21 novembre 2012

IO STO CON LAURA PUPPATO


La Terra: un pianeta bellissimo, se non ci fosse l’uomo! Perché l’uomo, in una incontrollata smania di spazio da occupare e in una indefessa ricerca di cose da possedere, ha distorto, avvilito, corrotto il suo rapporto con Gaia, l’insieme meraviglioso di elementi che compongono questo pianeta e lo rendono vivo. Così l’aria è divenuta irrespirabile; il suolo, occupato da elementi perturbanti, è in dissesto; i mari sono inquinati; il sottosuolo si ribella. Urgente, quindi, ripristinare un sano rapporto fra l’uomo e l’ambiente, in una visione, per alcuni aspetti, francescana, di armonia fra tutti gli esseri viventi; ma una visione che tenga conto dell’aspetto economico, di sviluppo, di costante invenzione e adattamento all’evoluzione della specie.

Questo è il senso centrale del programma di Laura Puppato, che è qualcosa di più di un programma politico: è, in nuce – ed esplicito nei suoi elementi essenziali –, un vero e proprio progetto che si fonda su “un’altra idea di mondo”, in cui il rispetto dell'”altro da sé” diventi regola di vita.

Si parte, così dai diritti dei bambini a una scuola materna che insegni, per prima cosa la socializzazione; e si passa a una istruzione che, unitamente alla qualità e all’applicazione di una corretta meritocrazia, abbia come obiettivo la formazione di un individuo sociale. Perché la cultura dell’eccellenza individuale, dello sfrenato carrierismo, dell’esasperata ricerca del benessere personale (il “particulare” di guicciardiniana memoria) è, a questo punto, antistorica. Valutazione di cui, ben poco, l’attuale politica tiene conto, ma che dovrebbe essere alla base di ogni progetto politico sensato.

Già: il buon senso. Elemento che noi, dall’Illuminismo, abbiamo perso di vista: ma che la Puppato ha recuperato con accattivante saggezza. Il buon senso ti dice che è necessario eliminare l’inquinamento e ti porta, rapidamente, ad adottare i correttivi necessari. Il buon senso ti dice che la green economy e, a lato, la blue economy, sono il volto positivo ed efficace dell’economia; che applicandole aumenterai i posti di lavoro, darai vita a un ambiente vivibile, che, forse, potrai ancora salvare il pianeta. Basta tradurle in atto. E lei lo ha fatto, da sempre: combattendo col coraggio d’una leonessa e la parca ostinazione dei veneti.

E poi. I diritti sono diritti: senza “se” e senza “ma”. Il diritto a una vita dignitosa: ed ecco che propone il minimo di salario garantito per tutti, che verrebbe a incidere meno, sulle spese dello Stato, dell’attuale assistenza. Il diritto a una assistenza sanitaria efficace: ed ecco che propone un aiuto alle famiglie, in modo che possano mettere in atto una assistenza in casa. Il diritto a una scuola che formi davvero un “individuo sociale” e un buon cittadino: in cui si affrontino problemi endemici, come la violenza, in particolare quella familiare, che genera bulimia, anoressia, avvicinamento alla droga. Il diritto a essere cittadini italiani: per tutti; e per ognuno con pari opportunità, attenzione, integrazione.

E ancora: il diritto alla sicurezza, e quello alla speranza. Che i giovani, in questo momento non hanno: perché il lavoro è precario, le prospettive nebbiose, il domani incerto. E proprio dalla blue economy giungono proposte interessanti, da prendere in esame e tradurre in progetti innovativi. Ecco un altro diritto: quello di avere un Paese che fa ricerca: siamo un popolo a cui, certo, non mancano i talenti. Raddoppiare, dunque, la quota di PIL destinata alla ricerca. Dove prendere i soldi? Riducendo gli armamenti. Buon senso, no? Quello che sembra mancare alla nostra classe politica, avviticchiata in continui patteggiamenti, pur di salvare se stessa.

È sufficiente avere un’ “altra idea di mondo”, in cui l’idea di Stato che si difende, si muta in quella di Stato che collabora in una rete sempre più stretta; in cui l’uomo che viene al mondo ha la certezza di poter, almeno, sopravvivere; in cui questo pianeta torni ad essere il luogo in cui si cresce, e non quello in cui si muore.

Sono in molti ad avere questa consapevolezza: ed è, così, nata una fitta rete, sopra tutto di donne che hanno deciso di non attendere oltre. Nel momento della disperazione, il femminino risorge e si mette in movimento. La dea mater, quella che si occupa davvero della specie umana, che non ha bisogno di tiare, di orpelli, di misteri, è sul punto di mostrarsi di nuovo, anche a dispetto di patetici – e ostinati – residui di potere, che irridono tutto questo per non uscire di scena.

 

Giuliana Nuvoli

 

 



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