paese: se la regola è che i candidati abbiano questa provenienza bisogna che sia possibile un meccanismo di spoil system che consenta loro di andare al potere con una nutrita squadra di collaboratori, la vera condizione per un governo efficiente.

Questo, oggi, anche solo per ragioni di legislazione sui rapporti di lavoro, così non è: in sostituzione il ricorso ai “consulenti “esterni qualche difetto l’ha mostrato, forse perché si son fatte le scelte secondo il criterio delle fedeltà più che quello della competenza o ancor peggio il criterio del pagamento di un debito elettorale, parente stretto del voto di scambio. Un delicato insieme di problemi.

Luca Beltrami Gadola



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